Chi ha toccato Milano? Nodi aperti su conflitto, consenso e partecipazione
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Introduzione
Le riflessioni che seguono sono state condivise nelle settimane successive alla May Day milanese. Loro intento non è dare una valutazione di quella giornata, già espressa ampiamente in altre sedi, bensì affrontare alcuni nodi a nostro parere fondamentali, che ci permettano di orientare la nostra discussione e la nostra azione ben oltre quell’episodio – indicazioni e riflessioni che ci sembrerebbero utili anche se quella giornata non fosse mai esistita. I fatti milanesi non devono essere sopravvalutati nella loro portata: sono stati un passaggio come tanti altri, è stata una delle tante occasioni in cui abbiamo affrontato i divieti ad attraversare una metropoli nel giorno del suo previsto oscuramento propagandistico e spettacolare. È stata una giornata densa di potenzialità e contraddizioni, ma come essa tante altre vicende recenti hanno portato in luce i limiti delle concezioni più diffuse dell’aggregazione politica e della prassi condivisa.
L’elaborazione che segue è quindi pensata anzitutto in prospettiva, per affrontare un dibattito che ci porti a risultati concreti nei prossimi mesi o anni. Chiedersi chi ha toccato Milano, un paio di mesi dopo l’iniziativa del sindaco Pisapia (che ha portato in piazza alcune migliaia di persone a “ripulire” la città dai graffiti e dalle scritte lasciati dalla manifestazione, dietro il patetico slogan “Nessuno tocchi Milano”), significa anzitutto puntare la nostra attenzione sul soggetto e sulle sue possibilità.
Chi siamo, è una domanda; chi potremmo o dovremmo essere, è questione non meno centrale. A queste domande cerchiamo di abbozzare frammenti di risposte, senza alcuna pretesa di esaustività, ma neanche sottovalutando l’urgenza e l’importanza che esse assumono per tutte e tutti noi, consapevoli che le tesi contenute in queste pagine non sono (né vorrebbero o potrebbero essere) un autoritratto. Sono, semmai, il tratteggio in fieri di un modo di essere cui intendiamo tentare di avvicinarci e che proponiamo a una discussione comune.
Chi ha toccato Milano significa anche poter fare, per un attimo, astrazione dall’oggetto, generalizzare, osare uno sguardo ampio, tentare di isolare delle invarianti in un metodo e in una prospettiva. “Milano” è un luogo ipotetico nello spazio e nel tempo dove lo scontro di piazza è vissuto da non poche realtà militanti come una iattura, dove non mancano i centri sociali che combattono politicamente chi si rifiuta di accettare i divieti, dove si praticano sovente forme imbellettate o simulate di contrapposizione, dove il leaderismo delle anticaglie rischia di soffocare le giovani soggettività militanti, o dove il desiderio di insubordinazione vorrebbe essere soffocato dal chiacchiericcio chiassoso di un realismo falso e da un pessimismo affettato. Un simile luogo, come si vede, non si identifica necessariamente con una città: è politicamente ubiquo e, in ultima analisi, ospita molte contraddizioni che potremmo trovare ovunque.
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