[ZAD] Lettera ai Comitati Locali
Nota alla traduzione italiana
Segue la traduzione di un lungo testo dalla Zad (Zone à défendre), degli occupanti del movimento contro il progetto di megaeroporto di Notre Dame des Landes pubblicato in dicembre scorso su zad.nadir.org.
Si tratta di un buon punto di partenza per capire cosa sta succedendo nei dintorni di Nantes dopo i tentativi di sgombero di novembre 2012 e quali sono le prospettive di questa lotta che è forse quella che in Europa ha più di “affinità elettive” con la lotta No Tav.
Con l’idea di far eco alle lotte di qui e di là, per ispirarsi e farsi coraggio, a sara dura pure oltrealpe!
Cari comitati,
Eravamo in tanti a sentire il bisogno di scrivervi dal movimento di occupazione della ZAD (Zone à défendre)1. Qualche mese fa, in un’atmosfera di ritirata, portati/e dalla solidarietà combattiva dell’autunno scorso, molti/e di noi cominciavano a intravedere la possibilità di un abbandono del progetto dell’aeroporto. Volevamo immaginare quale potrebbe essere in quel caso l’avvenire della zona in termini sociali, agricoli e politici. Se queste riflessioni erano allora cruciali e ci hanno aiutate/i a dare un nuovo respiro alla lotta e un surplus di senso al movimento, sentiamo oggi una specie di risalita della tensione.
I pro-aeroporto, la prefettura, Vinci2, et consorti riprendono innegabilmente forza: annunci di “si-va-in-guerra” e commenti vittoriosi sul rifiuto dei ricorsi giuridici contro l’aeroporto a livello europeo, voci su possibili infiltrazioni, prossima pubblicazione dei decreti prefettoriali necessari al “miglioramento del progetto”, rapporto fumoso della Direzione Generale dell’Aviazione Civile sul costo del mantenimento dell’aeroporto attuale a Nantes, preparazione del trasferimento delle specie et lavori sullo sbarramento autostradale3, autorizzazione europea al governo francese per sbloccare 150 milioni di euro per la costruzione dell’aeroporto…
Il cielo che s’ingrigisce in questo inizio inverno è spazzato da sporche voci e segnali convergenti. Ci ricordano la necessità di focalizzarci seriamente sulla possibilità di un colpo d’inizio dei lavori, a partire da inizio anno, accompagnato o preceduto da nuove offensive poliziesche. Vogliamo innanzitutto, in questa lettera, pensare a ciò che è più urgente et fare il punto sulle minacce che pesano sulla zad e sulle prospettive di iniziative, manifestazioni e reazioni nei prossimi mesi. Ma vogliamo anche prendere un po’ di tempo di fare qualche resoconto sulla vita di qui e sugli eventi marcanti di questi ultimi mesi. In effetti, abbiamo il sentimento di non essere sempre riuscite/i a trasmettere a che punto siamo dopo la fine dell’occupazione poliziesca, o di averlo fatto in maniera sparsa. Ci rendiamo ben conto che, da lontano, non è sempre facile di sapere quel che si trama nella macchia.
Prima di andare avanti, ricordiamo che non parliamo qui in nome dell’insieme del “movimento d’occupazione”, entità multipla ed eterogenea, senza rappresentazione unificata (e tanto meglio). Cercheremo comunque, nella seconda parte, di far eco a qualche voce di occupanti e, speriamo, rilanciare i dibattiti e gli scambi necessari per pensare insieme il seguito della lotta. L’inizio del 2014 sarà sicuramente decisivo e bisogna prepararsi in conseguenza. Non potremo vincere le battaglie che si annunciano senza contare sulla forza cumulata di tutti i comitati.
Essere all’altezza della minaccia
Nel momento in cui scriviamo, l’annuncio del calendario prefettizio per quanto riguarda la realizzazione dell’aeroporto è ancora in sospeso. In ogni caso, le grandi tappe a venire per loro sono oggi più o meno chiare e per noi lo sono le prime prospettive di reazione.
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Impedire lo spostamento di specie animali e la compensazione.
Durante il periodo che ha preceduto di un anno le espulsioni, gli esperti della compagnia privata Biotope sono stati grassamente ricompensati da Vinci per repertoriare le specie presenti sulla ZAD. Si trattava di stimare e di mettere in cifre, secondo i loro criteri, il valore dei boschi di Nantes e di applicare delle quote di compensazione. Per ottenere il privilegio per devastare tutto, là dove viviamo, dovrebbero essere obbligati a espellere e “risistemare” dei tritoni crestati e altre specie “preziose”, spostare certi alberi morti che ospitano degli insetti, rifare qualche centinaio di metri di siepe, di praterie umide e scavare qualche decina di stagni. Logicamente, dovrebbero farlo nella regione qui intorno, su dei terreni comprati o affittati per questo. Ma, siccome nella loro logica tutto è compensabile, non conta dove lo faranno e in parte neanche come. Gli sarebbe anche possibile “rispettare” le loro quote operando all’altro angolo della Francia o addirittura all’estero.
