Estrazione mineraria negli altri mondi, la fase superiore dell’estrattivismo – pt 2
di Peter Bloom*, Alberto Acosta**, traduzione a cura di ECOR Network
Qui la prima parte.
Stato e capitale, con i minerali spaziali nel mirino.
L’erosione dello spazio come bene comune e l’indebolimento della sua condizione in gran parte pacifica è direttamente correlato a una nuova corsa allo spazio basata sul riconoscimento dell’enorme valore delle risorse minerali spaziali e della crescente capacità tecnologica di estrarle. Sebbene oggi, ad esempio, non sarebbe redditizio estrarre risorse minerarie extraterrestri o stabilire insediamenti umani sulla Luna per raggiungere Marte da lì, tale possibilità non è lontana.
Al momento, le grandi potenze come Stati Uniti, Russia e recentemente la Cina fanno a gara per vedere chi vince la vera conquista dello spazio, che sarà accompagnata dalla loro inarrestabile colonizzazione…fino a quando l’Umanità non incontrerà altre civiltà nello spazio.
Nel contesto attuale, secondo le informazioni che circolano frequentemente, la possibilità di aprire attività minerarie nello spazio non appare più come un esercizio di fantascienza. 3 Gli argomenti a sostegno di questa impresa sono stati sintetizzati da Elizabeth Steyn in un articolo su The Conversation 4:
“La necessità di un’economia a zero emissioni di carbonio richiede un aumento dell’offerta di risorse naturali non rinnovabili, come i metalli delle batterie. Ciò costituisce la base di partenza per una nuova corsa allo spazio alla quale partecipino le nazioni e il settore privato”.
E in questo momento, secondo la stessa Steyn, bisognerebbe “considerare quattro aspetti: la sicurezza del possesso, il regime fiscale, la possibilità di finanziare il progetto e la sua fattibilità”. In altre parole, la motivazione al profitto rimarrà invariata come motore di questi sforzi, che richiederanno nuovi progressi tecnologici e grandi quantità di investimenti.
In relazione al primo aspetto, il possesso, cioè la proprietà, il quadro si fa più chiaro. È estremamente importante per i minatori spaziali avere sufficiente chiarezza e sicurezza riguardo alla proprietà delle cose che estraggono. Ci sono recenti sforzi multilaterali e nazionali per inquadrare le risorse spaziali all’interno di un nuovo regime di proprietà. Tra questi sforzi figurano gli Accordi Artemis della NASA che ha già il sostegno di altre dodici nazioni e che afferma che “la capacità di estrarre e utilizzare risorse sulla Luna, su Marte e sugli asteroidi sarà essenziale per supportare l’esplorazione e lo sviluppo dello spazio in modo sicuro e sostenibile. Gli Accordi di Artemis rafforzano il fatto che l’estrazione e l’uso delle risorse spaziali possono realizzarsi e saranno realizzati sotto gli auspici del Trattato sullo Spazio Esterno”.5 Allo stesso modo degli Stati Uniti, Lussemburgo ed Emirati Arabi Uniti, ora il parlamento del Giappone ha appena ratificato una nuova legge che concede alle aziende giapponesi il permesso di esplorare, estrarre e utilizzare varie risorse spaziali, purché ottengano il previo permesso dal governo giapponese.6
Un altro compito che già comincia a prendere forza è la “estrazione mineraria degli asteroidi” dove, oltre alla potenziale estrazione di titanio, nichel, cobalto e altri minerali, si prevede di ottenere ossigeno e azoto. Si tratta dello sfruttamento dell’acqua ghiacciata che sarebbe disponibile in grandi quantità nello spazio. L’esistenza dell’acqua consentirebbe la creazione di depositi di combustibile idrogeno nei satelliti costruiti e/o in altri corpi celesti colonizzati dall’uomo, indispensabili per poter espandere la zona di influenza galattica.
Un altro elemento evidente è la questione dei trasporti, cruciale in queste avventure estrattive, poiché la conquista delle risorse spaziali genera nuove possibilità di dominio nello spazio, qualcosa di simile alla conquista del globo da parte delle potenze marittime nei secoli passati.
