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Andalusia: centinaia di operai si riappropriano delle terre consegnate alla speculazione


“Quando siamo arrivati a Somonte per occupare le terre, era una mattina, molto presto , all’alba,ricorda Javier Ballestero, operaio agricolo andaluso. Sono stato sorpreso dal silenzio. Non c’erano uccelli su queste terre! Nessuna vita! Niente! ” Questo era quasi un anno fa, il 4 marzo 2012. 500 braccianti, residenti nei villaggi vicini e dei cittadini solidali venuti da tutta la regione hanno cominciato ad occupare la “finca”, (fattoria in spagnolo), di Somonte. L’indomani, la proprietà che appartiene al governo autonomo regionale, doveva essere venduta all’asta, molto certamente ad uno dei potenti proprietari terrieri della zona che l’avrebbe acquistata ad un prezzo vantaggioso.

 

Il SOC-SAT [1], sindacato d’operai agricoli che ha organizzato l’occupazione, è abituato alle lotte fondiarie. È lui che ha condotto tutte le lotte storiche dei braccianti agricoli andalusi dagli anni 70. Ma le occupazioni di terra non partono da oggi. Nel 1936, si erano moltiplicate. Javier evoca la feroce repressione che ne seguì all’epoca della vittoria di Franco. Un potente proprietario terriero fece assassinare 350 operai agricoli a Palma del Rio, il villaggio vicino a Somonte. La maggior parte delle terre adiacenti la “finca” appartiene ai discendenti di questo uomo.

 

“La terra vi appartiene . Riprendetela! »

 

In questa mattina invernale, una trentina di persone si raduna intorno ad un braciere, installato davanti alla piccola cucina della “finca”. Due uomini riparano un vecchio trattore Fiat sul quale è fissata una bandiera andalusa che porta la sigla SOC-SAT. Quando il trattore parte, dei responsabili del luogo ripartiscono i compiti tra gli occupanti ed i visitatori solidali, secondo le decisioni prese la sera prima in assemblea generale. Un gruppo andrà a diserbare il campo di cipolle, in cui le piante sono appena state messe a dimora. Un altro raccoglierà i peperoncini, i Piquillo, la varietà locale, rosso sangue, che saranno poi messi a seccare a grappoli. Il terzo gruppo preparerà il pasto collettivo della metà-giornata.

 

Una decina di militanti portoghesi di estrema sinistra, in visita, ed alcuni attivisti francesi e spagnoli, di passaggio o soggiornando a Somonte, si dirigono verso il capannone in cui è depositato il materiale agricolo. Dipinto sull’edificio, uno slogan ricorda le sfide dell’occupazione: “Andalusi, non emigrate. Combattete! La terra vi appartiene . Riprendetelà! ” Al passaggio, i lavoratori mattinieri incrociano una pattuglia della Guardia civile, venuta per segnare, come ogni giorno, i numeri delle targhe delle automobili in sosta nel parcheggio della fattoria. Si sentono allora le prese in giro, a voce bassa. I guardias rimangono indifferenti. Non scendono mai dalle loro macchine. Notano e ripartono.

 

Sviluppare un’agricoltura biologica contadina

 

Vicino al capannone, sotto gli sguardi complici di Malcolm-X, Zapata e Geronimo, immortalati da un artista su un muro, Javier ed il suo collega Pepe distribuiscono sarchi e zappe, poi accompagnano i compagni fino al campo di cipolle. I viali sono interminabili. Consigliati dai due uomini, gli attivisti si curvano e si accovacciano. Le erbe resistono, lacerano le dita. Una mano strappa inavvertitamente una pianta di cipolla. Un piede ne schiaccia un altra. Difficile improvvisarsi contadino. Quelli che hanno l’abitudine avanzano in fila. Gli altri tentano di applicarsi, si siedono, raddrizzano la schiena…. Le conversazioni sono allegre. Si sentono canti rivoluzionari , sempre all’unisono.