Oltre la questione specifica dell’aeroporto di Notre Dame des Landes, si tratta di mettere in opera delle tecniche d’ingegneria ecologica, ampiamente sperimentali ed emblematiche del greenwashing moderno, che potrebbero servire da modello e di legittimazione di altri progetti di questo tipo. Per delle compagnie come Vinci, si tratta di comprarsi un diritto a inquinare e a distruggere. Imprese mercenarie come Biotope o Dervenn si occupano legittimare queste pratiche. La compensazione incarna una logica gestionale che intende poter parametrizzare e quantificare la totalità del vivente. Noi coltiviamo un rapporto completamente diverso ai boschi, alle macchie e ai sentieri, alle storie che li traversano e agli esseri viventi che abitano il nostro quotidiano. Questi legami sensibili e questi saper-fare, strumenti, armi e complici, risorse o ripari non si lasceranno spianare facilmente. Rifiutiamo assolutamente che le nostre vite siano incasellate e frazionate all’infinito nelle equazioni degli esperti secondo i principi neo-economici in vigore.
La messa in opera dello spostamento delle specie e della compensazione segnerebbe l’inizio dei lavori del futuro aeroporto. Devono teoricamente operare prima del 31 marzo per “rispettare i cicli biologici”. Impedirglielo vorrebbe quindi dire ritardare considerevolmente questa fase, necessaria e significativa per loro, dei lavori de l’aeroporto. Dei primi stagni scavati recentemente sono stati già ricoperti. In un testo comune (che si può leggere su zad.nadir.org) coloro che si oppongono all’aeroporto fanno un appello per venire a bloccare i lavori di compensazioni sul posto per chi può venire qui o a protestare con delle azioni adeguate davanti le sedi dei comuni del Partito Socialista, prefetture o uffici locali di Vinci. L’allerta sarà diffusa largamente in caso di lavori. Avviso a tenersi pronti.
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Sbarrare lo sbarramento stradale
I lavori dell’aeroporto dovranno cominciare anche per la costruzione dello sbarramento stradale, che dovrebbe servire e collegare le 4 piste Nantes-Rennes e Nantes-Saint-Nazaire per amplificare l’integrazione urbana. I due progetti, aeroporto e sbarramento stradale, sono congiunti, indissociabili e distruttori in entrambi i casi. L’uno potrà servire domani a giustificare la necessità di finire l’altro. Sul posto, siamo d’accordo quindi sulla necessità di reagire in massa appena si saranno installati i primi cantieri dello sbarramento, per esempio per la costruzione di uno svincolo lato est. Si comincia a discutere di un grande corteo per bloccare il cantiere e di un campeggio di resistenza lì accanto (per maggiori informazioni e di carte dettagliata per quanto riguarda i lavori futuri, vedi documenti disponibili su zad.nadir.org)
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In caso d’offensiva poliziesca e di seconda ondata di sgomberi, moltiplicare i fronti
In caso di nuova grande offensiva poliziesca, sono sempre validi gli appelli per le occupazioni dei comuni, prefetture e luoghi di potere ovunque in Francia. Ovviamente, l’arrivo di rinforzi e vettovaglie sulla zona, come nell’autunno 2012, sarà cruciale. Ispirandosi delle azioni dei contadini solidali durante le giornate solidali dei 23 e 24 novembre 2012, ci sembra inoltre possibile di lavorare a partire da oggi per un bloccaggio degli snodi stradali e dei flussi economici essenziali nella regione, che si potrebbe attivare il giorno x. Diverse opzioni sono possibili e organizzabili in anticipo in maniera decentralizzata: blocchi stradali a singhiozzo, operazioni lumaca4, picchetti, azioni in coordinazioni coi contadini locali… Questa prospettiva permetterebbe a quelle e quelli che non possono spostarsi sulla zad di manifestare efficacemente il loro sostegno e la loro collera, forzando la prefettura a operare su due fronti, e mettendo in difficoltà lo spostamento delle truppe, accentuando il contraccolpo economico de l’operazione e l’impatto diretto della solidarietà fuori dalla ZAD. Se siete un comitato vicino geograficamente, vi invitiamo quindi a partecipare al blocco della regione preparandolo in anticipo e coordinandovi su questo punto. Se siete più lontani, l’appello per occupare i luoghi del potere resta valido.
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Manifestazione del movimento a Nantes il 22 febbraio
Una grande manifestazione convocata da tutte le aree del movimento anti-aeroporto sarà organizzata a Nantes, il 22 febbraio poco prima dei due turni delle elezioni municipali. Che questa manifestazione arrivi in un contesto di resistenza a dei lavori già cominciati, sul posto o prima del loro inizio5, essa darà una nuova visibilità forte e di massa al movimento d’opposizione all’aeroporto. Nel momento in cui vorrebbero spostare le specie, si tratterà di un nuovo emergere della macchia al cuore della metropoli. Facciamo notare di sfuggita che i grandi nomi dei Verdi, si loquaci quando i proiettori puntavano su Notre Dames des landes, si mostrano ben più discreti nel momento delle negoziazioni sulle liste comuni col Partito Socialista per le municipali.
