Periferie: campi di contesa, spazi di possibilità (audio del dibattito)
Nel primo intervento, servito per delineare i discorsi in campo partendo da una prospettiva storico-filosofica (vedi anche qui) del concetto stesso di “periferia”, Agostino Petrillo, docente di Sociologia al Politecnico di Milano ha offerto una panoramica delle modificazioni assunte dalle periferie nel passaggio dal fordismo all’epoca attuale, soffermandosi sulle politiche pubbliche adottate in Italia come nel resto del mondo, politiche funzionali per ristrutturarle ed adeguarle all’avanzata del modello economico neoliberista. Esiste una molteplicità delle periferie, non sempre esterne ai centri ma anche interne ad esse in termini sociali e talvolta anche spaziali; esiste allo stesso tempo una nuova soggettività che abita queste periferie di nuova generazione, nelle quali è possibile trovare spunti per nuovi percorsi di lotta capace di ribaltarne la marginalità a livello di potere politico.
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I compagni milanesi del Comitato Abitanti Giambellino e Lorenteggio hanno offerto una declinazione del discorso introduttivo sul contesto milanese, ragionando da un lato sulle pratiche di ridefinizione delle periferie e delle dinamiche di espulsione sociale che queste poi di fatto realizzano (aumento degli sfratti, pratiche “soft” di gentrification come il “rammendo” di Renzo Piano..), ma dall’altro anche sulle reazioni a queste pratiche, con le resistenze che si sono date al maxi-piano di sgomberi della Regione e ai tentativi di lavorare alla rottura di questo paradigma nei termini del conflitto e non di altre pratiche più pericolose come quelle che guardano ad esempio al richiamo jihadista.
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L’intervento dei Blocchi Precari Metropolitani invece costruisce a partire dal caso di Tor Sapienza uno spaccato di quanto si muove nelle periferie romane. Si può affermare che la composizione sociale autrice dell’assalto al centro dei migranti della scorsa estate ha un passato completamente interno alla storia del movimento di lotta per la casa capitolina; il lavoro politico all’interno di quei quartieri in continuità storica è dunque fondamentale per evitare derive di incanalamento problematico dell’odio che deriva dalla miseria della vita nei contesti più esposti alla marginalità come appunto Tor Sapienza. La rottura della prospettiva compatibilista, dell’elemosina delle istituzioni è già in sé una modalità utile per riuscire ad entrare in contatto con la composizione che abita quei quartieri, ormai sfiduciata ma comunque disponibile a non essere completamente prona ai ricatti del mondo di sopra.
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Nel dibattito conclusivo diverse questioni vengono riprese per essere ulteriormente sviscerate: da esempi di lotta e organizzazione su ambiti come la sanità e lotta per la casa presi in relazione alla questione dell’impoverimento sociale delle periferie, alla questione degli intrecci tra Stato, terzo settore, mafie all’insegna della logica della gestione dell’emergenza; dalla costruzione dell’abitante delle periferie come soggetto individualizzato e marginalizzato al ruolo dell’assistenza sociale come elemento di normalizzazione e colonizzazione del soggetto che rifiuta il suo ruolo imposto di “cittadino” di serie B.
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