InfoAut
Immagine di copertina per il post

Ilan Pappé: inutili e pericolosi nuovi negoziati israelo-palestinesi

I colloqui israelo-palestinesi stentano a partire nonostante l’annuncio in pompa magna fatto la scorsa settimana dal Segretario di Stato americano John Kerry. In ogni caso Abu Mazen e Benyamin Netanyahu mettono le mani avanti. Il presidente dell’Anp e il premier israeliano hanno entrambi avvertito che un referendum tra le rispettive popolazioni deciderà l’approvazione dell’eventuale accordo tra le due parti. Referendum che sul lato israeliano solleva un interrogativo: è giusto che la popolazione di uno Stato occupante, di fatto, decida con un voto se approvare l’indipendenza e la libertà di un altro popolo sotto occupazione? E’ solo una delle tante questioni che solleva il tentativo diplomatico sul quale si gioca la reputazione il Segretario di Stato. Ne abbiamo parlato ad Haifa con l’autorevole storico israeliano Ilan Pappé, professore cattedratico del Dipartimento di Storia dell’Università di Exeter (Gb), rientrato in Israele per l’anno sabbatico. Pappé ha pubblicato numerosi testi sulle origini del conflitto israelo-palestinese, il sionismo e la storia della Palestina. Tra i suoi libri tradotti in italiano il più noto è “La pulizia etnica della Palestina” (Fazi, 2008).

Kerry ha annunciato con enfasi la ripresa del negoziato. Lei all’orizzonte intravede qualcosa di concreto?
Nulla. Non credo nel modo più assoluto che questo nuovo tentativo porti da qualche parte, come i precedenti, a partire dagli accordi di Oslo (1993). Perchè parte dalle stesse basi, ossia che è meglio avere un processo (di pace) che non averlo. Anche se questo processo non produrrà nulla. Per questa ragione non c’è alcuna spinta reale per israeliani ed americani a fare e a dare di più per arrivare a risultati concreti.

Non c’è nulla di nuovo rispetto al passato?
Nessuna novità, anche perchè non si è modificata la base del cosiddetto «consenso» (nazionale) che unisce gli israeliani quando si parla di Cisgiordania e Striscia di Gaza. E’ la stessa visione, la stessa strategia di sempre e va riconosciuto all’attuale leadership politica israeliana di aver ammesso che non andrà al negoziato per presentare soluzioni nuove. Sono peraltro convinto che questo rilancio del negoziato bilaterale, così come viene descritto dal Segretario di Stato Kerry, non sarebbe stato possibile se non fosse intervenuta la posizione forte manifestata dall’Unione europea nei giorni scorsi. Posizione che stabilisce nuove linee guida nei confronti delle colonie israeliane nei Territori arabi e palestinesi occupati e che ora, almeno sulla carta, non potranno godere di alcuna cooperazione e aiuto da parte dell’Europa. Anche queste pressioni hanno convinto Netanyahu che è meglio portare avanti qualche forma di dialogo con i palestinesi, per impedire che siano adottate sanzioni contro Israele e le sue colonie.

Decisioni frutto di necessità tattiche e non di una strategia
Esatto. Il paradigma è sempre lo stesso, non è cambiato e non cambierà. E non c’è alcun motivo per pensare che questo negoziato, ammesso che si sviluppi nelle prossime settimane, possa portare a qualche soluzione.

Si avvicina l’appuntamento di settembre dell’Assemblea generale dell’Onu, che i palestinesi in questi ultimianni hanno utilizzato per annunciare passi verso la loro indipendenza, almeno sulla carta o in modo simbolico. L’insistenza americana a riprendere le trattative senza avere nulla in mano serve anche a impedire nuove mosse unilaterali da parte palestinese?
Senza dubbio. Israeliani e americani vogliono che si porti avanti quello che io definisco il “Piano A” e non che si realizzi un “Piano B”. Il “Piano A” prevede che i colloqui con i palestinesi vadano avanti con Israele padrone della situazione nei Territori occupati e libero di espandere le sue colonie, con l’Autorità nazionale palestinese (di Abu Mazen) impegnata a impedire lo sviluppo di qualsiasi forma di resistenza, non solo armata, all’occupazione militare. Il “Piano B” invece è quello che vede i palestinesi rivolgersi alle istituzioni internazionali per ottenere la realizzazione dei loro diritti e chiedere che sia sanzionata l’occupazione e i crimini che commette. Il “Piano B” include un’Europa più consapevole dei diritti dei palestinesi e, forse, una nuova rivolta popolare palestinese contro l’oppressione. Per impedire che prenda il via il “Piano B”, gli americani e gli israeliani rilanceranno sempre il “processo di pace”, ossia il “Piano A”, che è quello di dialogare tanto per dialogare senza prospettive di una soluzione fondata sulla legalità internazionale.

Siamo a quasi venti anni dalla firma degli Accordi di Oslo e dalla stretta di mano tra lo scomparso presidente palestinese Yasser Arafat e il premier israeliano assassinato Yitzhak Rabin. Venti anni dopo qualcuno scrive e dice che quella del 1993 era una leadership israeliana pacifista mentre quella attuale sarebbe ultranazionalista e interessata solo ad espandere le colonie. Lei come la vede?
Penso che non ci siano differenze significative tra quella leadership e l’esecutivo di Netanyahu. Tutti i governi israeliani dal 1967 a oggi (dall’occupazione dei Territori, ndr) hanno sviluppato la stessa strategia: 1) tutta Gerusalemme appartiene a Israele e non ci sarà un compromesso sulla città; 2) i profughi palestinesi non rientranno mai alle loro città di origine; 3) Israele non può esistere senza la Cisgiordania. Il cuore pulsante della politica israeliana era e resta l’idea sionista che la Cisgiordania è parte di Israele, a dispetto di qualche esponente politico apparentemente più flessibile che, rispetto ad altri, prevede qualche “concessione” in più da fare ai palestinesi. Certo, ci sono (tra i vari governi) delle differenze su come controllare la Cisgiordania. Ad esempio annetterla tutta o dividerla in una zona israeliana e una palestinese? Concedere o negare l’autonomia ai palestinesi? Concedere o negare una sorta di indipendenza ai palestinesi continuando ad avere il controllo della sovranità reale? Ma è solo tattica.