Ritorno al futuro
Adesso un po’ di storia recente…
Nell’autunno del 2012 il governo lanciava l’operazione Cesare e inviava 2000 poliziotti per sgomberare la ZAD di Notre Dames des Landes là dove Jean-Marc Ayrault6 et Vinci & co sognavano di costruire un futuro aeroporto. E invece, la resistenza sul posto – a gran colpi di barricate, lanci di oggetti, scalate d’alberi o di ricostruzione incessante di capanne – avrebbe fatto scoppiare un immenso movimento di solidarietà e delle azioni in tutta la Francia e oltre. Il 17 novembre, dopo un mese di sgomberi, 40 000 persone venivano a costruire, in un grande cantiere collettivo, uno spazio d’organizzazione e di vita sulla zad: la chat-teigne. Un villaggetto di legno in stile western fangoso, con delle palafitte e dei sentieri in pagliericcio, una cucina, una no-taverna, dei dormitori, una grande sale per le riunioni, un atelier e un’infermeria…
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Fine dell’occupazione militare e commissione di dialogo
Il 24 novembre 2012, dopo nuove giornate di scontri nella foresta di Rohanne dove gli/le occupanti erano raggiunte/i dagli abitanti dei paesi del circondario e sostenuti da blocchi stradali delle grandi arterie di circolazione con decine di trattori, ma anche da una manifestazione di 10 000 persone a Nantes, il governo decideva infine di fermare momentaneamente i costi dell’operazione. Lanciava, la sera stessa, una commissione di dialogo, non per eventualmente rimettere in questione il progetto, ma semplicemente per “spiegarlo meglio”. Un blocco degli sgomberi era decretato in attesa delle conclusioni della commissione. Ma il governo non avrebbe certo lasciato il terreno così e pensava di tenere viva la pressione attraverso un’occupazione militare degli incroci della zona. Durante 5 mesi, delle compagnie di celerini (gendarmes mobiles) si sono date il cambio di continuo per bloccare gli andirivieni, il trasporto di materiale, per controllare e operare degli arresti mirati. Si trattava di dividere la zona, di sperare di attizzare le tensioni interne e di rendere il nostro quotidiano invivibile isolandoci. La loro strategia è stata parzialmente neutralizzata dall’astuzia e la testardaggine di tutte/i quelli/e che hanno continuata a far passare per campi e in mezzo al fango ciò che era necessario, a infastidire i blocchi, a prenderli in giro o a evitarli per allentare la morsa. Durante tutto questo periodo, numerose nuove capanne e abitazioni si costruivano, barricate e fossati erano tenuti su alcuni accessi strategici, per esempio sulla d281, strada ancora oggi irta di posti di guardia, di costruzioni eteroclite e di chicanes7. L’11 aprile 2013, qualche giorno prima una nuova grande manifestazione con occupazione di campi, la commissione di dialogo rendeva il suo rapporto e condizionava la ripresa dei lavori a dei nuovi studi, per esempio per quanto riguarda le compensazioni ambientali o agricole. Dopo questo temporeggiare, la tattica dell’occupazione poliziesca – intenibile e costosa – e che marciva la vita nei dintorni, sempre più criticata, sarebbe finalmente finita. Il 15 aprile 2013, due giorni dopo una prima ritirata, i poliziotti hanno attaccato un incrocio occupato stavolta dagli alcuni abitanti della zad. Questo andirivieni ha causato dei nuovi scontri. Non hanno reinstallato i loro check-point da quel giorno.
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Una stagione con la condizionale?
Senza minacce di grandi operazioni di sgomberi nell’immediato, eravamo quindi all’inizio di una nuova fase della lotta. Per loro ovviamente non si trattava che di un ritardo, giusto il tempo per prendere in conto delle raccomandazioni delle diverse commissioni che avevano reso i rispettivi rapporti in aprile: contavano rivenire e finirla con la Zona da Difendere.
Sul posto, ci si accordava sul fatto che avremmo avuto torto ad abbassare la guardia e sull’idea che la mobilizzazione restava cruciale. Durante questi mesi di “respiro”, la zona s’è trovata dei nuovi ritmi e delle nuove modalità di lotta. Dei nuovi nodi e delle nuove ambizioni sono emerse:
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Dinamica “semina la tua zad” – creazione di diversi progetti agricoli, riflessioni circa la condivisione e la coltivazione di terre.
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Cantieri e riflessioni sulle strutture collettive e abitative della zad.
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Vigilanza permanente per non lasciar cominciare i lavori preliminari dell’aeroporto e del suo sbarramento stradale.
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Rinforzo dei legami tra le diverse componenti della lotta e con gli abitanti dei dintorni.
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Solidarietà con quelli e quelle che passeranno in processo nei prossimi mesi o che devono già subire ora delle pene.
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Sostegno ad altre zad come quelle di Avignone, partenza di carovane collettive per andar incontro a altri spazi di resistenza…
Visto che il progetto d’aeroporto sembrava parecchio indebolito, era d’altra parte necessario cominciare a immaginare e costruire cosa potrebbe diventare la zona in caso di “vittoria”. Resta grande il rischio che, in caso di abbandono, le leggi riprendano il sopravvento e si liberino delle persone, forme di vita, abitati e culture sovversive che oggi si esprimono con ricchezza. Diverse possibilità sono da temere: redistribuzione di terre a profitto di grossi agricoltori, campana di vetro sulla zad via la creazione di spazi tipo natura 2000, programma d’urbanizzazione o di sviluppo di zone commerciali peri-urbane… Per opporci abbiamo operato nei mesi scorsi per densificare legami e pratiche collettive che non saranno mai assimilabili a queste logiche.
Ecco una sintesi di alcuni pilastri importanti d’azione o di riflessione che hanno marcato questi ultimi mesi:
Durante questi mesi, l’impossibilità della prefettura nell’operare nella zona è stata sempre più evidente. Durante le diverse passeggiate sul tragitto previsto per lo sbarramento stradale, i picchetti da geometra sono stati strappati. A marzo 2013, in piena commissione di dialogo, dei pali dell’elettricità appena installati, sono stati fracassati a colpi di mazza da un centinaio di persone. Non stati più ripiantati da quel giorno.
