Lo scontro non fa male, mette a nudo l’anima!
Tanto tuonò, che piovve. Dopo “la più grande crisi dell’Italia repubblicana” abbiamo finalmente un esecutivo pronto a partire “per il bene del paese”.
Un governo dove abbiamo, giusto per fare alcuni nomi: un ministro che è lo storico avvocato di Andreotti, un altro che è direttamente espressione dei professoroni montiani (quelli della legge Fornero, per intenderci) e un ministro dell’Economia di fatto non certo critico dell’Unione Europea (lavorava con Brunetta..) a pochi giorni dalla sceneggiata intorno al nome di Savona. Alla faccia del governo del cambiamento. E se fosse stato un governo conservatore cosa dovevamo aspettarci?
Dobbiamo ribadirlo subito come del resto già affermato pochi giorni fa. Keep calm, compagni e compagne. Bisogna guardare in avanti, alle contraddizioni che dobbiamo fare esplodere, ad un’opportunità di rilancio, che in quanto tale va colta evitando forme di ripiego che condurrebbero, quelle sì, all’irrilevanza politica e alla consegna di ulteriori pezzi dei subalterni ad un nazionalismo spuntato e rancoroso. Certo nulla è scontato: ma in un senso come nell’altro.
E poi, cerchiamo di essere coerenti. Quante volte abbiamo detto che il nostro obiettivo non era, e non sarà mai, contendere la gestione degli affari correnti alle forze della stabilità, ma piuttosto quello di politicizzare il mondo dei subalterni, dei vinti, degli sconfitti da quella stabilità assassina? Quante volte nelle assemblee e nei dibattiti abbiamo ragionato sulla necessità di stabilire un contatto con la base sociale del Movimento Cinque Stelle, cercando di fare arretrare le tendenze meritocratiche e giustizialiste rispetto a quelle, reali, verso una maggiore uguaglianza sociale? Quante volte abbiamo detto che la Lega Nord imponeva il suo discorso lepenista e suprematista grazie a una reale tendenza di rifiuto dello status quo sempre più diffuso nelle periferie?
Bene, ora è il momento di mettere in pratica davvero questi discorsi, una volta che il non-partito è divenuto Kasta, e che la retorica roboante e rottamatrice di Salvini sarà messa alla prova degli Oettinger e dei suoi sodali di Bruxelles.
Come farlo? Ovviamente non ci sono ricette prestabilite. Abbiamo portali di informazione, basi di radicamento come centri sociali ed occupazioni abitative, un patrimonio da difendere mai con la parola d’ordine della “resistenza”, ma piuttosto con quella della “moltiplicazione”. E abbiamo un’altra arma, quella più importante tra le nostre a disposizione: quello dello scontro di classe.
Nel 2017 Matteo Salvini, neo Ministro dell’Interno, elogiava pubblicamente il lavoro di Marco Minniti, suo predecessore. Per quale motivo dovremmo immaginare una situazione peggiore ora che presumibilmente la compattezza del fronte istituzionale che appoggiava l’operato di Minniti andrà ad infrangersi? Come se poi per i migranti non fossero in atto, già oggi, dispositivi di morte ed espulsione. E’ nel conflitto che possiamo immaginare la costruzione di un punto di riferimento politico alternativo alla tenaglia dell’Europa di banche e finanza e del neosovranismo della preferenza nazionale.
Non è il caso di piangere ora, scordandosi che fino a qualche mese fa era stata proprio l’iniziativa antifascista a mettere Minniti alle corde e a svelare come il suo ruolo di garante della stabilità significasse difendere le pagliacciate neofasciste in tutta Italia. Come non era il caso di strillare in favore di Mattarella, per il quale evidentemente rassicurare quelle istituzioni finanziarie che ci hanno imposto Fiscal Compact e dosi da cavallo di austerity era più decisivo rispetto ad uno scenario in cui la caccia al migrante da espellere diventa di fatto istituzionalizzata.
Anni di lotte durissime, spesso di pura avanguardia hanno costellato gli ultimi anni, mettendo in crisi – non da sole, ma sicuramente contribuendo – le forze della stabilità politiche, travolte nel voto dal 4 marzo e la cui legittimità è ora pari a zero. Dovremo ora evitare in alcun modo di appoggiare anche inconsciamente alcun tipo di frontismo riabilitante il PD e i cadaveri della sinistra salottiera, andando contemporaneamente all’attacco di un governo sovranista solo a parole, che nasce già abbassando la testa di fronte ai diktat dell’Unione Europea contro cui tanto latra.
Alcuni nodi su cui andare all’attacco li abbiamo già sottolineati.
Abbiamo una composizione migrante la quale fungerà da capro espiatorio della sicura inconsistenza e dell’incapacità politica del governo nel riuscire a governare dinamiche planetarie come l’immigrazione o i rapporti con l’unione Europea, in un mondo segnato da un probabile ulteriore irrigidimento dei blocchi e delle guerre commerciali e belliche in senso stretto.
Una composizione che può essere finalmente liberata, nello scontro, dall’antirazzismo buonista della sinistra salottiera e pietista, affermando l’irriducibilità ai dispositivi molteplici di sfruttamento all’interno dei mille rivoli di un lavoro sempre più diffuso e sempre più invisibile sia nelle metropoli sia negli ambiti di provincia.
Abbiamo la possibilità di poter fare emergere contro un governo poliziesco, machista e sessista lo sguardo di “occhi di donna” orientati a ribaltare la subordinazione e la messa al lavoro dei corpi nella società in senso ampio. Il curriculum del nuovo Ministro dell’Interno è noto, ma basta dare un’occhiata a quello del Ministro alla Famiglia pro-life Fontana (dichiarazioni su tema dell’aborto o dell’omosessualità) per capire come le prospettive di una forte polarizzazione a partire dal diritto di scelta sui propri corpi sia ulteriormente all’ordine del giorno.
Abbiamo un mondo della formazione dove, ius soli o no, il meticciato è già realtà e dove i costringimenti in veri e propri laboratori del controllo sociale come licei e istituti tecnici stanno formando un mondo giovanili all’insegna di una continua accettazione allo sfruttamento che dobbiamo fare esplodere.
Abbiamo i bordi di questo mondo, quello dei neet, quello dei giovani delle periferie che si barcamenano tra una consegna di JustEat e lo spaccio di qualche grammo di fumo da provare a politicizzare anche liberandoci da uno sguardo snob e distante dalle contraddizioni espresse anche con forme artistiche e culturali che non devono in alcun modo esserci aliene, ma che dobbiamo sapere intercettare e ibridare.
Ed altre soggetti, portatori di altre istanze ed altre lotte, andranno fatti emergere attraverso l’inchiesta militante sui territori, vivendo e mettendo a soqquadro quei luoghi subalterni, quelle periferie sociali da dove possono nascere focolai di opposizione al governo gialloverde.
La partita sulla possibilità di alzare lo scontro non sta sulla morale e le identità politiche, ma sulla capacità di individuare fin da ora le contraddizioni sociali e politiche per farle saltare. Senza alcuna nostalgia per un passato che ci è stato sempre nemico, ma verso un futuro di #antagonismo da conquistare.
Lou X e Cuba Cabbal dicevano qualche strofa fa che “lo scontro non fa male, mette a nudo l’anima”. L’anima dei Minniti, dei Maroni, dei Salvini, dei DiMaio, dei Renzi l’abbiamo già conosciuta bene o la conosceremo presto. E’ il momento di fare vedere la nostra!
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