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LA VERGOGNA DI TORINO. Fassino vs Torino

Maestre, insegnanti, operatori sociali, educatori comunali, studenti e famiglie, si ritrovano, quasi come appuntamento fisso, ogni qual volta si svolge un consiglio comunale.

Ad attenderli non trovano portoni aperti, politici disponibili a spiegare e confrontarsi, consiglieri sensibili alle difficoltà della popolazione.

Trovano poliziotti in assetto antisommossa, camionette, caschi e manganelli.

Il 1°maggio torinese è stata l’ennesima vergogna per una città stuprata e mandata in default da una classe politica ed economica inetta ed iniqua.

Il corteo dei lavoratori è stato aperto, per la prima volta nella sua storia recente, da un ingente spiegamento di forze dell’ordine che ha letteralmente scortato il sindaco Fassino, il suo compare Chiamparino e l’ex ministro Damiano, durante tutto il percorso. Fassino si è fatto largo, a suon di manganellate e scudi sciorinati in faccia ai lavoratori, tra i fischi e gli insulti di chi, da mesi, cerca risposte.

Hanno cominciato gli studenti borsisti, a cui è stato tagliato il diritto allo studio, la possibilità di quell’investimento che il ministro Fornero ritiene più importante della casa e che, però, vale solo per chi i soldi già ce li ha, e non per quelle migliaia di ragazzi che avrebbero il diritto di essere sostenuti nel loro percorso formativo.

E che assistono, proprio a Torino, all’investimento di 150 milioni di euro (finiti quasi esclusivamente nelle tasche dell’archistar Forstner) stanziati dall’ente regionale universitario, per realizzare la grande opera del nuovo campus-astronave.

La risposta alle domande degli studenti borsisti? Cariche della polizia ed arresti sconsiderati.

Dopo pochi metri, all’imbocco di piazza Castello, la stessa scena si è vista con i sindacati di base, a cui è stato impedito dalla triplice santa alleanza sindacale, di partecipare al corteo. Anche qui lavoratori e precari sono stati accerchiati dalle forze dell’ordine e spintonati via per permettere al podestà Fassino di passare indisturbato.

Disturbato lo è stato, qualche passo più avanti, dalle decine di operatori sociali che hanno srotolato striscioni e cartelli per denunciare l’incredibile scandalo degli stipendi non erogati, da agosto 2011, da parte del comune di Torino. Quelli stessi operatori che, dopo settimane di presidi davanti al comune, mai ricevuti, addirittura sbeffeggiati dall’assessore al bilancio Passoni che non ha avuto vergogna di sostenere che il comune paga regolarmente, questo 1°maggio riescono almeno a vedere in faccia ed ad esprimere la loro rabbia ed il loro sdegno verso chi (ed in questo caso è, più che mai, una responsabilità diretta del sindaco e del suo staff) li sta affamando. Alle loro spalle il segno dello sberleffo, l’enorme palco del Torino Jazz Festival, finanziato interamente, con oltre 2 milioni di euro, dal comune che non paga gli stipendi agli operatori del Welfare.

Pierino Fassino non si volta nemmeno, tiene la testa bassa mentre gli scudi della polizia lo proteggono in stile tartaruga romana.

Il corteo corre veloce, per permettere al sindaco un comizio veloce e, spera, indolore. Ma questo 1°maggio, evidentemente, nessuno ha più lo spirito per pazientare o sopportare.

Il comizio di Fassino viene investito da una bordata di fischi e tante urla che lo invitano alle dimissioni. Sono, in prima battuta, le maestre degli asili che proprio lui, con scelte e dichiarazioni al limite dell’idiozia (privatizzare la scuola è una ricchezza per la città…) ha provveduto a licenziare.

Privatizzando ciò che è più caro alle famiglie: gli asili nido, ovvero il primo step educativo per i bimbi, oltre che l’unica chance di lavoro per mamme e papà che non saprebbero come gestire la giornata dei loro figli. Già oggi gli asili pubblici sopportano meno di un terzo delle richieste, da settembre, con i tagli previsti dal comune, l’asilo sarà, di fatto, non più un diritto ma un privilegio per chi ha almeno 500 euro al mese per pagare i privati.