In ogni caso, gli enormi costi di questi progetti sarebbero in qualche modo compensati dalle risorse che si potrebbero ottenere senza alcuna restrizione, come in qualche modo avvenne quando i territori in America e in Africa furono aperti alla colonizzazione. Alla fine possiamo immaginare che se fosse possibile portare minerali dallo spazio, ci potrebbe essere una maggiore offerta che potrebbe far scendere i prezzi, favorendo un maggior consumo sulla Terra.
Al di là della capacità di immaginazione che può essere dispiegata per ipotizzare come funzionerebbe questo estrattivismo spaziale, tutto indica che l’attuale visione dominante sarà riaffermata ancora una volta vedendo lo spazio extraorbitale – in definitiva la Natura – come un mero fornitore di risorse, senza maggiore attenzione al suo metabolismo e ai suoi processi vitali, al fine di dominarlo e trasformarlo secondo le esigenze del capitale terrestre. Quanto detto apparentemente potrebbe risolvere (attraverso la distanza a cui si trovano i territori da sfruttare) alcuni dei problemi derivati dalle distruzioni causate dall’estrattivismo terrestre.7 E tra l’altro potrebbe essere un altro argomento per incoraggiare l’economia “verde”, cioè questa versione modernizzata dell’economia capitalista: sostanzialmente commerciale, con la quale si intende – in modo illusorio – affrontare i gravi problemi ecologici e sociali senza affrontarne la causa profonda: la civiltà capitalista.
Facciamo un ulteriore passo avanti e guardiamo ad alcune delle complicazioni che potrebbero addirittura peggiorare. Tutto ciò non cambierebbe in alcun modo la “civiltà dei rifiuti” 8, poiché la Terra continuerebbe ad essere un luogo di deposito di rifiuti.9 Non solo, lo stesso spazio orbitale continuerà ad immagazzinare spazzatura inviata dall’uomo, creando un potenziale effetto domino noto come Effetto Kessler: man mano che il numero di oggetti in orbita cresce e si accumula, aumenta il rischio di collisioni a cascata, che moltiplicherebbero gli incidenti. A titolo di esempio, possiamo ricordare quanto accaduto nel 2019, quando l’India lanciò un missile verso il suo satellite nell’orbita terrestre e lo distrusse, creando migliaia di detriti, grandi e piccoli, che tutt’ora rimangono in orbita.10
I terrestri galattici, una nuova classe potenziata dalla tecnologia
L’illusione generata dall’estrazione extraorbitale dello spazio si spiegherebbe meglio se si accettasse che in ampi segmenti della popolazione del pianeta, a cominciare dai governanti, si sia sviluppata una sorta di DNA estrattivista che non solo limita la possibilità di sollevare un ampio e serio dibattito su questi temi, ma che si prepara anche con entusiasmo ad ottenere benefici dalla conquista e dalla colonizzazione dello spazio. E questa estrazione spaziale, controllata da poteri transnazionali – grandi aziende e governi dei paesi più ricchi – rilancerà la logica dell’accumulazione e dell’esclusione; cioè le forze centripete e centrifughe della globalizzazione capitalista che mantengono concentrata la ricchezza e i progressi tecnologici in pochi segmenti della popolazione mondiale, mentre enormi masse di esseri umani rimangono strutturalmente emarginate. Intorno al controllo di queste attività estrattive nello spazio sembrerebbe dunque apparire un nuovo gruppo privilegiato, una sorta di terrestri galattici, con la conseguente emarginazione della maggior parte degli abitanti del pianeta.
Questa visione è avvalorata dalla voracità dell’accumulazione capitalista e tenta di legittimare la fede ferma e dogmatica nella potenza della scienza e della tecnologia, nonché nel suo uso strategico da parte delle élite. Nella vita di tutti i giorni, molti “progressi” tecnologici sostituiscono la forza lavoro – sia in termini fisici che in alcune funzioni cerebrali – rendendo obsoleti vari lavoratori, ma anche escludendo o soppiantando coloro che non possono accedere alla tecnologia; tutto questo ridefinisce il lavoro stesso, contribuendo alla sua flessibilità. Gli esseri umani finiscono per essere semplici strumenti per le macchine, quando il rapporto dovrebbe essere il contrario. Da questa prospettiva, affinché esista un’altra tecnologia che coinvolga lavorativamente le persone, invece di escluderle, e soprattutto affinché assicuri una vita degna, è necessario trasformare le condizioni e le relazioni sociali di produzione.