In giugno 2013, Ago9 ha cercato di realizzare dei carotaggi per effettuare delle misure sulla nappa freatica con grandi rinforzi polizieschi. Questi carotaggi erano necessari per valutare le misure di compensazione. Dopo una settimana di laboriosi lavori d’installazione, i carotaggi sono stati sabotati in qualche ora con l’accordo della totalità del movimento che ha considerato che questi studi non avevano altro obiettivo che di legittimare il progetto dell’aeroporto.
La settimana successiva, la prefettura cercava di chiudere definitivamente alla circolazione la d281. Argomentando che questa strada sarebbe diventata troppo pericolosa e che dovrebbe in ogni caso scomparire con la costruzione dell’aeroporto, le autorità hanno inviato dei macchinari per bloccarne gli accessi con barriere di cemento. Duo giorni dopo, con l’aiuto dei trattori, la strada è stata riaperta. E lo è ancora.
Più di recente, degli/delle occupanti hanno individuato una ruspa che stava operando nella zona per scavare uno stagno dedicato alla “compensazione ecologica”. Dopo una piccola discussione col proprietario, quest’ultimo ha ricoperto da solo lo stagno in questione.
Se sul posto coloro che sostengono il progetto dell’aeroporto hanno in questo momento delle belle difficoltà per operare, l’intensità delle questioni interne e la fatica post-sgombero si sono manifestate in una difficoltà a uscire dalla zona. Di fatto, il movimento ha portato avanti poche nuove azioni offensive all’esterno dal momento degli sgomberi. Il ruolo dei comitati locali a questo livello è essenziale.
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Le dinamiche contadine: verso una comunizzazione delle terre e delle pratiche?
Nel 1972 nasceva l’ADECA, l’Associazione a difesa degli agricoltori toccati dall’aeroporto. Durante 40 anni gli agricoltori della ZAD, raggiunti nel 2000 dall’ACIPA (Association Citoyenne Intercommunale des Populations concernées par le projet d’Aéroport de Notre Dame des Landes) e da altre associazioni, hanno moltiplicato le azioni, gli studi, le informazioni pubbliche… In maggio del 2011, la fattoria del Sabot ha rappresentato il primo progetto di occupazione agricola, lanciato durante una grande manifestazione pubblica dal movimento d’occupazione della ZAD. Il Sabot avrebbe rapidamente instaurato un mercato per contribuire a nutrire gli abitanti dei dintorni, di questa lotta e di altre. In quel momento, restavano una decina di contadine/i storiche/i della zad che avevano fatto la scelta di restare e rifiutare le compensazioni. Espropriati/e, stavano diventando loro stessi degli/delle occupanti.
Nel 2011 parecchie organizzazioni agricole della regione si sono raggruppate per creare il COPAIN 44, animato da dei contadini che non hanno terre sulla zad ma che sono pronti a opporsi ferocemente al progetto d’aeroporto. Durante gli sgomberi e nei mesi seguenti, la “banda degli amici10” si è posizionata su tutti i fronti, dal Rosier alla Chat-teigne, e ha salvato dalla demolizione in extremis una fattoria, la “Bellevue”, spazio d’organizzazione e d’adunata sul posto. I loro “trattori vigilanti” sono diventati una leva cruciale della lotta.
Dal dicembre 2012 l’assemblea “semina la tua zad” che raggruppa contadini di COPAIN, della zad, occupanti e attori di comitati di sostegno, ha intrapreso una riflessione sulla gestione collettiva delle terre disponibili sulla zad ma anche sui mezzi e i fini d’una produzione agricola liberata dai mali dell’agricoltura intensiva e della loro corte d’istituzioni. Quest’assemblea ha permesso di far proseguire la complicità nata sulle barricate e cerca di definire le basi delle risposte sui conflitti e i rapporti di forza che può generare la questione delle terre e del loro uso… È un mezzo per cominciare a pensare a un futuro agricolo della zona e a delle forme di comunizzazione e di solidarietà durevoli.
La convocazione alla manifestazione “semina la tua zad” del 13 aprile 2013 è stata il frutto di questi incontri ricchi e intensi. Qualche mese dopo quest’azione collettiva, ci sono una decina di nuovi progetti agricoli, uno spazio comune di distribuzione dei raccolti e il “non-mercato” si svolge una volta a settimana sull’incrocio liberato (detto de “la Saulce”), occupato in permanenza dai celerini durante i 5 mesi precedenti. Altre iniziative che vengono da questa assemblea cercano di tenere insieme le differenti dinamiche agricole, a caricarle di senso comune.
Nella crescita di questa dimensione inspirante della lotta non sono mancati vivi dibattiti politici e pratici: difficoltà di coabitazione tra agricoltura convenzionale e voglia di liberarsi delle pratiche agro-chimiche o di lasciare alcune parti dei campi incolti, volontà di permettere ai contadini l’accesso alle terre e di tenere allo stesso tempo una protezione dei luoghi occupati, questionamenti critici circa l’allevamento e la caccia…
Queste controversie si sono spinte fino a degli scontri, ma dei contatti più cordiali si sono sviluppati poco a poco. Oggi degli spazi di coabitazione esistono senza occultare le differenti posizioni e le mutazioni possibili delle differenti pratiche. Alla fine dell’estate scorsa, l’avventura “semina la tua zad” continuava con qualche esempio (tra gli altri)
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l’esistenza d’un atelier per la produzione del formaggio alla fattoria di Bellevue
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la semina di legumi
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l’esprimento di lasciare incolti alcuni ettari
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la coltivazione d’ettari di grano panificabile per alimentare il forno collettivo
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la raccolta comune di 10 tonnellate di patate a partire dei differenti posti, con due cavalli e qualche decina di persone
Altri progetti legati alla produzione alimentare si sono sviluppati al di fuori della cornice di “semina la tua zad”, come ad esempio la produzione di spirulina in una serra che rinasce dalle sue ceneri, dopo un incendio volontario nel settembre scorso.
