InfoAut
Immagine di copertina per il post

Renato Zangheri e i carri armati

 

Renato Zangheri non è stato un “grande sindaco”. Ci sembra onesto sottrarci dal coro stonato degli incensatori che si è sollevato dopo la sua morte. Non ha avuto la sensibilità sociale di Francesco Zanardi, il “sindaco del pane”. Non possedeva la forza politica che il “sindaco della liberazione”, Giuseppe Dozza, aveva messo in campo per ricostruire la città dalle rovine della guerra e per fondare un sistema di aziende municipali al servizio del bene comune. Gli è mancata la lungimiranza strategica del suo predecessore, Guido Fanti, quando ridisegnò l’assetto urbanistico della città e quando sfidò l’apparato scolastico statale col “tempo pieno” comunale e le eccellenze del sistema educativo bolognese.

Bologna era una città che, nel 1970, all’inizio del mandato di Zangheri, aveva quasi mezzo milione di abitanti e quando Renzo Imbeni prese il suo posto sulla poltrona di sindaco, nel 1983, ne aveva il 20% in meno. E non è che un numero inferiore di residenti produsse, di per sé, una migliore qualità della vita. Anzi, ci fu un’incapacità dell’amministrazione comunale di interpretare e dare risposte concrete alle nuove esigenze derivate dai flussi migratori di lavoratori dal Sud Italia e dall’enorme aumento della popolazione studentesca universitaria. Bologna continuò a sviluppare la sua coesione sociale, da cui traeva prestigio, nell’ambito del suo ceppo originario di popolazione, ma fu diffidente, se non ostile, con chi proveniva da fuori.

In poco tempo, si produssero fenomeni di disambientamento, soprattutto nella popolazione giovanile, causati dallo strozzinaggio degli affittacamere (piaga che è proseguita nei decenni successivi), dal costo e dal malservizio delle mense, dalla mancanza di spazi di aggregazione. Chi stava ai vertici di Palazzo d’Accursio pensò che fosse sufficiente continuare con le logiche da “patto sociale” che avevano caratterizzato la pianificazione delle amministrazioni precedenti, non rendendosi conto che, invece, si stava costruendo una specie di “gabbia dell’addomesticamento sociale” che non poteva reggere all’urto delle istanze e dei bisogni di giovani che non erano nati negli “allevamenti” del modello economico emiliano.

Se vogliamo proprio dare a Zangheri un’etichetta, quella più appropriata è di “sindaco-traghettatore”. Riceveva dai suoi predecessori un’eredità politica e amministrativa consistente, il suo compito era fare di Bologna una vetrina internazionale. Col suo fascino da affermato docente universitario, col suo inglese oxfordiano, il suo sorriso a 42 denti, aveva le caratteristiche per rappresentare al meglio l’immagine della buona amministrazione della città, ad alimentare la leggenda dell’isola felice del comunismo all’emiliana, del “capitalismo gestito da noi”.

A lui venne attribuita anche la “cultura delle larghe intese” e, in un periodo in cui il PCI sposò la linea del “compromesso storico” con la Democrazia Cristiana, questa sua intuizione rappresentò una discreta affermazione personale nell’ambito delle forze politiche del cosiddetto “arco costituzionale” e lui non si sottrasse ai “doveri dell’unità nazionale”.

Così, quando in tutto il paese, alla fine del 1976, cominciò a prendere forma un movimento giovanile che, portando avanti bisogni legati alla condizione di non garantiti e precari, esondava l’alveo della “tradizione storica del movimento operaio”, opponendosi alle politiche di austerità e sacrifici del governo dell’astensione, presieduto da Giulio Andreotti e sostenuto all’esterno dal PCI, Renato Zangheri dettò la linea: “La legalità costituzionale è per le masse popolari e per il nostro partito un elemento determinante, oltre il quale c’è l’attacco eversivo che si deve respingere con la forza della mobilitazione democratica”.

Ma, come spesso capita, non tutte le storie hanno un buon fine. E così, anche la storia di Renato Zangheri, all’inizio della primavera del 1977, cominciò a sgretolarsi. Il paradosso è che questo movimento, che il Pci definì “diciannovista”, si sviluppò soprattutto a Bologna. Che, in via del Pratello 41, per via di una legislazione “permissiva” che non era così “efficiente” come le successive leggi Mammì e Gasparri, si poté aprire un’emittente radiofonica, Radio Alice, che ogni giorno dai suoi studi “lanciava parole e proclami più pericolosi di una bottiglia molotov”. Che la cittadella universitaria, intorno a Piazza Verdi, divenne il cuore della protesta studentesca e giovanile. Che il PCI, partito/padre/padrone di Bologna, era indicato come l’avversario/nemico da combattere.