Dobbiamo sempre trenere presente che in ogni tecnologia è iscritta una “forma sociale”, che implica una maniera di relazionarci uno con l’altro e di costruire noi stessi. Così come dobbiamo ricordarci che non tutta l’umanità beneficia dei progressi tecnologici, poiché molti di questi generano rinnovate forme di diseguaglianza e di sfruttamento, nonché di alienazione, argomento che merita una riflessione molto più profonda.
Riflettendo dagli scenari di resistenza
Attualmente, tutto indica che una crescita materiale illimitata potrebbe culminare in un suicidio collettivo. Basta vedere gli effetti del maggiore riscaldamento dell’atmosfera, la perdita di fonti di acqua dolce, l’erosione della biodiversità agricola e selvatica, il degrado dei suoli o la rapida scomparsa degli spazi abitativi delle comunità locali, o i sempre più forti e distruttivi uragani. L’introduzione di più minerali dallo spazio non altererebbe questo processo di accumulo/distruzione permanente. Si manterrebbe – a un livello superiore – la civiltà del capitale che dà impulso all’accumulazione materiale meccanicista e interminabile dei beni, sostenuta dall’uso indiscriminato e crescente della Natura.
Inoltre, questa estrazione spaziale non eviterebbe molti degli effetti dannosi dell’estrattivismo minerario sulla Terra. Le sue conseguenze – o “sversamenti”, come le definisce Eduardo Gudynas 11 – continuerebbero e in alcuni casi aumenterebbero. Questi “sversamenti”, che vanno ben oltre l’ambiente, si verificano in vari campi: giudiziario, politico, economico e culturale. Infatti, già vediamo come, nel campo delle leggi e dei trattati, la logica colonizzatrice senza compromessi cominci a riapparire con forza. Le tendenze verso il sistema di rendite e le pratiche clientelistiche potrebbero essere riproposte in vari modi. E soprattutto le logiche autoritarie, indispensabili per il consolidamento dei poteri economico-politici necessari all’espansione dell’estrattivismo minerario siderale, sarebbero un altro limite alla promozione di società democratiche ed equitative.
Quindi, non si tratta solo di analizzare il basso livello dei materiali sulla Terra per spingere gli estrattivismi oltre i propri limiti biofisici, né solo di capire cosa significherebbero nuovi mercati nelle basi coloniali che si stabiliscono, che richiederanno senza dubbio una grande quantità di beni alimentari indispensabili per la vita, e sempre più nuove tecnologie, che, per il momento, servono più al dominio che all’emancipazione degli esseri umani. Quello che dobbiamo tenere in conto è che il controllo geopolitico dello spazio richiederà più potere statale, corporativo e militare, che si baserà su un maggiore controllo e dominio all’interno della stessa Terra, riproponendo i vincoli di potere tra queste tendenze imperialiste e i militarismi di ampio spettro, che tanto utili sono per sostenere gli estrattivismi nell’attualità.12
Per chiudere queste brevi righe, che costituiscono un saggio per provocare il dibattito su questi temi, è indispensabile superare la trappola in cui sono caduti molti critici del sistema, che a mala pena centrano la propria attenzione sul controllo dello sfruttamento di queste risorse da parte del Stato, passando sopra allo sfruttamento stesso. Il punto non è se l’estrattivismo avvantaggia maggiormente il capitale nazionale o transnazionale o le casse del governo – che spesso finiscono per formare un’unica amalgama – il punto è che l’accumulazione di capitale di per sé è inammissibile nella misura in cui snatura la Natura – sia sulla Terra che sulla Luna – e disumanizza sempre più l’Umanità stessa.