Inizio ottobre 2013, l’Adeca, Copain e Semina la tua zad hanno deciso di una nuova azione comune sui campi abbandonati da agro-vinci. L’obiettivo era di seminare 21 ettari in una giornata d’un mix di concime verde, piante da fieno e pane panificabile. L’ordinanza giudiziaria colossale ottenuta alla vigilia dell’azione da agro-vinci, che vietava ogni semina sulla zad, non ha minimamente impedito il balletto di trattori e la semina al volo, come d’altro canto la coltivazione di nuove aiuole per redensificare la macchia. A novembre è cominciata la realizzazione d’un arboreto, uno “sbarramento forestale” sul tracciato dello sbarramento stradale. Nelle prossime settimane s’annunciano la piantatura di frutteti, la creazione d’un gruppo che si occuperà di capre e pecore e un processo “risemina la tua zad” che ha come obiettivo organizzarsi meglio collettivamente per nutrire la zad e altri luoghi e amici.
Vivere sulla zad
Dopo la grande ondata di sgomberi, sono nate parecchie costruzioni, rinforzando in questa maniera il movimento d’occupazione. Si contano ormai più d’una sessantina di luoghi di vita e d’organizzazione collettiva – dalla “mjc” della Wardine dove sono organizzati concerti e discussioni fino alla capanna individuale passando per le piccole frazioni (no name, vraies rouges, Chateigne) e il villaggio aereo della stazione. Abbiamo anche visto emergere la cattedrale di pallet dei 100 nomi, il porto e la sua capanna galleggiante e oggi dominio reale di youpi youpi. Un certo numero di collettivi esterni, di Avigone, del limosino o di Rouen sono, quanto a loro, veniti a costruire le loro bicocche e palazzi, pied-à-terre sulla zona, spesso condivisi con degli occupanti più permanenti. I/le parigini/e del “transfo” hanno portato “La transfu”, un struttura in kit, diventato centro-medico e auto-media. Questi luoghi si sommano agli abitativi e fattorie ancora occupati dagli/dalle abitanti e dagli/dalle agricoltori/trici che hanno rifiutato di andarsene. Alcune case affittate e abitate si sono purtroppo svuotate questi ultimi mesi sotto la pressione di agro-vinci che le ha immediatamente vandalizzate: distruzione di scale, finestre, tubature… La questione per il movimento è stata ogni volta d’investirli il più rapidamente possibile prima che non siano completamente saccheggiate, di barricarle o di proteggerle con i trattori e di restaurarle. È quello che è successo ancora queste ultime settimane al mulino di Rohanne, ai Domini o alla Freuzière. Facciamo la stima che più di 200 persone vivono in permanenza nella zona, alle quali s’aggiungono numerosi solidali e amiche/i di passaggio e la sicurezza che centinaia d’altre/i potrebbero sbarcare alla minima allerta seria.
Per molti degli occupanti della zad, gli sgomberi sono stati un periodo pazzo e galvanizzante, ma anche un momento di distruzione, di perdita dei punti di riferimento e di sconvolgimento delle comunità esistenti. Nel tourbillon delle manifestazioni e delle chiamate a resistere, l’anno scorso è stata l’occasione d’un mucchio di nuovi arrivi sulla zad. Molti lo hanno costatato, ognuno alla sua maniera: c’è allo stesso tempo più gente e capanne sulla zad che prima degli sgomberi, una forza collettiva sperimentata nel faccia a faccia con l’operazione César, degli incontri magici e dei sogni, dei progetti per abitare e coltivare la zona sul lungo termine. C’è stato, allo stesso tempo, in certi momenti, la paura di una putrefazione, un sentimento di essere sparsi/e, delle brutte storie e delle tensioni covate che si sono potute, a volte, tradurre in tristi sussulti identitari e in certi dogmatismi ideologici, in violenze e pressioni da tutte le parti. I mesi delle espulsioni hanno anche portato l’arrivo, come rinforzi, di persone che si portavano dietro una rivolta profonda, a volte marginalizzate e instabili e che non si trattava di cacciar via, come è stato fatto ovunque.
