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Alcune considerazioni sul non-voto e sul M5S

Una in particolare ha costretto molti partiti storici o meno storici a modificare il programma elettorale inserendo note sui condannati ed altri maquillage ed è rappresentata dal movimento 5 stelle.

 

Su questo in particolare ci si sofferma in questo scritto.

 

Ci sono alcune caratteristiche che ci interessa analizzare di questa formazione:

 

1 – il media di riferimento

 

2 – le scelte strutturali

 

3 – le debolezze programmatiche

 

 


 

1 – IL MEDIA DI RIFERIMENTO

In Italia il movimento 5 stelle è riuscito a dare rappresentanza al movimento di opinione che si è strutturato grazie all’utilizzo delle strutture telematiche che si sono diffuse sempre più capillarmente anche nel nostro paese.

Sintomi di un nuovo panorama di soggetti che formavano le proprie opinioni e compivano scelte politiche anche grazie ai nuovi strumenti telematici, erano già intuibili nel vicino passato: in particolare riguardo al movimento contro il G8 era diventato chiaro che esisteva una galassia di persone, di soggetti che si muovevano formando le proprie scelte attraverso reti di informazione e di opinione completamente slegate dalle strutture classiche, ma anche da quelle delle reti organizzate di base.

Un ricordo indimenticabile di questo fenomeno, fu la manifestazione di Genova del 2002, l’anno successivo la grande manifestazione in cui venne ucciso Carlo Giuliani e massacrati a suon di botte centinaia di attivisti dalla ferocia dello stato. Quel movimento cercava di trovare nuove forme di autorappresentazione ed i fermenti per trovare delle soluzioni organizzative che fossero una sintesi delle esigenze dei NoGlobal erano molto forti, per quanto senza soluzione. Gli organismi dirigenti che davano vita a quel tentativo nella realtà erano incarnati da chi in un modo o nell’altro faceva della attività politica il proprio mestiere, neppure per una qualche sorta di malignità, ma perchè erano gli unici in grado di seguire con la necessaria frequenza l’infinita sequenza di assemblee che si susseguivano in giro per l’Italia.

Qui cerchiamo di ricordare che quel raggruppamento aveva deciso di dare vita ad una seconda manifestazione nel 2002 ripetendo l’indicazione di ritrovarsi a Genova come l’anno precedente. Il fatto curioso è che a pochi giorni dall’effettivo verificarsi della manifestazione, si tenne una riunione in cui si valutava se mantenere o meno l’appuntamento, perché la maggior parte dei “dirigenti” erano decisamente convinti che si sarebbe rivelata un flop e che questo sarebbe stato un segnale di spegnimento definitivo di quel movimento. Alla fine prevalse l’inerzia di un meccanismo che ormai non si poteva più fermare, piuttosto che la convinzione di fare una mossa sensata: il risultato fu una presenza enorme e se nel 2001 erano andate a Genova 300.000 persone, non meno di 150.000 tornarono nel 2002.

Il motivo per cui si ricorda questo evento, è perché ci aiuta a comprendere come dentro la società italiana si stesse costruendo una rete di soggetti che davano vita ad un magma più o meno indistinto di possibile riflessione critica che permetteva ad una molteplicità di persone di organizzarsi a prescindere dalle forme precostituite della politica ufficiale e non.