Pertanto, il grande compito è continuare ad espandere le lotte di resistenza da cui costruire sempre di più tutte le alternative indispensabili alla prospettiva del Pluriverso 13.
(2. Fine)
Traduzione Giorgio Tinelli
NOTE:
[*] Peter Bloom: attivista americano residente in Messico. È fondatore e coordinatore generale di Rhizomatica, un gruppo dedicato a reimmaginare le nuove tecnologie in contesti comunitari. Ricercatore presso il Centro di ricerca sulle tecnologie e la conoscenza della comunità (CITSAC).
[**] Alberto Acosta: economista ecuadoriano. Compagno di lotte dei movimenti sociali. Professore universitario. Ministro dell’energia e delle miniere (2007). Presidente dell’Assemblea Costituente (2007-2008). Autore di diversi libri
[3] L’elenco degli articoli di stampa sull’argomento sta crescendo rapidamente. Citiamo come esempio: “La minería espacial ya no es ciencia ficción”, disponibile su https://www.rcinet.ca/es/2021/04/09/mineria-espacial-ciencia-ficcion-outer-space-mining-treaty-canada-international/ o “Minerìa espacial: La ambición de Trump por nuevos recursos”, disponibile su https://www.reporteminero.cl/noticia/reportajes/2020/04/mineria-espacial-la-ambicion-de-trump-por-nuevos-recursos
[4] Cfr. “Space mining is not science fiction, and Canada could figure prominently”, 4 aprile 2021, disponibile su https://theconversation.com/space-mining-is-not-science-fiction-and-canada-could-figure-prominently-155855
[5] Sebbene gli accordi Artemis vadano oltre la questione dell’estrazione delle risorse, il discorso della NASA sulla questione è chiaro. Vedi https://www.nasa.gov/specials/artemis-accords
[6] https://spacenews.com/japan-passes-space-resources-law/
[7] È essenziale essere consapevoli di cosa rappresentano queste attività estrattive. Tra i tanti testi che potremmo consigliare, ne ricordiamo uno molto chiaro, quello di Eduardo Gudynas (2015); “Extractivismos. Ecología, economía y política de un modo de entender el desarrollo y la Naturaleza”, CEDIB y CLAES, Cochabamba (Bolivia), disponibile su http://gudynas.com/wp-content/uploads/GudynasExtractivismosEcologiaPoliticaBo15Anuncio.pdf
[8] Consultare il libro di Jürgen Schuldt (2013); “Civilización del Desperdidico Psicoeconomía del consumidor”, Universidad del Pacífico, Lima, disponibile su https://repositorio.up.edu.pe/bitstream/handle/11354/956/SchuldtJ%C3%BCrgen2013.pdf?sequence=5&isAllowed=y
[9] Vedi su Teresa Pultarova (2021) “Air pollution from reentering megaconstellation satellites could cause ozone hole 2.0”, disponibile su https://www.space.com/starlink-satellite-reentry-ozone-depletion-atmosphere
[10] Si veda l’articolo di Aaron C. Boley, Michael Byers (2021), “Satellite mega-constellations create risks in Low Earth Orbit, the atmosphere and on Earth”, disponibile su https://www.nature.com/articles/s41598-021-89909-7#Sec7
[11] Questi sversamenti hanno effetti molto più profondi e diffusi degli impatti locali di specifici progetti, ricorda questo autore, uno di quelli che più ha studiato l’argomento.
[12] Cfr. Raúl Zibechi (2021); “La militarización, fase superior del extractivismo”, disponibile su https://www.jornada.com.mx/2021/03/26/opinion/020a2pol
[13] Kotari, Ashish; Salleh, Ariel; Escobar, Arturo; Demaria, Federico; Acosta, Alberto: editori (2019); “Pluriverse – A Post-Development Dictionary”, Tulika Books, India, disponibile su https://www.radicalecologicaldemocracy.org/pluriverse/
Esistono anche edizioni in spagnolo in Ecuador (Abya-Yala / ICARIA), Spagna (ICARIA), Perù – Bolivia (CooperAcción, CEDIB), Italia e presto in Brasile.
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