I grandi cambiamenti degli ultimi mesi non si sono fatti senza frizioni tra vecchi, nuovi, solidali, vicini, contadini e gruppi di passaggio. Dei conflitti si sono potuti cristallizzare intorno a questioni di vicinato, di sessismo, di classe, d’uso d’alcool e altre droghe o di posizioni sulla lotta e sull’accesso alle strade della zad. Trovare delle forme di coabitazione e d’autogestione a grande scala, in una “zona di non-diritto” per lo Stato è uno dei nodi politici maggiori, allo stesso tempo passionante e arduo al quale fa fronte oggi il movimento: come non chiudere gli occhi sugli scazzi o fuggirli ma prenderli dirimpetto e tentare d’emanciparsi via via delle istituzioni repressive, che siano poliziesche, giudiziarie o psichiatriche? Anche altri tipi de peripezie sono venute ogni tanto ad intaccare il morale. Degli incendi hanno in effetti devastato delle strutture come il Bison Futé, mitica torre di guardia installata sulla d281, la zona coperta del mercato dell’incrocio liberato o la casa Sechèrie. È stata evitata per un pelo la distruzione d’una vecchia casa occupata verso l’incrocio delle Ardillières, dopo diversi appicchi con la benzina. Dopo una motivazione collettiva, dei lavori di assestamento e una messa in condizione, e di nuovo completamente abitabile ed è stata ribattezzata Phoenix… Questi ultimi oscuri attacchi, di cui presumiamo che almeno una parte sono stati lanciati da persone chiaramente ostili alla zad, hanno messo alla prova la tenacità del movimento. Alla fine, Phoenix e il non-mercato sono sempre lì.
Se il sostegno degli abitanti dei dintorni è stato impressionante durante gli sgomberi, la circolazione sulla dipartimentale d281, tra le altre, ha generato dei problemi. Certi residenti si sono esasperati/e dalle chicanes, rallentatori e discussioni non sempre tra le migliori. Degli/delle occupanti/e puntano il dito sugli/lle automobilisti/e ed affermano la loro volontà di conservare i dispositivi difensivi su questa strada in caso d’attacco. In risposta, alla fine dell’estate, è stata organizzata in un paesino al limite della zad una riunione con gli/le abitanti del posto. L’obiettivo era d’inctrarsi, di confrontarsi ai problemi reali e disinnescare le proiezioni fantasticate da un lato come dall’altro. È stata una risposta efficace alla volontà della prefettura di esagerare qualche episodio per provocare una degenerazione della situazione e giustificare un suo ritorno in forze. Nonostante la strategia della tensione montata dalle autorità, sembra che oggi parecchi dei litigi che potevano certe deteriorare il quotidiano e fragilizzare il movimento d’occupazione si sono calmati. Delle basi di dialogo e di solidarietà si rinforzano e l’alleanza ricca quanto improbabile tra nuovi arrivati/e, vecchi/e del posto e militanti/e di lunga data, tra associazioni e occupanti autonomi, anti-aeroporto e anti-capitalisti non è stata rotta. Questo fronte ben intrecciato non sar che lasciava il sentimento il sostegno costante e “Eravamo spesso divise/i tra l’i repari, al bisogno di riprendere piede o dià facile da spazzar via.
Come su ogni habitat traboccante di vita, come in ogni lotta che ha preso le sue radici, arrivando sulla zad esiste un tempo necessario per comprendere il tessuto locale, le persone i modi di funzionare. Se questa posizione esige senza dubbio una certa umiltà, è indispensabile dall’altro lato che i/le “vecchi/e” s’implichino nelle trasmissione di queste cose. Nel primo periodo post-sgomberi, le esigenze immediate legate alla ricostruzione dei ripari, al bisogno di riprendere piede o di risaldare i collettivi, hanno a volte prevalso sulla curiosità e il desiderio di scoperta. Eravamo spesso divise/i tra l’entusiasmo per il passaggio, il sostegno costante e il “piene-le-scatole” di un turismo militante che lasciava il sentimento d’essere sollecitate/i senza lasciare sempre dei legami durevoli. Del resto, è importante per molti/e di noi che la zad non si rinchiuda in un ghetto alternativo auto-centrato ma tiri la sua forza dalla porosità con il mondo e in ciò che la frizione sconvolge. Abitare insieme la zad non è soltanto una questione di numeri ma d’intelligenza collettiva, di circolazione e coordinamento tra i gruppi… di condivisione di storie e di sguardi diversi. Non c’è mai stata e non ci sarà mai un’entità “zadista”, “occupanti” “ o squatters” omogenea. Si può addirittura considerare come una sfida in sè il fatto di non rinchiudersi in questa rappresentazione, eliminare le barriere con i/le contadini/e e abitanti della zona diventate/i di fatto “squatters” e tuti gli altri che prendono parte al movimento.
Numerose strutture collettive si sono costruite o rinforzate: centro medico, radio pirata, gruppo automedia, ciclofficina, atelier di scrittura, di serigrafia… Il quotidiano è spesso punteggiato da cantieri più importanti (costruzione di stufe o muri in terra cotta, arrampicata o pulizia della strada) e l’accoglienza di meeting larghi (batukads, media liberi….). In questo inizio inverno, è previsto tra l’altro d’installare un hangar di stoccaggio per “semina la tua zad” sul sito della vecchia casa del Rosier o ancora di costruire un’eolica accanto all’empire state bulding dei 100 nomi. Ogni lunedi, la zad news, bollettino di scambio locale è distribuito nelle cassette delle lettere dei differenti luoghi di vita con i suoi annunci, info, agenda della settimana e spesso dei testi di riflessione interni. Durante tutti questi mesi, i “naturalisti in lotta” hanno, quanto a loro, moltiplicato il loro andirivieni sulla zona, realizzando un lavoro di contro-inchiesta quanto ai progetti di compensazione ecologica.
La vita sulla zad è stata anche attraversata dall’arrivo di eventi di massa, organizzati per esempio con l’acipa e i comitati locali. Se il movimento d’occupazione non si è veramente agganciato alla catena umana dell’11 maggio, durante il grande raduno del 3 e 4 agosto della gente di qui è venuta tenere stand e cucine, mentre altri privilegiavano l’installazione d’une festa alternativa a grandi bassi, su dei campi vicini.