Siamo fermi al punto di sempre
Già. Se esiste una differenza tra la leadership degli Accordi di Oslo e quella attuale, allora consiste in questi aspetti tattici. Il governo in carica, ad esempio, punta a un controllo maggiore della Cisgiordania, a causa dei suoi legami con il movimento delle colonie. A tutto ciò dobbiamo aggiungere un dato centrale. Oggi, rispetto a 20 anni fa, per l’opinione pubblica israeliana non esiste più un problema palestinese, la questione palestinese è invisibile, sparita da ogni orizzonte. Il popolo occupato semplicemente è scomparso dalla mente di milioni di israeliani.

di Michele Giorgio – Il Manifesto

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

Ilan Pappepalestina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Trump all’attacco dell’America Latina con la scusa della “guerra alla droga”

La tensione nei Caraibi ed in America Latina si fa sempre più alta. Alcune note per comprendere quanto sta succedendo.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Gaza, un futuro di controllo della AI che ci riguarda

Se andiamo a leggere i piani di controllo dell’ordine pubblico prefigurati per la nuova amministrazione di Gaza, vediamo come questi convergano sulla previsione di un modello di sicurezza basato sull’integrazione di Intelligenza Artificiale (IA), robotica avanzata e sorveglianza aerea.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Un opuscolo su riarmo, genocidio e logistica della guerra

Ripubblichiamo un opuscolo realizzato dall’assemblea cittadina torinese STOP RIARMO.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Colonialismo accelerato: un piano contro la Palestina

Qual è la logica del piano Trump su Gaza? La costruzione di spazio meticolosamente controllato e depoliticizzato, cioè pacificato, per la circolazione, il consumo e la produzione del capitale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il bluff dell’ intelligenza artificiale

Perché la bolla speculativa è solo la punta dell’iceberg di un piano per consolidare il potere.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’ottavo fronte: la Cupola di Ferro Digitale di Israele e la battaglia narrativa

Mentre i suoi militari bombardano Gaza, nonostante l’accordo per un cessate il fuoco, Tel Aviv lancia un’offensiva parallela su internet volta a mettere a tacere le narrazioni della Resistenza, manipolare le percezioni globali e riprogettare la memoria digitale dei suoi Crimini di Guerra.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ecocidio, imperialismo e liberazione della Palestina/1

La devastazione di Gaza non è solo genocidio, ma anche ecocidio: la distruzione deliberata di un intero tessuto sociale ed ecologico.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Perché Trump vuole “salvare” Milei

Swap multimilionario del Tesoro Usa in cambio dell’impegno a cacciare la Cina dall’Argentina. Sospetti di fuga di fondi speculativi.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Perché la Silicon Valley sostiene Trump

Nei racconti della Silicon Valley scritti da sé medesima, tutti disponibili in rete o in libreria, si legge di un capitalismo eccezionale, guidato da uomini fuori dal comune.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Lo storico israeliano Avi Shlaim ha abbandonato il sionismo molto tempo fa. Ora è al fianco di Hamas

Shlaim, dell’Università di Oxford, sostiene che Hamas incarna la resistenza palestinese e si allontana persino dai suoi colleghi più radicali.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina libera, Taranto libera

Riceviamo e pubblichiamo da Taranto per la Palestina: Il porto di Taranto non è complice di genocidio: i nostri mari sono luoghi di liberazione! Domani, la nostra comunità e il nostro territorio torneranno in piazza per ribadire la solidarietà politica alla resistenza palestinese. Taranto rifiuta di essere zona di guerra e complice del genocidio: non […]

Immagine di copertina per il post
Formazione

Occupazioni a Torino: cronaca di un mese senza precedenti.

Una cronaca dalle occupazioni e autogestioni delle scuole torinesi del mese di ottobre.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cosa c’entra Leonardo con il genocidio a Gaza?

Gianni Alioti, ricercatore di The Weapon Watch – Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei, ha scritto per Pressenza un approfondimento, con notizie inedite, sulle responsabilità di Leonardo nel genocidio a Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: continuano gli attacchi israeliani nonostante la tregua del novembre 2024. Due persone uccise

Ancora bombardamenti israeliani nel sud del Libano, nonostante l’accordo di tregua concordato nel novembre 2024.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Coloni lanciano attacchi coordinati contro agricoltori e terreni della Cisgiordania

Cisgiordania. Negli ultimi giorni, gruppi di coloni hanno lanciato una serie di attacchi coordinati contro agricoltori e terreni agricoli palestinesi a Betlemme, al-Khalil/Hebron e nella Valle del Giordano settentrionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Occupazioni e proteste per la Palestina: gli aggiornamenti da Napoli, Torino e Verona

Proseguono le mobilitazioni in solidarietà con il popolo palestinese.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Guerra alla Guerra! Blocchiamo Tutto!

Di seguito il comunicato di GUERRA alla GUERRA rispetto a valutazioni e prospettive del percorso.