Zangheri, la sua Giunta e il suo partito, non ressero l’onda di quella sconosciuta sfida sociale e si misero (coscientemente) dall’altra parte della barricata. Fu lo stesso sindaco a rivendicarlo anni dopo: “Nel ‘77 noi mettemmo al primo posto la difesa dell´ordine democratico e io fui accusato di un eccesso di rigidezza, ma non potevo scegliere altrimenti e lo svolgimento dei fatti mi ha dato ragione”.

Lo svolgimento dei fatti fu però questo. La mattina dell’11 marzo 1977 lo studente di medicina Francesco Lorusso, venne uccisodalle pallottole dei carabinieri, mandati dal ministro dell’interno Francesco Cossiga. Era la risposta che il “governo di unità nazionale” dava alle istanze del movimento che nelle settimane precedenti aveva occupato decine di facoltà universitarie in moltissime città italiane. La replica del movimento bolognese fu dura. La rabbia all’uccisione di Lorusso produsse un pomeriggio di scontri nel centro della città, nei pressi della sede della DC e in stazione. Decine di vetrine furono infrante al passaggio della manifestazione. Nella notte, in Piazza Verdi,venne dato l’assalto al ristorante al Cantunzèin, il ristorante d’elite dove, spesso, Zangheri invitava delegazioni di stranieri in visita alla città.

Nella notte del 12 marzo la polizia fece irruzione nella redazione di Radio Alice. L’assalto, la distruzione delle attrezzature e l’arresto dei redattori avvenne in diretta radio. Terminò così, con la forza, l’esperienza della più celebre radio libera italiana.

All’alba del 13 marzo, una colonna di carri armati sfilò per le strade di Bologna, per arrivare in via Zamboni, nella zona universitaria, per riprenderne possesso. Era la prima volta che veniva impiegato il reggimento Laives dei carabinieri, coi suoi mezzi corazzati. Dopo arrivò il reparto della celere di Padova a presidiare la zona. I blindati erano M113, veicoli corazzati di fabbricazione USA, destinati ad operare su terreni vari. Si trattava di cingolati anfibi la cui corazzata assicurava protezione contro le schegge di granata, contro la fiamma e il tiro delle armi portatili. Si trattava di strumenti da guerra scelti da Cossiga come forma di intimidazione nei confronti degli studenti. Lo ammise lo stesso esponente politico 20 anni dopo. Zangheri era stato avvisato dell’intenzione del ministro dell’Interno, ma non si oppose all’intervento. Del resto, il suo partito, fedele alla scelta del compromesso storico, sostenne apertamente, per bocca del suo “ministro dell’interno”, l’onorevole Pecchioli, l’azione repressiva del governo e gli interventi di polizia e carabinieri.

Il 16 marzo venne impedito al fratello di Francesco Lorusso di parlare in Piazza Maggiore, perché la ferita delle vetrine rotte era più grave della morte di un giovane studente. In più, ci fu il divieto “cileno” di tenere il funerale di Francesco in centro città, relegandolo in periferia,

Bologna come Budapest del 1956? O come Praga nel 1968? In pochi, in Italia, al di fuori degli ambiti di movimento, si scandalizzarono per il forte livello repressivo. Stampa e tv si allinearono sulle posizioni di Cossiga e di Zangheri e non si scostarono dal descrivere l’arrivo dei carri armati come un normale intervento di ordine pubblico. L’università di Bologna non era occupata come gli altri atenei in Italia, ma si era trasformata nella base di partenza “per operazioni d’attacco alla città ed era necessario intervenire”.

Solo un gruppo di intellettuali francesi firmò un appello contro la repressione a Bologna e in Italia. Zangheri rispose stizzito: “Siamo la città più libera del mondo”. Anche stavolta gli fece il verso Cossiga: “L’Italia è il paese più libero del mondo”.

La stagione del ’77 si concluse rapidamente. Il convegno contro la repressione di settembre dello stesso anno sancì, paradossalmente nel momento più alto, la fine del movimento.

Ma quella rivolta giovanile lasciò a Bologna una ferita che non si è più rimarginata. Simbolicamente si era infranto per sempre il mito della “città vetrina”, un vero trauma per gli amministratori e la classe dirigente del PCI. Tutta la leggenda dello “stile bolognese” si era sgretolata.

Bologna era tornata ad essere una città come tutte le altre: senza risposte efficaci alle nuove istanze, con problemi materiali irrisolti e tensioni sociali evidenti. Per esempio, l’arrivo massiccio dell’eroina nel 1978 nelle piazze bolognesi produsse un disastro nelle file dei giovani del movimento, nei palazzi del potere, invece, non venne espressa nemmeno preoccupazione, ad essere temuti erano ancora i giovani ribelli.

