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Il sisma dimenticato del Centro Italia : esperienze dal basso nell’era del capitalismo dei disastri

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In una fase in cui il discorso pubblico si nutre di temi ambientali ed ecologici utilizzando in maniera strumentale i temi sottolineati da tantissimi giovani di tutto il mondo, occorre rimettere al centro dell’agenda politica quei contesti in cui l’emergenza non è mai terminata. In Italia vi sono molti esempi di questo sciacallaggio dei territori e dello spreco di risorse pubbliche nonostante vi siano luoghi e persone completamente abbandonati nei vortici burocratici che ne impediscono la fuoriuscita.

Facciamo il punto della gestione dell’emergenza post terremoto del 2016 in centro Italia con Veronica che fa parte del gruppo di ricerca Emidio di Treviri che sin dai primi momenti post terremoto ha dato priorità all’esigenza di organizzarsi insieme, sia per quanto riguardava gli aiuti concreti e sia per districare la complessità di quel momento, a partire dal fatto che la narrazione mediatica avesse concentrato l’attenzione quasi esclusivamente su Amatrice quando i comuni coinvolti sono 40 e le regioni 4.

Possiamo definire il centro Italia come un territorio già di per sé debole e disgregato nel quale un disastro come il terremoto ha avuto l’effetto di accelerare le dinamiche già presenti nel territorio, amplificandone la portata. Per analizzare la gestione del disastro occorre partire da due questioni fondamentali, la ricostruzione e lo sviluppo, tenendo presente il peso che la macchina burocratica ha avuto negli anni di fatto impedendo anche soltanto di pensare la ricostruzione, a partire dalla problematicità dei commissari che si sono succeduti nel gestire la situazione. Uno degli elementi su cui ci si scontra oggi è la questione del 110%, ciò implica infatti che non si trovino le imprese in centro Italia per dare il via a cantieri nelle zone distrutte perché tutte le aziende sono impegnate nella ristrutturazione edilizia altrove. In questo contesto, un ruolo centrale viene giocato dalle scelte politiche che riguardano il tema dello sviluppo, in particolare nell’ambito del turismo. Il pnrr stesso verrà inglobato in questo senso con l’obiettivo di utilizzare la montagna per i flussi turistici senza tenere in considerazione le numerose dimensioni di borghi abbandonati oppure espropriati per lasciare spazio a resort e piste da neve artificiale.

La reazione della popolazione nei confronti di questa gestione è ambivalente ed è complesso riuscire a raccogliere un’opposizione a fronte di queste contraddizioni soprattutto in un territorio sempre più spopolato e frammentato. Il lavoro del gruppo di ricerca, infatti, va proprio in questa direzione costruendo incontri pubblici in cui approfondire le contraddizioni che riguardano il tema dello sviluppo tentando di organizzare dal basso comitati e gruppi di lavoro. E’ infatti un lavoro di ricerca militante, un progetto che tenta ricostruire relazioni e incidere nel contesto in cui si lavora stando a fianco delle persone coinvolte in questo disastro. Un altro aspetto è la ricerca azione ossia far ripartire filiere negli ambiti agricoli e produttivi locali oppure organizzando cantieri di autocostruzione, progetto che avverrà a luglio di quest’anno sul monte Ceresa (qui il link https://ohissa.emidioditreviri.org/ ).

Quello del sisma del Centro Italia è un chiaro esempio di come il capitalismo abbia la capacità di ristrutturarsi proprio a partire dalle crisi e dai disastri, speculando e facendo profitto sulle esistenze distrutte delle persone coinvolte, le esperienze dal basso che provano ad accumulare forza e a mettere in luce le reali esigenze dei territori e delle comunità che li abitano sono da sostenere e alimentare.

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Da Radio Blackout

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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