Uno degli elementi strutturanti è la continuazione di assemblee larghe due volte al mese che uniscono da gennaio 2013 le differenti componenti del movimento per parlare delle strategie, delle prospettive ma anche del quotidiano. Cristallizzano la possibilità d’organizzarsi partendo da una realtà comunemente condivisa, quella d’abitare a più o meno lungo termine sulla zad e nei dintorni, ma anche di comporre con tutti/e quelli/e della regione o di altre parti che vogliono partecipare alla riflessione e che si mischiano alle voci che risuonano nell’hangar della Vache-qui-rit riscaldando l’atmosfera
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La chateigne
Nel dicembre 2012 è stato lanciato un appello perché comitati locali e collettivi si diano il cambio alla chat-teigne per apportare le loro esperienze, i loro immaginari e i loro strumenti; perché ci si arricchisca qui delle resistenze d’altrove e perché questi collettivi possano imparare dalla zad e impegnarcisi. Durante l’inverno e la primavera, numerosi gruppi hanno risposto a questa sfida e hanno formato dei convogli per venire passare insieme qualche giorno nella macchia…
Si sono incrociati, partendo dalla chat-teigne, dei cantieri elettricità e dei grandi giochi – delle passeggiate anti-tht11 intorno ai piloni o delle escursioni per andare a vedere il futuro tracciato dello sbarramento stradale e levare gioiosamente dei picchetti – costruzione di capanne, d’una cupola geodetica e addirittura d’una villa con un ossatura di legno o d’un castello in kit – racconti di orti collettivi, lotte dei contadini indonesiani e storie dei movimenti eco-radicali inglesi degli anni 90 – dinamiche femministe e cantieri tra donne – preparazione d’azioni, cortei e partenze collettive verso la zad d’Avignon – discussioni su ciò che sarebbe une “vittoria” o sui grandi progetti di sviluppo del territorio – delle mense di guerra e dei menu succulenti – degli atelier di maschere e di difesa delle barricate, di massaggi o di samba – non poche feste, dei canti (no)tav-erne e dei balli che fan crollare il pavimento… Tutto ciò a permesso d’incontrare dei gruppi di Lione, d’Alvernia, del Diois, di Digione, di Finistère, di Rennes, del nord-Nozay, di Millevaches, di Parigi… e altri campi d’azione: anti-carcerari, gas da argille, anti-specisti, media autonomi…
Questa esperienza forte e particolare dimostra come la resistenza di qui è sia arrivata a far eco con le speranze e le rivolte sparse un po’ ovunque. Inoltre, diversi comitati locali venuti alla chat-teigne hanno testimoniato del fatto che il tempo passato sulla zad ha rappresentato un momento prezioso per conoscersi in un’altra cornice, organizzarsi insieme e rivenire più forti a casa loro. A maggio, un nuovo appello è stato lanciato verso collettivi diversi e variati perché continuino a venir occupare regolarmente la chat-teigne. Questo nuovo appello, per il momento, non ha funzionato come il primo e la chat-teigne purtroppo è stata un po’ lasciato da sola. Bisogna costatare che, a parte le riunioni regolari che ci si tengono, le energie locali non bastano per far vivere pienamente questo luogo. Quindi approfittiamo di questa lettera per rilanciarlo. Che sia in periodo più clamo o in caso di risalita della tensione, abbiamo sempre bisogno di ciò che è portato dai gruppi che vengono da altrove.
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Davanti alla repressione
Affrontare la repressione era già una questione costante prima degli sgomberi e ha continuato a restare tale da quel momento. Dopo ogni arresto, il legal team ha fatto e continua a fare un lavoro di lungo corso, che sia comunicando con le persone arrestate, contattando degli avvocati, la famiglia o gli amici. Garantisce un legame con le persone che restano in prigione, un sostegno morale e a volte finanziario.
Durante il primo mese dell’operazione César nell’autunno del 2012, la prefettura, che sognava ancora d’uno sgombero a basso consumo, non ha cercato arresti e s’è accontentata di schedare, ferire gli oppositori e distruggere le case. Alla fine del mese di novembre, sono state arrestate le prime persone da sbirri infiltrati che li avevano incitati a scontrarsi con la polizia andando davanti alle barricate. A partir da quel momento, coerentemente con l’occupazione militare, gli arresti non si sono fermati, spesso rivolti verso gente nuova della zona. Questi avevano spesso delle magre conoscenze delle diverse procedure e raramente l’abitudine di difendersi davanti alla giustizia o di contare su degli appoggi collettivi. Arrivava spesso che il tono monti durante i tentativi di controllo agli incroci o che gli/le occupanti della zad rispondano alla pressione quotidiana con delle azioni di disturbo di gruppi di gendarmi, spesso al prezzo di feriti e di nuovi arresti. È da notare che prima degli sgomberi, la maggior parte degli abitanti della zad avevano preso l’abitudine di non dare i documenti durante i controlli o i fermi, che erano quindi spesso accompagnati da qualche ora di verifiche infruttuose.
