Report del Meeting nazionale della rete Abitare nella Crisi del 6-7 settembre a Pisa
Le lotte per il diritto all’abitare per tutto lo scorso anno sono state capaci di coinvolgere e mobilitare migliaia di persone. Il terreno dell’abitare è stato il crocevia di bisogni e aspirazioni comuni a un ampio segmento sociale. Partendo da una rottura, dalla messa in discussione degli assetti esistenti nell’attacco alla rendita, si è definita un’alterità che ha indicato nuove condizioni di possibilità e trasformazione dell’esistente. Uno spazio di riconoscimento tra proletari e precari che percepiscono in termini differenti la propria povertà si è aperto all’insegna del riscatto. Dal 19 ottobre e passando per il 12 aprile abbiamo lanciato questa sfida di riscatto, provando a concretizzarla nei territori con le lotte attorno all’abitare.
Tutto ciò è stato importante, ma non è ancora sufficiente.
Abbiamo iniziato a rappresentare una minaccia e questo ha prodotto delle risposte nella guerra quotidiana condotta contro i segmenti più deboli della società. Il Governo Renzi con il Piano Casa e l’articolo 5 ha provato a rompere le rigidità prodotte dalla massificazione delle occupazioni nella capitale e che si sviluppavano in tante altre città. Siamo stati noi a condurre un attacco che ha prodotto una risposta che ancora oggi trattiene lontani dalle lotte Paolo, Luca e tanti compagni e compagne colpiti da misure restrittive e cautelari. Per questo, rivendicando la legittimità di un processo di lotta per la dignità che sorge sul terreno dell’incompatibilità, saremo tutti e tutte mobilitati il 10 ottobre, giorno in cui questi compagni si presenteranno all’udienza del tribunale del riesame, per pretendere a gran voce la libertà per Paolo e Luca, affermando che la libertà di movimento non si può limitare!
Per queste stesse ragioni il solco da noi aperto deve continuare a fronteggiare gli effetti del Piano Casa su più livelli. Dev’essere denunciato e contrastato il dispositivo di aggressione ai diritti fondamentali della persona e alla sua dignità e quindi continuiamo a pretendere il ritiro del Piano Casa; allo stesso tempo concretamente saremo impegnati nel sabotarne l’applicazione e pertanto continueremo ad assediare le anagrafi per opporci alla revoca delle residenze, rivendicando inoltre pubblicamente la legittimità della resistenza collettiva ai distacchi o dei riallacci abusivi. L’opposizione al Piano Casa e alla sua logica di tutela della rendita e della proprietà privata passa per non indietreggiare rispetto alle nostre rigidità collettive. Le barricate in via Gori a Firenze di qualche giorno fa ci indicano ciò che è nelle nostre possibilità: costruire nuovi argini, mettere in campo il blocco delle città e dei suoi flussi contro i tentativi di sgretolare quelle resistenze in grado di aumentare il nostro costo sociale per chi governa.
Le accelerazioni del governo Renzi in materia di attacco alle garanzie sociali e torsione del pubblico a welfare del privato ci vedranno impegnati nei prossimi mesi su tutta una serie di fronti sui quali ingaggiare battaglia nell’ambito della lotta per la casa sui territori. Pensiamo al rilancio della truffa dell’Housing sociale, al recente decreto Sblocca Italia, ennesimo regalo a costruttori e speculatori, e ai programmi di vendita delle case popolari rispetto ai quali sarà indispensabile andare, già nelle prossime settimane, a individuare nei territori le responsabilità delle agenzie di edilizia sociale e pubblica bloccandone le sedi.
L’emergenza abitativa sarà cornice permanente nella quale ci troveremo ad agire. Nelle metropoli ha già perso qualsiasi tratto emergenziale ed episodico rivelando integralmente il proprio portato di sistematico attacco di classe condotto dall’alto verso il basso. Come realtà politiche e sociali autorganizzate non possiamo farci carico di questa emergenza, sperare di risolverla in una dimensione vertenziale il cui sbocco spesso è quello della contrattazione a ribasso di una “soluzione”. Dobbiamo invece dotarci di forza a partire dalla contrapposizione ai livelli della governance e del comando a noi più prossimi, per scaricare il peso di questa emergenza sulla nostra controparte.
A riguardo, sull’emergenza sfratti siamo riusciti in diversi territori a strappare delle importanti vittorie grazie allo sviluppo di alcune rigidità fondamentali espresse da una nuova soggettività proletaria trasformatasi nella lotta, una soggettività cresciuta praticando alcuni NO collettivi. Ai picchetti antisfratto abbiamo posto precise condizioni: gli affitti devono essere abbassati e non si esce di casa senza soluzioni dignitose! Il blocco degli sfratti può essere strappato laddove, resistendo agli ufficiali giudiziari e alla forza pubblica, con i picchetti e i blocchi, impediamo di scaricare verso il basso la soluzione dell’emergenza abitativa, costringendo quindi la governance a fare i conti con la propria incapacità di avanzare su un piano riformistico, con la sua incapacità di approntare soluzioni dignitose.
Al centro del lavoro sulla casa dev’esserci allora la costruzione di una capacità collettiva di resistere, di non avere più paura, come condizione per invertire i rapporti di forza che regolano i processi di impoverimento. L’aumento del nostro costo sociale deve diventare un’emergenza permanente per chi governa. Questo è possibile grazie al radicamento nei territori delle esperienze di lotta improntate al rifiuto della povertà e all’esigenza di riappropriarsi delle ricchezza sociale. La sfida e il rischio sta nell’attraversare territori complessi organizzandoli in pratiche di lotta su uno spettro ampio di bisogni. Lotte che non cominciano e finiscono nel conquistarsi un tetto, ma devono iniziare a guardare a tutte le dimensioni della vita e della crisi: il lavoro, la vivibilità dei territori, il caro-vita, le utenze, le tasse. Lotte che a oggi certo non controllano tutto, ma che sicuramente rappresentano un essere di parte collettivo, capace di incarnare i valori di una radicale alterità all’esistente. Decisi ad aumentare la nostra forza nei territori per poter decidere delle nostre vite, costruiremo l’avvicinamento alla settimana di mobilitazione europea “take the city” lanciata dal 10 al 18 ottobre: lo sciopero sociale metropolitano del 16 ottobre, avendo come obbiettivo in quella giornata di blocco l’espressione di un’opposizione sociale al modello Renzi fatto di austerità, tutela della rendita e attacco alle garanzie sociali; la giornata del 18 ottobre con la costruzione di decine e decine di cortei e manifestazioni che rilancino e connettano le lotte sui territori resistenti in Italia e in Europa.
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