Terremoti e modello di sviluppo al Sud
Ieri sera intorno alle 21 si è registrata una scossa nell’isola di Ischia a 5 kilometri di profondità. Due morti, 39 feriti nessuno di questo grave e 2600 nei comuni isolani di Casamicciola e Lacco Ameno. Molti palazzi crollati e l’ospedale a rischio inagibilità. Questi i primi risultati visibili di una scossa potente ma non distruttiva che, in teoria non avrebbe dovuto provocare ne danni di questa portata ne morti.
I soccorsi non tardano ad arrivare ed impediscono che qualche altra vita si spenga sotto le macerie di una tragedia sfiorata.
Questo, però, non basta a pulire le coscienze di tutti quei personaggi delle istituzioni che come al solito si sono affrettati a liquidare la questione con la solita retorica del “bisogna investire di più nella salvaguardia del territorio e per la prevenzione del rischio idrogeologico”. Primo tra tutti il nostro caro Ministro Delrio.
Nell’ultimo decennio sono stati anche fin troppo frequenti i casi di disastri e tragedie che si sarebbero potute evitare e che avrebbero dovuto funzionare quantomeno da insegnamento per una classe dirigente totalmente disinteressata alle sorti delle nostre vite. A L’Aquila come ad Amatrice gli abitanti pagano ancora oggi per le responsabilità di governi che nei fatti nulla hanno fatto per ridare dignità alle popolazioni interessate.
Quanto sta accadendo in questo ore ad Ischia ci sbatte nuovamente la triste è cruda realtà in faccia, perché, in questo caso, abbiamo l’esempio lampante della contraddizione che sta alla base di quanto accaduto. A fronte di un esagerato sviluppo del settore edilizio al servizio dell’industria del turismo locale, non si riscontrano adeguati investimenti in materia di prevenzione sismica, ne per le stesse strutture destinate all’erogazione di servizi per turisti, né tantomeno, cosa assai più grave, per le strutture sanitarie. Quelle presenti nell’isola, infatti, anche con una scossa di magnitudo 4.0, oggi rischiano la non agibilità.
Un economia legata mani e piedi alla pretesa di sviluppare il settore turistico ai massimi livelli possibili. Speculazione e abusivismo edilizio che non hanno tenuto conto della salvaguardia del territorio e delle condizioni già precarie di un isola che nel 1883 affronto un terremoto che portò con se 2313 vittime. Una gerarchia di priorità avallata da istituzioni locali e nazionali che mette in cima sfruttamento delle risorse e in fondo la vita e la dignità delle persone. Un modello di sviluppo che al Sud incentiva sempre più l’accumulazione di grossi imprenditori dell’industria dei rifiuti e del turismo e lascia cadere a pezzi scuole, case e ospedali.
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