C’era un’esigenza, un bisogno di rinnovamento che nessuno è stato in grado di interpretare: in particolare i partitini della cosiddetta “estrema sinistra”, privi di ogni visione strategica indipendente e costantemente protesi ad una logica subalterna e compromissoria, non furono in grado di raccogliere e di incontrare quella opportunità. Perfino Rifondazione Comunista, che era indiscutibilmente il più forte punto di riferimento partitico dell’enorme movimento contro la guerra di quel periodo, riuscì a tradire le attese di migliaia e migliaia di attivisti attraverso il voto alle “missioni di pace” che l’esercito italiano stava portando in giro per il mondo, bruciando sull’altare delle compatibilità, il credito potenziale che poteva rappresentare un futuro di sviluppo per quella organizzazione. Quel partito ha mancato con una precisione svizzera tutti gli appuntamenti con le strutture di base: non è riuscito a raccogliere né le sollecitazioni dei comitati, né quelle provenienti dal mondo del lavoro, né quelle provenienti dal giornalismo di inchiesta che ha fornito spunti potenziali per ogni soggetto politico degno di questo nome. Dobbiamo dire che questo è un primato che ha saputo condividere con altri competitor come i Comunisti Italiani ed i Verdi, costruendo in modo mirabile una coalizione che è stata l’espressione esatta della sintesi di una catastrofe progettuale. La mancanza di ogni fiducia nella base, nelle classi subalterne, ha contraddistinto in maniera definitiva la scomparsa di questi organismi, che sono riusciti a bruciare e distruggere un potenziale di militanza che ha pochi precedenti storici. Prova ne sia l’ultima incarnazione di questo arcipelago, che è costretto a nascondere la sua immagine dietro ad un giudice, Ingroia, per poter fingere un’identità che si può sintetizzare con l’ideologia della sconfitta nel motto: “siam  perfetti: è il mondo che non ci capisce”.

Torniamo all’oggetto del nostro lavoro: all’epoca cui facevamo riferimento, il blog di Beppe Grillo esisteva già, ma non era in nessun modo lo strumento di organizzazione di quella compagine eterogenea di soggetti in movimento, così come sarebbe sbagliato pensare che quei soggetti oggi siano tutti lì.

Il blog era solo uno degli “attrattori strani”, per dirlo nella terminologia tipica delle teorie del caos, di un coacervo di soggetti che erano in cerca di informazioni e di riflessioni sul mondo in trasformazione nel quale cercavano di essere protagonisti.

All’inizio la furia oratoria del comico genovese, era orientata sia allo sputtanamento di interessi di grandi gruppi ai danni dei cittadini, memorabile l’attacco a Biagio Agnes il patron della Rai dell’epoca che aveva interessi nei numeri telefonici a pagamento pubblicizzati in televisione e che costò a Grillo l’esclusione da ogni palinsesto, sia le menzogne sui limiti energetici.

La questione dell’espulsione dalla Rai risale agli anni ’80 in prima battuta per una barzelletta contro i socialisti, poi diviene definitiva proprio tra il ’93 e il ’94; all’epoca Grillo certamente mai avrebbe immaginato di costruire un movimento politico di qualche tipo.

Tuttavia l’interesse per lo sviluppo sostenibile da parte di Grillo si sviluppa anche grazie alla sua frequentazione di un centro di ricerca scientifica tedesco, da cui trae molte delle informazioni diffuse anche tramite una videocassetta e che saranno poi alla base dei suoi spettacoli.

La costruzione del blog, l’attenzione che riceverà e le continue sollecitazioni che attraverseranno il  blog stesso per realizzare una traduzione concreta alle denunce di cui era protagonista nei suoi spettacoli, daranno il via alla fondazione dei gruppi 5 stelle. Inizialmente i “meetup” sono più che altro dei “gruppi di discussione o di scopo”, volti al raggiungimento di obiettivi concreti come la raccolta di firme per leggi di iniziativa popolare, mai ascoltate, o come la raccolta fondi per dotare un laboratorio di ricerca di un microscopio elettronico per l’approfondimento della conoscenza degli effetti delle micro-polveri sugli esseri umani, questione che diventerà per un periodo asse fondante delle campagne contro gli impianti di incenerimento dei rifiuti.

 

2 – LE SCELTE STRUTTURALI

Qui cerchiamo di identificare alcune caratteristiche di innovazione di questa configurazione.

Primo: l’uso dei nuovi media.

C’è una fiducia reale in due caratteristiche dei nuovi media:

a – il fatto che possano permettere uno scambio orizzontale, o comunque una differente modalità di interazione;

b – il fatto di muoversi su contenuti concreti, territoriali.

In questi giorni Grillo dichiara che ciò che hanno costruito è qualcosa più di un movimento, è un nuovo tipo di comunità: questa dichiarazione non deve essere considerata solo propaganda.