Che abbiano attivamente partecipato o no, le persone arrestate durante i momenti di scontro si sono fatte processare per “violenza su pubblico ufficiale” “partecipazione ad un’adunata dopo l’ordine di disperdersi”, per dei “rifiuti di sottomettersi al prelievo segnaletico e/ o di DNA”, e regolarmente per “porto d’arma”. Le pene inflitte in quei casi si situano in maggioranza tra uno e tre mesi con la condizionale per le persone con fedina penale immacolata. Chi ha dei precedenti s’è in generale beccato tra i 2 e i 5 mesi di detenzione. Le persone arrestate che hanno rifiutato il processo per direttissima (cosa quasi sempre consigliata per lasciarsi la possibilità di condanne meno pesanti) hanno spesso subito delle misure preventive di svariati mesi fino al processo. Tutte le persone condannate per degli scontri con la polizia hanno ricevuto automaticamente un foglio di via per un perimetro vicino alla zad (o addirittura in tutto il dipartimento). Qualche amico contadino si è anche beccato multe o prigione con la condizionale per rifiuto d’obbedire o utilizzo d’arma contro le forze dell’ordine, l’arma in questione è un trattore. Numerosi processi si sono svolti per rifiuto di prelievo segnaletico o del DNA.
In tutto, 45 persone attive in questa lotta si sono fatte processare a Nantes o a Saint Nazaire tra ottobre 2012 e giugno 2013. 5 compagni/e sono stati rilasciati durante il processo, e per altri 3 sono stati abbandonati alcuni capi d’imputazione. D’altra parte, dall’inizio dell’anno, il numero di processi legati ad azioni di solidarietà con la lotta, ma che hanno avuto luogo fuori dalla zad, ha continuato ad aumentare. Ci sono stati più di una ventina di fermi (Parigi, Aveyron, Bretagna). Le convocazioni in commissariato per delle azioni che avevano avuto luogo mesi prima (soprattutto dei pedaggi autostradali gratuiti) continuano a moltiplicarsi. Parecchie persone hanno rifiutato di rendersi alle convocazioni senza che ci siano conseguenze e per il momento le convocazioni non sono sfociate su dei processi. Si può quindi considerare che, per quanto riguarda i pedaggi gratuiti per esempio, si è trattato di mettere la pressione su certi protagonisti d’una pratica che si sta diffondendo, senza che Vinci o le autorità osino, in questo contesto, spingersi più lontano. Si può imputare questo risultato al movimento in senso largo e al rapporto di forza abbastanza consistente da fragilizzare in certi momenti le velleità repressive. Comunque non è impossibile che arrivino altre convocazioni legate a dei fatti di qualche mese fa, o delle perquisizioni a domicilio.
Recentemente, una persona sorpresa a recuperare del cibo nei cestini d’un supermercato è stata arrestata e incarcerata perché era già ricercata per altri fatti. È stato anche il caso di un’altra persona arrestata durante un corteo contro un gruppo omofobo a Nantes. Due persone arrestate senza testimoni sono ancora in prigione e sembrerebbe che almeno una sia stata arrestata sulla zad.
Durante gli ultimi mesi, sono state iniziate numerose iniziative contro la repressione: cortei, feste in strada, blocco di un ponte a Saint-Nazaire prima d’un processo, presenze e pic-nic rumorosi davanti e dentro i tribunali. Due o tre cortei selvaggi hanno finito la loro corsa sotto i muri del carcere per fare dei colloqui all’aria aperta e una notte dei trattori hanno presidiato il commissariato. Una campagna contro la schedatura del DNA è appena stata lanciata. Sono stati raccolti soldi per pagare le multe e le spese dei processi. Ne serviranno di più (per assegni e doni, inviare all’associazione “vivre sans aérport” : la primaudière 44130 Notre dame des Landes). Sostenere tutti gli indagati è primordiale per un movimento che vuole iscriversi nel lungo termine e non lasciare nessuno indietro. Ancora di più sapendo che ci possiamo aspettare che sia ancora peggio se verranno di nuovo in forze. Resta molto da fare per rinforzare questo aspetto e creare la fiducia necessaria per far fronte agli anti-aeroporto.
Come conclusione, bravi/e, grazie, e ciao a tutti coloro che hanno lanciato azioni di solidarietà, che sono passati/e qui, che si sono ispirate/i da ciò che è successo sulla zad per organizzare altre resistenze e che ci hanno ispirato a noi. Contiamo su di voi per farcela con noi in questo anno di lotta che sarà senza dubbio decisivo, e speriamo che le dinamiche di qui continuino altrove. A presto…
Degli/delle occupanti della zad – contactzad@riseup.net
1 In italiano Zona Da Difendere, la zona occupata dai compagni contro la costruzione del nuovo mega-aeroporto di Nantes
2 Vinci è la principale società responsabile della costruzione dell’aeroporto. È anche la società che gestisce tutte le autostrada in Francia
3 Il « Barreau routier » è una superstrada che dovrebbe essere costruita per permettere l’accesso all’aeroporto
4 Azione di rallentamento stradale
5 Al momento, la prefettura non ha rilanciato nessuna operazione di sgombero (NdT)
6 Ministro dell’interno francese e ex-sindaco di Nantes, si tratta di uno dei più grandi sostegni politici al progetto dell’aeroporto.
7 Degli ostacoli per rallentare i veicoli sulle strade
8 Intraducibile, gioco di parole sull’espressione « a la masse » che vuol dire sia « fatto male » che « a colpi di mazza » (NdT)
9 Un’altra impresa attiva nella costruzione dell’aeroporto
10 Copain = amico
11 Il movimento anti-THT (Très Haute Tension) si oppone da anni all’installazione dei piloni che portano elettricità ad altissima tensione che proviene, tra l’altro, delle centrali nucleari
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