Poi ci fu la bomba alla stazione del 2 agosto 1980. La strage, oltre che lasciare attoniti per i morti e i feriti che aveva provocato, produsse un risposta di massa al gravissimo attentato. Ci furono gare spontanee di solidarietà e di soccorso, si ritrovarono insieme giovani e anziani, militanti del partito e dei sindacati e attivisti del movimento. Ma fu ancora una scelta di Zangheri a spaccare i fronti. Il giorno dei funerali pubblici delle 85 vittime in Piazza Maggiore, venne schierato un servizio d’ordine per non fare entrare i “giovani estremisti” in piazza. La motivazione per vietare l’ingresso ai militanti del movimento era stato il timore che, dalla piazza, si levassero fischi all’indirizzo del capo del governo Francesco Cossiga.

Ancora Cossiga, ancora Zangheri, uno strano rapporto quello che si era instaurato tra i due. Sarà un caso, ma durante la visita di due giorni a Bologna, da parte di Cossiga (Presidente della Repubblica), il 31 ottobre 1987, per il cinquantesimo anniversario della morte di Guglielmo Marconi, il Capo dello Stato fece una capatina all’Hotel Baglioni, dove si teneva la festa di matrimonio della figlia di Zangheri, per fare gli auguri agli sposi.

A tanti anni distanza, è lecito domandarsi se Renato Zangheri abbia mai fatto un’autocritica sulle sue scelte del ’77, i carri armati in primo luogo. Pubblicamente non ha mai fatto trasparire nessun ripensamento, a meno che non si possa pensare come tale il concerto dei Clash (i simboli del punk settantasettino), organizzato gratuitamente in piazza Maggiore. Oppure le centinaia di milioni di vecchie lire stanziati per sostenere un Piano Giovani che non decollò mai.

Qualcuno dice che il “professore di storia prestato alla politica” sia stato un sindaco molto amato in città. Può darsi che sia vero. Ma è altrettanto vero che fu schernito e irriso da migliaia di giovani che durante i cortei del ’77 sfilarono con le maschere del suo volto.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

autonomia operaiaBolognamovimento 77pci

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Le capacità diagnostiche dell’IA ed il capitalismo dei big data

Il cammino dell’innovazione tecnologica è sempre più tumultuoso e rapido. Lo sviluppo in ambito di intelligenza artificiale è così veloce che nessun legislatore riesce a imbrigliarlo negli argini delle norme. Stai ancora ragionando sull’impatto di ChatGPT sulla società che è già pronto il successivo salto quantico tecnologico. da Malanova.info In un recente studio del 28 […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il cambiamento climatico è una questione di classe/1

Alla fine, il cambiamento climatico ha un impatto su tutti.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il coltello alla gola – Inflazione e lotta di classe

Con l’obiettivo di provare a fare un po’ di chiarezza abbiamo tradotto questo ottimo articolo del 2022 di Phil A. Neel, geografo comunista ed autore del libro “Hinterland. America’s New Landscape of Class and Conflict”, una delle opere che più lucidamente ha analizzato il contesto in cui è maturato il trumpismo, di cui purtroppo tutt’ora manca una traduzione in italiano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Controsaperi decoloniali: un approfondimento dall’università

n questo momento storico ci sembra inoltre cruciale portare in università un punto di vista decoloniale che possa esprimere con chiarezza e senza peli sulla lingua le questioni sociali e politiche che ci preme affrontare. Sempre più corsi di laurea propongono lezioni sul colonialismo, le migrazioni e la razza, ma non vogliamo limitarci ad un’analisi accademica: abbiamo bisogno dello sguardo militante di chi tocca questi temi con mano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Stati Uniti: soggetti e strategie di lotta nel mondo del lavoro

L’ultimo mezzo secolo di neoliberismo ha deindustrializzato gli Stati Uniti e polverizzato il movimento operaio.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’intelligenza artificiale. Problemi e prospettive

L’Ai attuale è una grande operazione ideologica e di marketing, confezionata per aumentare il controllo delle persone e restringere il margine di libertà digitale” (1) Intervista a Stefano Borroni Barale, da Collegamenti di Classe L’Intelligenza artificiale (Ai) è un tema oggi talmente di moda che persino il papa ha ritenuto indispensabile dire la sua sull’argomento. […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’enigma Wagenknecht

