Approvazione bilancio regionale: si interrompe il dialogo tra 5stelle e Crocetta.
Si ripropone l’eterno legame della politica italiana con il laboratorio sud. Vediamo come.
Di qualche giorno la notizia della definitiva chiusura del dialogo tra M5S e il governatore Crocetta tramite comunicato stampa del neofita partito della politica italiana. La causa è la prossima approvazione del Documento di programmazione del Bilancio Regionale, in cui a detta dei deputati dei 5S, non è stato preso in considerazione alcun emendamento da loro proposto, dai microfinanziamenti alle piccole e medie imprese alla proposta di un reddito di “dignità”. Chiaro è adesso, se non lo si fosse ancora capito, come il M5S non abbia mai trovato un compromesso con la maggioranza; allo stesso tempo si rompe una pacifica convivenza che alla luce delle evoluzioni sul piano nazionale non è più necessaria ne da una parte ne dall’altra.
Evidentemente ingigantire uno degli innumerevoli slogan di Grillo, quello del “modello fantastico”, fomentandolo mediaticamente così da creare un immaginario di compromesso tra Pd e M5S che potesse funzionare anche sul piano nazionale, adesso non è più utile alle strategie del governissimo che sarà e neppure al M5S, che in vista di un probabilissimo ritorno alle urne(?), può mantenere se non allargare il suo già ampio consenso, facendo semplicemente la cosa più facile da fare al momento in sede di governo nazionale e come abbiamo visto anche regionale: l’opposizione al governissimo.
Un governissimo che in Sicilia non suscita certo scalpore, perchè concretizzatosi all’indomani della disfatta elettorale dei partiti di centro alle regionali, che mandò all’aria il famigerato crocchè (presunto accordo postelettorale tra Crocetta e il capogruppo dei partiti autonomisti di centro Miccichè, e che ricorda tanto quello fallito -sempre alle urne- tra Pd-Scelta Civica alle elezioni nazionali). Sin dai primi giorni d’insediamento della giunta infatti, l’elezione alla vicepresidenza dell’assemblea regionale del piddiellino Pogliese, lasciava intendere come alla lunga, o ai primi tagli da approvare, sarebbe stato il Pdl l’interlocutore privilegiato di un Pd non in grado di avere una maggioranza piena all’ Ars; e come il bilancio in discussione in questi giorni sarà approvato con l’ausilio dei voti del Pdl, anche il Dpef (documento di programmazione economica finanziaria) del Gennaio scorso vide la sua approvazione grazie al compromesso con il centrodestra. Con un quadro nazionale ormai stabilizzato dall’alleanza Pd-Pdl, il deputato Udc D’alia (facente parte della maggioranza vista la coalizione Pd-Udc(!) alle elezioni di Novembre) con le sue sollecitazioni al governatore ad aprire la maggioranza al Pdl, sancisce così una realtà di fatto, in cui tenersi buoni il M5S non è più fondamentale. Crocetta dal canto suo sembra aver scordato i proclami “antinciucio” che ne hanno agevolato l’elezione.
Ognuno fa il suo gioco, ma mentre il M5s che vede definitivamente ridotto al minimo il suo peso decisionale romba contro “inciuci” e “partitocrazia”, che difatto esistono, nessuno dei componenti della giunta, dal Pdl ai 5s appunto, si degna di parlare di un taglio al bilancio che ammonterà a circa 2 miliardi di euro; nessuno parla della possibilità che la Sicilia diventi l’unica regione in cui per il ricovero ospedaliero si dovrà pagare il ticket; niente neppure sui possibili 7000 dipendenti della formazione che potrebbero perdere il lavoro. Potremmo continuare enumerando i tagli alla spesa pubblica e i conseguenti licenziamenti che questi 2 miliardi in meno determineranno, ma vi annoieremmo, sappiamo bene su chi si riversa la crisi!
Al M5S non resta che cavalcare la questione reddito, proprio come quando si trattò di rinviare la votazione della finanziaria il Gennaio scorso prendendo a pretesto il muos e facendo leva sulla lotta territoriale contro l’impianto. Perchè la rivendicazione di reddito è presente, più che come sussidio come forma e strumento di lotta e riappropriazione si intende, anche nell’agenda dei movimenti studenteschi e di precari e disoccupati, unici attori sociali questi però, i movimenti di lotta, in grado di innescare processi di delegittimazione della rappresentanza, decostituzione e trasformazione dal basso dell’attuale sistema di potere.
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