La sensazione da parte dei soggetti del movimento 5 stelle di essere delle specie di Davide che sfidano Golia con la sensazione di poterlo battere, è certamente un dato che provoca un forte senso di appartenenza, che va al di là del discusso guru che ne rappresenta il vessillo più visibile.

Effettivamente il movimento è riuscito a ricostruire una intelaiatura territoriale che più nessun partito tradizionale può vantare e la differenza con le altre formazioni è che nei loro comizi i 5 stelle parlano di problemi reali e non si soffermano solo a disquisire sulle fanfaronate che dice questo o quel personaggio alla ribalta della politica-spettacolo.

Le critiche che sovente vengono mosse utilizzando gli errori o le cadute che talvolta caratterizzano le dichiarazioni di Grillo, sono un’arma abbastanza spuntata per comprendere ciò che sta avvenendo.

Il fatto che il 5 stelle sia l’unica struttura il cui personaggio di spicco non sia candidato, è un elemento di forza che in parte pone al riparo il movimento stesso contro i tentativi di demonizzazione che da tempo vengono fatti della loro figura maggiormente rappresentativa.

Secondo: il rifiuto dei media tradizionali.

E’ indiscutibile che la scelta apparentemente rischiosa e piuttosto dura che il movimento(?) ha portato avanti di rifiutare l’uso dello strumento televisivo, è una carta innovativa che sta sparigliando il quadro e costringendo anche le altre formazioni a rincorrere i 5 stelle anche nelle piazze.

La televisione è uno strumento che tende ad appiattire ed a costruire verticalità, a dare prevalenza assoluta all’immagine a discapito di ogni contenuto. Indimenticabile, per capire cosa si intende con queste affermazioni, è stata l’intervista ad una suora che si trovava all’esterno del tribunale tra i sostenitori di Berlusconi alla prima udienza del processo Rubi:

Al contrario di quanto detto da Bersani che criticava la decisione del guru 5 stelle di non farsi intervistare da Sky, l’intervista non sarebbe servita per conoscere più a fondo i contenuti che porta avanti il movimento 5 stelle, ma si sarebbe discusso di quanti insulti aveva pronunciato, di quanto era sicuro o insicuro di sé, se aveva molte o poche rughe, se appariva stanco o rilassato. Provate a chiedere a chiunque se ricorda i contenuti di un confronto politico televisivo: nella maggior parte dei casi, risponderà ricordando la reazione di uno dei partecipanti ad un commento, ricorderà se una donna era scollata o aveva le gambe in mostra, se l’atteggiamento era consono o no al ruolo che dice di avere.

L’unica compagine politica ben cosciente di questo è lo staff Mediaset, che fin dalla nascita di ciò che poi è diventato PDL ha sempre trattato la politica come un prodotto da vendere: i contenuti non hanno mai avuto importanza alcuna, importante era fare parlare di sé, anche a sproposito. Se andiamo a ritroso a vedere le campagne della destra di quel movimento nascente, troviamo strafalcioni politici di questo o quel leader, commentati da una sinistra indignata per il resto della settimana: un meccanismo perfetto, che metteva sempre e costantemente i suoi non-contenuti al centro della discussione. Uscì anche un testo che si intitolava: “Non pensare all’elefante”, per far capire intuitivamente come sia inutile indicare a qualcuno su cosa NON far cadere la sua attenzione.

Dopodiché è certo che esistono anche modalità con le quali si riescono a proporre contenuti in un mezzo difficile come quello televisivo, che è più idoneo a suscitare emozioni, piuttosto che ragionamenti: tuttavia è vero che l’attuale uso di questo strumento è generalmente piuttosto deludente.

D’altronde il fatto di non avere a disposizione persone addestrate allo scopo è sicuramente un elemento che gioca a favore di questa prudenza. Per chi seguì alcune delle prime uscite pubbliche di rappresentanti del movimento 5 stelle, si è in grado di ricordare momenti drammatici, come quello di un ricercatore di Modena, straordinario divulgatore scientifico anche di fronte a grandi platee nei palasport, la cui credibilità venne demolita durante un programma televisivo senza che fosse riuscito a chiarire neppure una parte modesta delle sue conoscenze.