Dopo le elezioni regionali del Brandeburgo, il partito di Sahra Wagenknecht (BSW) ha confermato di essere una presenza consolidata nel panorama politico tedesco. di Giovanni Iozzoli, da Carmilla Il profilo stesso di questa aggregazione non autorizza la sua collocazione nel campo delle performance elettorali effimere o occasionali: le radici sociali sono solide e si collocano […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ribellarsi per la Palestina è possibile e necessario più di prima: una riflessione dal casello di Roma Ovest su sabato 5 ottobre e DDL 1660

Con questo articolo vogliamo proporre una riflessione sulla giornata di mobilitazione per la Palestina di sabato 5 ottobre a partire dall’esperienza di lotta e conflitto che abbiamo avuto come studentə e giovani di Pisa partitə con il pullman di Studentə per la Palestina, per arrivare a Roma.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il trattore torna al campo.. e adesso?

I primi mesi del 2024 sono stati segnati in molti paesi d’Europa dall’esplosione del cosiddetto “movimento dei trattori”.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Militarizzazione, guerra contro il popolo e imprese criminali in Messico

Nessuno con un minimo di sensibilità umana può rimanere indifferente alla violenza esorbitante che viviamo in Messico, sono circa 30.000 le persone uccise solamente nel 2023, mentre nel maggio di questo 2024 ne sono state assassinate 2.657.

Immagine di copertina per il post
Antifascismo & Nuove Destre

Bologna: migliaia di antifascisti/e in piazza contro Casapound e la Rete dei Patrioti

AGGIORNAMENTO LUNEDì 11 POMERIGGIO – Una ricostruzione delle manifestazioni di sabato 10 novembre, le valutazioni politiche e le mobilitazioni in programma per questa ultima settimana di campagna elettorale in Emilia Romagna, dove domenica 17 e lunedì 18 novembre si voterà per rinnovare Presidente e Consiglio regionale, con Federico della redazione emiliano-romagnola di Radio Onda d’Urto. Ascolta o […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

‘Geronimo’ Bini: la sua lotta per un mondo (e una Cremona) migliori

Riceviamo e pubblichiamo volentieri… La storia la scrivono i vincitori.  Ma la storia la fanno anche i perdenti. Poi ci sono gli indolenti che non sono né vincitori, né perdenti.  Poi c’è il revisionismo che mischia le carte. Rende i vincenti un po’ meno vincenti e i perdenti un po’ meno perdenti e quasi sempre […]

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Bologna: ancora cariche, polizia e sradicamento delle piante al Parco don Bosco.

Ancora tensione a Bologna al parco Don Bosco, dove abitanti e manifestanti protestano da mesi per evitare il taglio e l’abbattimento di oltre 70 alberi.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

DA CHE PARTE STAI? Per la fine immediata delle 23 misure cautelari contro compagne e compagni di Bologna

Dal 4 giugno 23 persone, attive nei movimenti sociali di Bologna, sono sottoposte a misure cautelari, 13 di loro hanno ricevuto un divieto di dimora, ossia il divieto di poter entrare in città.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Aggressione repressiva alle lotte a Bologna!

Da questa mattina è in corso la notifica di 22 misure cautelari nei confronti di compagne e compagni di Bologna, e altre decine e decine di notifiche di indagine.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: provocazione della celere in piazza Scaravilli, ma le tende per Gaza resistono e si moltiplicano

L’”acampada” per la Palestina allestita in Piazza Scaravilli a Bologna, nell’ambito della cosiddetta “intifada degli studenti”, è stata attaccata dalla celere nella serata di venerdì 10 maggio, al termine di un corteo dimostrativo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Intifada Studentesca: le tende per Gaza stanno diventando un movimento globale

A quasi sette mesi dallo scoppio della guerra a Gaza, in numerose università del mondo sta montando la protesta degli studenti contro la risposta militare di Israele.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Bologna: un “mondo a parte” che non si lascerà mettere tanto facilmente da parte

Breve reportage sulla grande assemblea che si è tenuta l’altro ieri al parco Don Bosco: centinaia le persone accorse dopo il rilascio senza misure cautelari del diciannovenne arrestato la notte prima.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Bologna: giovane aggredito e picchiato dai Carabinieri al Parco Don Bosco.

Nella “democratica Bologna” tre volanti dei carabinieri aggrediscono e picchiano un giovane all’interno del parco Don Bosco.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: dopo le cariche all’inaugurazione dell’anno accademico, occupato il rettorato

Occupato il rettorato dell’Università di Bologna. L’iniziativa si inserisce all’interno della “Israeli Genocide Week”, settimana di solidarietà e mobilitazione nelle Università contro il genocidio in corso a Gaza, promossa dai Giovani Palestinesi d’Italia.