A loro, Fassino, ha dedicato una delle risposte più efficaci della sua lunga carriera politica: “voi siete gli stessi che lanciavano i bulloni a Trentin…”.

Dichiarazioni che hanno lasciato sgomenta una piazza già abbastanza esterefatta e schifata da ciò che era accaduto durante la giornata.

Era naturale, quindi, che all’arrivo dello spezzone sociale in via Roma, ricco di cittadini e contenuti, di voglia ed entusiasmo nell’estendere ed organizzare una lotta che non può che essere unita e radicale verso una politica bulgara ed ottusa, si accodassero tutte le componenti che hanno portato le loro rivendicazioni in piazza. Lele Rizzo, nel suo intervento all’angolo con piazza S.Carlo ha saputo coinvolgere tutti nel concetto più semplice e diretto che potesse esserci: le politiche imposte da governo e partiti all’unisono, non sono dettate da necessità, ma da una precisa scelta e direzione. Direzione che va verso l’arricchimento sconsiderato di banche e poteri forti e la rapida povertà della popolazione. Non ci stanno salvando, ci stanno distruggendo. Ed è giunta l’ora, prima che sia troppo tardi, di mobilitarci e lottare per un’alternativa radicale a questo sistema. Questa non è antipolitica è Politica, quella vera, quella rimette al centro i bisogni e le necessità della popolazione e dei territori e non la salvezza delle banche e dei grandi investitori.

Il re è nudo.

Con estrema naturalezza, quindi, il corteo non si è fermato in piazza S.Carlo, dove ha lasciato i funzionari prezzolati di partito, soli in una piazza vuota, per raggiungere Fassino la dove si nasconde da settimane, nel comune più indebitato d’Italia.  Nel fortino di Fassino, un corteo ampio e determinato ha resistito alla tonnara organizzata dalla questura di Torino, che ha chiuso in bellezza la giornata caricando disordinatamente e da tutti i lati studenti, precari, pensionati e lavoratori pur di non far affiggere sui pennoni dello stabile la bandiera No TAV, simbolo non solo di una vertenza territoriale ma di un modo diverso di far politica, di una resistenza che costruisce comunità, di una comunità che è capace di costruire un altro mondo possibile e necessario.

Ma le manganellate non hanno fermato il corteo che, alla fine, ha visto sventolare la bandiera biancorossa sul balcone del comune ed i volti sorridenti di Giorgio e Luca, ancora in carcere, contro qualsiasi ratio giuridica, perché militanti No TAV.

Il 1°maggio torinese ha saputo esprimere il senso tutt’altro che rituale di questa giornata, ha visto la partecipazione ampia e determinata di tante voci che si unite in un sol coro contro Fassino, i suoi accoliti e contro una democratura ormai svelata.

Ha visto i torinesi scendere in piazza per nulla pacificati.

Fassino ha incassato la solidarietà di Cicchitto e di Carossa della Lega, suoi nuovi amici di governo. “Ringrazio le forze dell’ordine che con intelligenza hanno contenuto i facinorosi, evitando conseguenze dannose per la città.” ha dichiarato il sindaco “Riconfermo l’impegno dell’amministrazione comunale di Torino e mio personale a perseguire con determinazione politiche e scelte volte a mantenere alta e qualificata l’offerta di servizi ai cittadini”.

I facinorosi sono i cittadini che gli pagano lo stipendio.

A lui ed alle decine di agenti che lo scortano.

Quelli stessi cittadini che faranno di tutto per impedirgli di perseguire con determinazione lo smantellamento dei servizi e del welfare.

La sintesi la lasciamo alla signora Iaia, pensionata settantenne del comitato di quartiere Vanchiglia, presa a calci dalla polizia durante il corteo:  “io di calci ne ho presi tanti, nella mia vita, e non saranno questi che mi impediranno di protestare e lottare. Andiamo avanti.  E facciamo in fretta, prima che ci lascino solo le macerie su cui piangere.”

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