La storia recente ha dimostrato che uno staff politico può contare al suo attivo personaggi di indubbia capacità nell’utilizzo del mezzo televisivo, senza che questo corrisponda alla benchè minima qualità del programma di governo che viene proposto, né delle qualità umane e personali dei suoi appartenenti.

Terzo: la dicotomia tra base e vertice

Il cosiddetto “potere di Grillo e di Casaleggio” si fonda sull’intreccio tra il prestigio che godono all’interno del movimento, sommato al possesso del blog e del simbolo.

L’intreccio lo si comprende nel senso che il possesso del simbolo offre a Grillo il potere di impedirne l’uso tramite un semplice messaggio di posta elettronica, ma è anche vero che è un tipo di potere di cui deve stare ben attento ad abusare.

Cosa si intende con questo fatto?

Si intende che l’interazione del personaggio-immagine del movimento con i gruppi locali è veramente modesta ed è poco più frequente rispetto alla presenza agli eventi di piazza. Questo significa che il ruolo di guida del movimento è basato sui contenuti proposti all’interno del blog, contenuti rispetto ai quali Grillo e Casaleggio sono coloro che scelgono, ma poi ne diventano garanti e ne determinano il potere che altri contestano come assoluto. Tuttavia è un meccanismo abbastanza particolare, in quanto probabilmente l’annullamento dell’intervista a Sky è la conseguenza della necessità che anche il guru si attenga all’indicazione che vale per tutti gli altri partecipanti al movimento, cioè che non si va in TV: probabilmente Grillo aveva tentato una forzatura che si è dovuto poi rimangiare. Se le cose sono andate davvero così, questo sarebbe il sintomo di una capacità contrattuale interna al movimento stesso, tale da far ipotizzare una serie di equilibri con pesi e contrappesi che finora sono stati funzionali allo sviluppo di un senso di partecipazione sufficientemente orizzontale.

Si può certo ritenere che sia una sensazione corrispondente ad una realtà possibile in una fase costituente questo raggruppamento, piuttosto che la soluzione esatta e definitiva del problema dell’orizzontalità: è tuttavia un meccanismo insolito ed inedito, che deve essere criticato per ciò che realmente è, più che per le suggestioni che appaiono sui media.

In questo senso l’analisi che i 5 stelle fanno su come differenziarsi nelle modalità strutturali dalla vecchia forma partito, presenta sicuramente degli elementi forti e degli spunti critici azzeccati: che poi questo corrisponda a delle soluzioni valide in senso strategico, è tutto da dimostrare. Prova ne sia la questione della formazione della giunta di Parma che era talmente importante per il movimento che il guru non ha potuto non intervenire in modo più o meno improprio in quel contesto, di fatto vanificando proprio quell’indipendenza di produzione delle scelte che dovrebbero caratterizzare in modo fondante il movimento stesso.

 

3 – LE DEBOLEZZE PROGRAMMATICHE

Il vero nodo che fa intravedere delle cadute potenzialmente devastanti per questo movimento, è la questione programmatica ed il modello critico di riferimento.

Sostanzialmente la questione forte che contraddistingue il movimento è la critica alle caratteristiche strutturali della rappresentanza politica: il successo del movimento 5 stelle consiste nell’individuare nelle strutture rappresentative esistenti, l’impossibilità di perseguire i contenuti per i quali quelle stesse strutture dicono di esistere. La critica è completamente fondata e tutta la cittadinanza ne ha fatto esperienza: è per quello che è un movimento estremamente attraente per chiunque cerchi una strada diversa, anche perché non è richiesta una messa in discussione dei principi personali del contesto culturale di provenienza; prova ne sia la leggerezza con cui è stata trattata la questione Casa Pound, il che dimostra un tentativo di rappresentarsi come nuovi rispetto agli schemi della vecchia politica che arriva al paradosso di evitare giudizi di valore su ogni tipo di esperienza storica.

