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Neri ma non solo

L’estrema destra a Milano si è sem­pre carat­te­riz­zata per le sue posi­zioni e le sue cam­pa­gne in favore di «legge e ordine». Così fu negli anni Set­tanta quando si mobi­litò con­tro la «vio­lenza rossa» e per l’introduzione della pena di morte. Nel con­tempo occu­pava con i pro­pri squa­dri­sti piazza San Babila e assal­tava le sedi dei par­titi di sini­stra. Non solo, come in seguito emerse da diverse inchie­ste giu­di­zia­rie, più di un suo espo­nente risultò traf­fi­care in stu­pe­fa­centi, orga­niz­zare rapine e fruire dei pro­venti del mer­cato della pro­sti­tu­zione. Una dop­piezza che già si infranse cla­mo­ro­sa­mente il 12 aprile 1973 in occa­sione di una mani­fe­sta­zione nazio­nale dell’Msi, nel corso della quale due suoi mili­tanti assas­si­na­rono un agente di poli­zia, Anto­nio Marino, lan­ciando bombe a mano con­tro i cor­doni delle forze dell’ordine.

Ora, in un con­te­sto com­ple­ta­mente mutato, col­pi­sce il sus­se­guirsi di alcuni epi­sodi, a par­tire da un con­certo nazi­rock, il 16 dicem­bre scorso, pro­mosso da un coor­di­na­mento di sigle neo­fa­sci­ste per cele­brare il tren­ten­nale della scom­parsa, per inci­dente stra­dale, di Carlo Ven­tu­rino, il fon­da­tore degli «Amici del vento», gruppo musi­cale di estrema destra, tenu­tosi al Music Hall Madi­son, una sto­rica disco­teca situata in via Gio­vanni da Udine, peri­fe­ria nord ovest di Milano.

Il locale era già finito sulle pagine di cro­naca nel dicem­bre 2006, nell’ambito dell’inchiesta «Soprano», che portò alla sua chiu­sura. Il Madi­son era allora gui­dato da Vin­cenzo Fal­zetta, detto «O’ banana», che l’aveva acqui­sito per conto della fami­glia cala­brese dei Coco Tro­vato per rici­clare denaro e spac­ciare cocaina. Ria­prì solo nel 2009. Attual­mente a gestirlo è la Par, par­te­ci­pa­zioni alber­ghiere e risto­ra­zioni, una società a respon­sa­bi­lità limi­tata che risulta essere di pro­prietà di tre soci, gli stessi che l’hanno con­cesso in affitto ai pro­mo­tori del con­certo. Uno di que­sti, Anto­nio Luca Biasi, detto «Lulù», è rima­sto coin­volto nel feb­braio 2011 nell’operazione «Carpe diem», con­dotta dal Gico e dalla Dire­zione distret­tuale anti­ma­fia di Salerno: 35 arre­sti per traf­fico inter­na­zio­nale di droga con rela­tivo sman­tel­la­mento del clan di Giu­seppe Alfano alias «Peppe o’ squalo». Que­stioni di droga hanno riguar­dato in pas­sato anche Rodrico Gen­tile, altro pro­prie­ta­rio del Madi­son. Ai tempi dell’università, nel 1993 venne arre­stato per spac­cio di droga. Nel suo appar­ta­mento a Bag­gio fu tro­vato mezzo etto di sostanze stu­pe­fa­centi tra eroina e cocaina e otto milioni di lire in contanti.

La droga è risul­tata essere anche al cen­tro della vicenda che ha por­tato, l’11 dicem­bre scorso, al fermo, poi tra­mu­tato in arre­sto, da parte della pro­cura della Repub­blica di Giu­seppe Fla­chi, detto don Pepé, boss della ‘ndran­gheta lom­barda, e di diversi altri per­so­naggi coin­volti in traf­fici di stu­pe­fa­centi tra Ita­lia ed ex Jugo­sla­via. Dalle nume­ro­sis­sime inter­cet­ta­zioni è anche sal­tato fuori come uno dei lea­der mila­nesi degli Ham­mer, Dome­nico Bosa, alias Mimmo (già finito in car­cere per cocaina nel 2003), intrat­te­nesse stretti rap­porti con il nar­co­traf­fi­cante Milu­tin Tiodorovic.

Pochi giorni fa, infine, è emerso che la nuova sede, in zona Cer­tosa, tra via San Bru­none e via Pareto (gli stessi locali per qual­che tempo già di «Cuore nero»), appena inau­gu­rata da «Lealtà azione», ovvero l’associazione fian­cheg­gia­trice la rete neo­na­zi­sta di Ham­mer­skin, sia stata data in «como­dato d’uso gra­tuito» nien­te­meno che da Miche­lan­gelo Tibaldi, citato nel rap­porto della Com­mis­sione anti­ma­fia del 2012 che portò allo scio­gli­mento, nell’ottobre dello stesso anno, del comune di Reg­gio Cala­bria, come l’emissario del boss mafioso Santo Crucitti.

Tibaldi, attual­mente inda­gato, figura come socio unico della Milasl srl, pro­prie­ta­ria degli spazi, pre­ce­den­te­mente nelle mani di Lino Gua­glia­none che nel 2007 ven­dette tutte le quote a Tibaldi, pur rima­nendo ammi­ni­stra­tore unico fino al marzo 2010. Guarda caso la sede della società in un primo momento era pro­prio in via Durini 14 (ora è a Reg­gio Cala­bria), ovvero allo stesso indi­rizzo della Mgim, lo stu­dio di com­mer­cia­li­sti di cui Lino Gua­glia­none è socio. Stu­dio sotto il quale il 17 set­tem­bre 2009 lo stesso Gua­glia­none fu foto­gra­fato dai cara­bi­nieri in com­pa­gnia di Paolo Mar­tino, con­si­de­rato uno dei più influenti capi della ‘ndran­gheta a Milano.

Di Pasquale «Lino» Gua­glia­none, si è già scritto e detto molto: ex teso­riere dei Nar (i Nuclei armati rivo­lu­zio­nari fon­dati nel 1977 dal ter­ro­ri­sta nero Giu­sva Fio­ra­vanti), con­dan­nato con sen­tenza defi­ni­tiva per asso­cia­zione sov­ver­siva e banda armata, can­di­dato nel 2005 per Alleanza nazio­nale alle regio­nali, com­mer­cia­li­sta, curio­sa­mente, non iscritto all’albo a Milano ma a Reg­gio Calabria.

Forse non così casuale il con­ti­nuo sovrap­porsi, anche recente, fra estrema destra e cri­mi­na­lità orga­niz­zata. Solo un dato di continuità.

Saverio Ferrari, il manifesto

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