StrikeDebt: l’america che rifiuta di pagare i debiti
La controparte finanziaria già si adopera, attraverso le proprie lobbies e cartelli, ad attuare una vera e propria “spremitura” di tutti coloro che si trovano nella condizione di dover chiedere un prestito.
Il livello di salari reali in calo, a partire dalla fine degli anni 70, e le crescenti necessità materiali si combinano perfettamente nel creare una trappola con la quale praticamente tutto il 99% deve confrontarsi.
I debiti universitari sono forse il più chiaro esempio del livello emergenziale che il fenomeno ha ormai assunto: il loro totale ammonta ad oltre un trilione di dollari, secondo solo a quello per i mutui sulla casa (quasi 8 trilioni di dollari). Ma c’è di peggio: milioni di cittadini statunitensi sono obbligati a rivolgersi alle compagnie di credito per rispondere ai propri bisogni primari, come quello della salute, perché il sistema ObamaCare e le compagnie assicurative private così come sono strutturate non possono che rappresentare un misero tentativo di tappare i buchi rispetto alle necessità mediche della nazione. Basti pensare che oltre il 60% delle bancarotte personali è dovuto al ricorso alle carte di credito per pagare le spese mediche impreviste e non incluse nel piano assicurativo.
Il livello di aggressività delle proposte di credito, spesso con tassi di interesse a dir poco esorbitanti, è secondo solo all’aggressività delle agenzie di recupero crediti che vivono di stalkeraggio, comprando dalle banche il debito di migliaia di lavoratori giudicati potenzialmente insolventi, al costo di pochi spiccioli, ed operandosi con metodi ben oltre la legalità per recuperarne il massimo possibile dai malcapitati.
In questo quadro al limite del collasso, si forma il movimento StrikeDebt. L’intervista seguente è stata fatta a Thomas Gokey, artista ed attivista già durante il periodo di Occupy WallStreet.
Presentando StrikeDebt, come cominceresti?
Il movimento StrikeDebt rappresenta uno sforzo di resistenza all’oppressione del debito. StrikeDebt è un movimento nazionale di resistenti al debito che lottano per la giustizia economica e libertà democratica.
Vogliamo focalizzare il problema delle relazioni di debito come problema di potere, nello stesso modo in cui i movimenti dei lavoratori operano contro l’oppressione sul posto di lavoro, noi vogliamo concentrare i nostri sforzi nella resistenza all’oppressione del debito.
Per questo possiamo dire che si tratta certamente di un movimento anticapitalista, ed il suo focus si trova appunto in una delle espressioni della lotta tra la classe capitalista e il 99% che troviamo in questo momento negli Stati Uniti.
Il debito è un legame che unisce il 99%. Con salari stagnanti, disoccupazione sistemica e tagli ai servizi pubblici, siamo costretti ad indebitarci per vivere – e quindi abbandoniamo il nostro futuro nelle mani delle banche. Il debito è fonte importante di profitto e potere per Wall Street che lavora per tenerci isolati, nella vergogna e nella paura. Utilizzando l’azione diretta, la ricerca, l’istruzione e le arti, immaginiamo e creiamo alternative.
Vogliamo, con questa opposizione, lavorare alla creazione di una democrazia reale, orizzontale. Per questo motivo riteniamo importante che la nostra lotta contro il debito si esprima all’interno di quello che vogliamo definire un movimento; le nostre modalità di lotta e di relazione tra di noi puntano ad essere il più possibile orizzontali e realmente democratiche.
Quali sono i collegamenti con Occupy WallStreet?
Nella giornata del Primo Maggio 2012 molti di coloro che erano stati attivi nei mesi di OWS avevano visto la speranza e la possibilità di far rivivere i momenti di lotta, anche quelli di piazza. La giornata però non ha risposto a queste aspettative, almeno non in un primo momento. Esistevano già, e continuavano ad essere attivi, alcuni gruppi ed assemblee che erano nati duranti i mesi dell’occupazione. Tra questi molti si occupavano di questioni relative al debito come la campagna Occupy StudentDebt e altre. La soluzione è stata allora unire in un solo gruppo tutte queste esperienze e provare a far partire qualcosa di più strutturato ed unitario.
Quali sono i presupposti e i principi politici che il gruppo condivide?
