Elezioni 2018: l’Italia si spacca in due e (non)sceglie M5s e Lega
Gli elettori italiani con questa chiamata al voto hanno espresso un sonoro “ciaone” alla vecchia casta al potere. E’ un voto che qualcuno chiama di protesta ma sembra più essere quello dell’abbandono dei vecchi centro-destra e centro-sinistra. Questo risultato ci restituisce, infatti, un altro tipo di paese. In pochi anni i vecchi assetti si sono trasformati, almeno per quanto riguarda l’orientamento dell’elettore, in linea di continuità con il resto dell’Europa dove i partiti socialdemocratici acuiscono la loro sconfitta anno dopo anno. Come non iniziare, quindi, dal Partito democratico? In 4 anni passa dal 40% di preferenze all’europee 2014, al 19% di oggi. Un record! Forza Italia di Berlusconi viene sorpassata dalla Lega di Salvini di quasi 4 punti percentuale. La Lega si aggiudica, infatti, il 17,89% dei voti, mentre il movimento 5 stelle arriva al 32 % attestandosi come il primo partito del paese. Si può dire, però, di fronte a questi dati che il voto al Movimento 5 stelle e alla Lega di Salvini se da un lato è espressione della stanchezza degli italiani nei confronti di una classe dirigente corrotta e che li ha affamati, dall’altro è espressione di una virata a destra della società che da per buone le interpretazioni e i programmi contro l’immigrazione e per un’Italia sovrana rispetto all’Europa.
L’affluenza alle urne si abbassa rispetto al 2013, dal 75,24% al 72,90%. L’affluenza più bassa in assoluto si registra in Sicilia dove ha votato il 64,58% degli aventi diritto. Quasi 10 punti percentuali in meno rispetto all’affluenza nazionale.
Ma se c’è qualcosa che rimane invariato nel nostro paese è la profonda discrepanza tra due parti del paese che, anche questa volta, hanno difficoltà a pensarla allo stesso modo. Anche a queste elezioni, nonostante la tendenza simile ed espressione dello stesso disagio, il voto divide l’Italia. Nelle circoscrizioni del Nord Italia il primo partito è la Lega, mentre al Sud primeggia il Movimento 5 stelle. In Calabria e in Sicilia sfiorano il 50% dei voti mentre nella area metropolitana di Napoli arrivano al 54%. Le più alte percentuali ottenute dalla Lega si registrano, ovviamente, in Veneto e Lombardia. Un’anomalia risulta essere la Toscana dove il Movimento 5 stelle è addirittura terzo mentre il partito democratico è primo con il 29,73% dei voti.
Uno sguardo più approfondito va dato alle regioni Piemonte e Lazio e alle città di Torino e Roma, i comuni dove si sono insediati sindaci del Movimento 5 Stelle. A Torino la Lega prende il 16,97% , il Pd il 25,35 % mentre il M5s il 26,69%, mentre la cintura del capoluogo Torinese si discosta dal centro metropolitano con un partito democratico al 19,66%, il movimento 5 stelle al 29.98% e la lega al 21,67%. Invece, nel resto del Piemonte la Lega si aggiudica il 26,58%, il Movimento 5 stelle il 24,04% mentre il Pd il 18,25%. In Piemonte, dunque, più ci si allontana da Torino più ci si distanzia dal Pd. Il Movimento 5 stelle non sembra aver avuto un grande successo nonostante il sindaco Appendino. La percentuale di voto data dagli elettori al M5s non si distanzia troppo da quella del Pd.
Anche per quanto riguarda il Lazio si nota una differenza importante tra circuito metropolitano e il resto della Regione. L’area metropolitana premia il movimento 5 stelle con il 31, 58% dei voti, la Lega non supera il 12%, sullo stesso livello di Forza Italia con l’11.35, e il pd si aggiudica il 21,17%. Il resto della Regione invece si avvicina più ai risultati del Nord che a quelli del sud Italia. La Lega sfiora il 17% sempre su livelli di parità con Forza Italia. La coalizione di destra prende in tutto il 40,79% dei voti. Il movimento 5 stelle, con percentuali sempre alte, si attesta al 33,90% mentre il partito democratico scende clamorosamente al 15,05 % dei voti. Anche qui, come in Piemonte, si evidenzia la frattura tra metropoli e provincia. Più ci ci sposta dai centri urbani metropolitani più il centro sinistra perde voti.
Un ultimo sguardo va dato a Casapound e alla sua sonora sconfitta che attribuisce alla poca visibilità data dai media. Il partito di estrema destra di Di Stefano che ha inscenato un patetico piagnisteo in televisione, arriva a malapena all’1% nonostante l’enorme visibilità che gli è stata concessa. La svolta giacca e cravatta, l’elemosina per le strade della “nazione” e il loro programma di invasione della Libia non ha convinto nessuno.
Il neo-nato Potere al Popolo raggiunge l’1,4%. Nel panorama della sinistra italiana ottiene il miglior risultato, sottraendo voti a Leu che è arrivato a poco più del 3%.
In queste elezioni non si riscontra una differenza importante tra Camera e Senato, dal punto di vista generazionale, quindi, la tendenza di voto sembra simile. Da questo punto di vista, serviranno ulteriori dati per analizzare meglio le fasce astensioniste. Allo stesso modo interessante sarà anche l’analisi delle elezioni regionali, del Lazio e della Lombardia che sembrano entrambe non corrispondere alla tendenza delle elezioni politiche nazionali.
Dalle percentuali di voto quello che si può affermare è che nessuna delle coalizioni né dei partiti che si sono presentati rappresentano la maggioranza degli italiani. Nessuno è riuscito ad arrivare a questo risultato. Il voto che è stato espresso questa domenica è più complesso di quanto si vuole vedere. Chi è in vantaggio deve fare i conti, ora, non solo con la problematica di dover governare senza maggioranza ma dovrà affrontare un paese che non da un consenso pieno. L’elettorato ha punito sonoramente chi lo ha tradito con le riforme lacrime e sangue e con la corruzione, ma non ha premiato nemmeno i nuovi leader. Nessuno ha convinto veramente gli elettori. Anche quelli che hanno le percentuali relativamente più alte sono messi alla prova. Nessuno garantisce stabilità.
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