Tuttavia la critica sovrastrutturale che è la forza del movimento, ne rappresenta anche la debolezza strategica. Il sistema economico in cui viviamo produce una stortura dell’esperienza di realtà determinata dalla subordinazione degli umani alla necessità di moltiplicazione del capitale: di questo si può fare esperienza comune, quotidiana, indignandosi per singoli aspetti determinati da questo stato di cose. E’ per questo che tante persone a sinistra sono abbastanza affascinate dal 5 stelle: perché buona parte delle critiche del movimento coincidono con singoli aspetti che sarebbero comuni anche ad una critica anticapitalista del sistema. Tuttavia la visione anticapitalista è completamente assente dalle logiche del movimento.

Partendo da un serie di contestazioni di “buon senso” che provengono dall’esperienza quotidiana, i 5 stelle costruiscono soluzioni parziali, di apparente buon senso, che però non mettendo minimamente in discussione  il contesto complessivo di riferimento, rischiano di essere delle pie illusioni, quando va bene, delle amare delusioni in altri casi. La stessa scelta di mettere in discussione la questione dell’appartenenza alla zona euro, anziché provenire da una visione ampia e da un progetto alternativo che non è sensato se non riesce ad abbracciare almeno un orizzonte euro-mediterraneo, proviene dalle esigenze di porre in atto dei correttivi allo stato di cose presenti tutte interne alle esigenze di programma del movimento stesso.

Ci spieghiamo meglio: l’attuazione di alcune misure di carattere economico che propone il 5 stelle possono avvenire solo uscendo da tutta una serie di legami ed obblighi che la permanenza nel contesto europeo non potrebbe permettere. Ecco che allora la soluzione “di buon senso” è quella di abbandonare il contesto europeo, ma tale scelta tende ad essere una riproduzione in grande dello spirito con cui la lega ipotizzava il distacco della padania dal resto del paese: è una scelta che si basa su una visione di effetti negativi reali, ma restando all’interno dello stesso sistema di riferimento è difficilmente praticabile nella modalità in cui viene proposta o si potrebbe rivelare più dannosa dei malanni che vorrebbe curare.

L’idea di partire dal locale per pensare la globale, può essere foriera di effetti positivi se corredata dalla necessaria serietà con la quale si intendono cercare le origini dei problemi: invece il programma dei 5 stelle trasuda del desiderio di “moralizzare” il “non moralizzabile”, cercando di ristabilire un modo “etico” di gestire la borsa, gli affari, la finanza e la produzione. Non esiste nessuna valutazione sulle ragioni strutturali per le quali tutto quanto è stato citato non può essere utile alle classi subalterne perché si fonda, nella sua essenza, proprio sulla subordinazione della maggior parte degli esseri umani. Tuttavia in merito al problema dello sfruttamento non si dice parola, il resto del mondo non esiste in questo programma e conseguentemente non si sa cosa siano le relazioni internazionali per i 5 stelle, semplicemente perché non sono un problema attuale del movimento.

E’ evidente che la visione “etica” della vita pubblica, è soggetta alle più diverse interpretazioni e di fronte alla impossibilità di raggiungere obiettivi, può essere piegata tranquillamente a fini reazionari. Pensiamo alla questione dell’immigrazione in un contesto di capitalismo in declino e di deindustrializzazione: il “buon senso” può tranquillamente portare a dire che gli immigrati se ne devono andare. Se non si contesta un sistema di sfruttamento internazionale in una visione di fratellanza delle lotte, con un’idea complessiva della necessità di trasformazione di cui necessita la salvezza stessa di questo pianeta così come lo conosciamo, non si riescono ad inquadrare i fenomeni in un’ottica di lungo periodo, ma si cercano soluzioni semplici a problemi complessi. Questo è un modo di ragionare che troppo spesso ha portato ad avvitamenti delle scelte politiche che, con il buon senso, possono avviarsi verso ripiegamenti reazionari, pur partendo con le migliori intenzioni.

Questo non significa che non debba restare aperta una dialettica con quei settori di questo movimento che incontriamo all’interno delle lotte: significa semplicemente che il votare questo raggruppamento significherebbe innanzitutto concedere una delega, ma soprattutto firmare una cambiale in bianco che ancora una volta dobbiamo rifiutarci di concedere a chiunque.

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