Sicuramente i principi fondamentali partono da una visione anticapitalista ed antiautoritaria. Esistono molte differenze di sfumature tra tutti i membri del movimento, ma dal nostro sito puoi vedere che ci sono dei principi comuni che abbiamo condiviso nell’assemblea generale lo scorso gennaio:
“Noi crediamo che la maggior parte del debito individuale sia illegittimo e ingiusto. La maggior parte di noi cade in debito perché siamo sempre più privati dei mezzi per acquisire le necessità fondamentali della vita: l’educazione, la sanità, e abitazioni. Dal momento che siamo costretti ad indebitarci semplicemente per vivere, pensiamo che sia giusto e morale resistere.
Ci opponiamo anche perché il debito è uno strumento di sfruttamento e di dominio politico. Il debito è utilizzato per disciplinarci, approfondire le disuguaglianze esistenti, e rafforzare le gerarchie di genere, razziali e sociali. (…) StrikeDebt è a favore di un’economia giusta e sostenibile, basata sui beni comuni, l’aiuto reciproco, e la ricchezza pubblica.(…)
StrikeDebt rispetta molti dei principi che sono stati adottati da Occupy e altri movimenti non gerarchici. Questi includono: l’autonomia politica, la democrazia diretta, l’azione diretta, una cultura di solidarietà, di apertura creativa, e l’impegno a adottare un comportamento ed un linguaggio anti-oppressivo. Lottiamo per un mondo senza abilismo, omofobia, razzismo, sessismo, transfobia, e tutte le forme di oppressione.(…)
StrikeDebt sostiene che non dobbiamo nulla alle istituzioni finanziarie, e che invece dobbiamo tutto alle nostre comunità, famiglie e amici. Nel perseguire una strategia a lungo termine a livello nazionale intorno a questo principio, ci impegniamo alla solidarietà internazionale con il crescente movimento globale contro il debito e austerità.”
Quali sono i vostri progetti già avviati e su quali volete lavorare in futuro?
A parte il costante lavoro di assemblee e di informazione, i primi progetti che abbiamo portato avanti e che sono tutt’ora attivi sono: un manuale di opposizione al debito (‘The Debt Resistors’ Operations Manual‘) e il “Giubileo Rotativo” (‘The Rolling Jubilee’).
Il primo si propone di fornire tattiche specifiche per la comprensione e la lotta contro il sistema del debito. Sono descritte strategie dettagliate e risorse per affrontare il debito delle carte di credito, quello medico, universitario, abitativo e municipale, ma anche tattiche per evitare le insidie della bancarotta personale, ed informazioni per aiutare a proteggere se stessi dai finanziatori rapaci. Dal momento che riconosciamo che singolarmente possiamo fare già molto per resistere al sistema del debito, il manuale introduce anche idee per coloro che decidono di intraprendere un’azione collettiva.
Il Giubileo è un progetto che intende comprare il debito per pochi penny al dollaro, così come fanno le agenzie di recupero crediti con le banche, ma invece di raccoglierlo andando a chiederlo alle persone che si sono indebitate, lo aboliamo. Insieme possiamo liberare i debitori attraverso una campagna di sostegno reciproco, la buona volontà e il rifiuto collettivo. Abbiamo dato il via questo sforzo il 15 novembre con un “Salvataggio popolare”, uno spettacolo di varietà (un telethon) a New York. Tutti i proventi andranno direttamente a comprare il debito delle persone e annullarlo.
Al momento il gruppo è molto impegnato con un lavoro di riorganizzazione interna, ma le idee certamente non mancano. Parliamo per esempio della possibile creazione di un Sindacato di Debitori, di provare a portare avanti progetti di servizi sanitari e medici accessibili per tutti i lavoratori, e anche di trovare una possibile soluzione al problema dei “cheques Cashing”, offrendo magari il servizio in maniera gratuita. (n.d.r. Il cheques cashing è una necessità per i lavoratori che non possiedono un conto in banca e che vengono pagati ad assegni, la possibilità di cambiarli in denaro contante è solitamente molto dispendiosa)
Quale obiettivo raggiunto sarebbe da considerare un successo per voi?
Partendo da una prospettiva anticapitalista, l’idea generale è quella di lavorare per un sistema economico che sia adatto ad ognuno, che risponda ai bisogni primari di ciascuna persona.
Un po’ più nello specifico, siamo interessati alla costruzione di un sistema medico-sanitario che sia gratuito ed universale, ad un sistema universitario libero e gratuito ed a un cambiamento legislativo per quanto riguarda il funzionamento dei mutui.
Tornando ad avere un punto di vista più ampio, la domanda primaria che vogliamo sia sulla bocca di tutti/e è questa: Cosa rende un debito legittimo? E perché? Cosa significa ripagare un debito? Questa consapevolezza è il punto di partenza della nostra lotta.
Alla fine però, credo sia chiaro che l’obiettivo finale include il controllo, da parte dei lavoratori, dei mezzi di produzione, che è un obiettivo proprio di ogni movimento anticapitalista.
La nostra lotta si indirizza in questo primo momento a rispondere alle necessità materiali di base della gente, se si guarda ai dati il 42% del debito in carte di credito viene usato per rispondere ai bisogni primari, e l’obiettivo è che appunto la gente non debba più prendere a prestito per questo.
Chi è la controparte, nella vostra lotta?
Il motto di Occupy Wall Street “We are 99”, quindi nella nostra lotta parliamo chiaramente di confrontarci con l’1% più ricco della nazione, ma questo significa anche confrontarci con lo stato ed il governo, che fa i loro interessi. Non ci opponiamo solo alle corporation della finanza che detengono i diritti sul nostro debito, ma anche al sistema di leggi e di impunità che le circonda. Non è questione di essere anti-stato, sebbene alcune persone nel movimento siano anarchiche, tutti/e abbiamo presente che questo stato e questo governo sono un problema per il 99%, se parliamo di sacrificare parte delle nostre libertà, e la motivazione che ci viene proposta è la sicurezza, noi ci chiediamo se la vera ragione non sia la protezione del mercato invece che delle persone. Per questo ci interessa molto parlare di democrazia reale e partecipata.
Parliamo di numeri: quanti gruppi di StrikeDebt sono all’oggi attivi negli Stati Uniti?
Il gruppo più attivo attualmente è quello di New York, ci sono altri gruppi che si riuniscono con frequenza settimanale costante anche nella Bay Area in California (Aukland e Berkeley). Ci sono stati grossi eventi, ma senza un gruppo stabile, anche a Chicago, Detroit, Philadelphia e North Carolina. Abbiamo notizie molto promettenti di alcuni gruppi che si stanno formando anche in Texas e altrove, vedremo come evolveranno nei prossimi mesi.
È importante, a nostro avviso, che la lotta abbia anche una dimensione locale e localizzata geograficamente. In primo luogo per permettere alle persone di incontrarsi faccia a faccia, di uscire dalla solitudine del debito, che ti condanna all’emarginazione e alla depressione; avere un luogo dove incontrarsi permette di raccontare la propria storia e di condividere le esperienze. Non a caso, uno degli slogan principali del movimento è “You are not a loan” (n.d.t. Si tratta di un gioco di parole sulla pronuncia di “you are not a loan”, non sei un prestito, e “you are not alone”, non sei da solo).
Alcuni progetti, come l’idea di un sindacato di debitori, hanno necessità di un luogo dove la gente possa incontrarsi, come la fabbrica lo è per i sindacati dei lavoratori, nonostante vi siano delle differenze.
Cosa potresti definire come la più grande forza di StrikeDebt e la sua debolezza?
Abbiamo fatto sicuramente un ottimo lavoro in termini di analisi su come funzionano i diversi tipi di debito, quali sono le regole, le scappatoie e le difese, ma anche nell’avere un punto di vista più generale sulla questione. Ora si tratta di lavorarci sopra.
Rispetto ad altri gruppi sorti da OWS, la nostra composizione è molto preparata, anche dal punto di vista accademico, e piena di risorse; per questo motivo, forse, i nostri progetti sono molto a lungo termine rispetto ad altri, che si sono occupati invece di momenti emergenziali (come OccupySandy, il progetto di solidarietà all’interno della città di New York a seguito dell’uragano Sandy)
I principali problemi che abbiamo incontrato finora sono stati quelli di portare avanti progetti molto grandi, come il Giubileo, all’inizio della nostra mobilitazione, quando ancora non avevamo la struttura organizzativa adeguata per poterli affrontare. Abbiamo veramente bisogno di lavorare per costruire una struttura orizzontale e democratica al nostro interno per organizzare le relazioni di potere; sappiamo che queste relazioni esistono e vogliamo essere capaci di gestirle tra di noi nel modo più trasparente possibile, altrimenti non abbiamo molte speranze di successo.
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