 

Piano piano, la nebbia si alza. Appare più in giù la pianura del fiume Guadalquivir che si estende a perdita d’occhio in questa parte della provincia di Cordova. Una terra rasa, ondulante, senza un albero, senza una siepe. Questa stessa terra esausta sulla quale in estate, sotto un calore ardente, cresceranno grano o girasoli. I braccianti, che occupano i 400 ettari di Somonte, hanno deciso di abbandonare queste pratiche agricole intensive. “Da quando siamo qui, gli uccelli sono tornati e la vita anche, confida Javier. L’uomo appartiene alla terra. Dobbiamo rispettarla e dobbiamo sorvegliarla. È per ciò che qui faremo dell’agricoltura biologica contadina. ” Per sviluppare un’agricoltura in rottura col modello dominante, i contadini andalusi fanno appello alla loro sensibilità ed alla loro memoria, ravvivata dai loro genitori o i loro nonni.

 

Contro una ripartizione “feudale” delle terre

 

Come la maggior parte dei 25 occupanti permanenti della finca, Lola Alvarez si definisce come “bracciante agricola, da sempre”, e fiera di esserlo. Ci ricorda che le prime piantine di pomodori piantati nel giardino di Somonte provengono da semi molto vecchi, portati da suo padre di 84 anni. “Appena abbiamo occupato Somonte, molte persone anziane sono venute per portarci dei semi di peperoncini, di cipolle, di lattughe…. Tutti i semi tradizionali, che avevano ereditato dai loro genitori e che avevano conservato e protetto preziosamente anno dopo anno. ” Gli occupanti hanno anche ricevuto dei semi della rete andalusi Semences e della cooperativa francese Longo Maï. Somonte sarà libero da semi geneticamente modificati e dai pesticidi. “Siamo stanchi di vedere quelli che speculano con la terra speculare anche con i prodotti chimici, con i semi e con l’acqua. Sarà difficile mettere i 400 ettari in agricoltura biologica ma lo faremo”, spiega semplicemente Lola.

 

Gli occupanti hanno anche deciso di porre fine all’ingiusta e scandalosa ripartizione feudale delle terre in Spagna, secondo la quale la duchessa d’Alba possiede ancora 30 000 ettari di terre ed il duca del Infantado, 17 000. Più del 60% delle più ricche terre del paese sono tra le mani di un pugno di potenti famiglie che speculano con queste terre e percepiscono la maggior parte degli aiuti agricoli [2]. “La terra non appartiene a nessuno. Non è una merce, dice Lola. Deve essere nelle mani di quelle e quelli che la lavorano. L’occupiamo per nutrire le nostre famiglie e vivere dignitosamente. »

 

Javier Ballestero, nato in una famiglia contadina anarchica, rivendica ancora questa tradizione. “I mezzi di produzione devono essere al servizio del popolo. Per coltivare sanamente, non abbiamo bisogno di un padrone che ci sfrutta e ci ruba. Vogliamo decidere noi stessi del nostro futuro. ” Negli anni 80, per iniziare una riforma agraria, il governo autonomo andaluso, (diretto dal Partito socialista operaio spagnolo, PSOE) aveva acquistato parecchie decine di migliaia di ettari ai grandi proprietari terrieri. Li aveva pagati grassamente, affinché non ci fossero troppi scontenti. Ma non aveva ridistribuito le terre. L’obiettivo era soprattutto quello di disattivare un vasto movimento di occupazioni di terre organizzato dal SOC che richiedeva allora delle espropriazioni senza indennizzo.

 

Diritto d’ uso

 

Una parte di queste terre è allora affittata a delle cooperative di piccoli contadini. Ma la grande maggioranza rimane sotto la responsabilità dell’istituto andaluso della Riforma agraria (IARA), ed è dedicata sia alle culture intensive, sia a dei vaghi progetti destinati alla ricerca, finanziatori d’importanti sovvenzioni europee. Alcuni ettari della finca Somonte servivano così da campi di sperimentazione alle culture destinate alla produzione di agro-carburanti. Oggi, i socialisti sono sempre alla testa del governo autonomo. Siccome le casse sono vuote, 22 000 ettari di terre, che appartengono all’IARA, sono stati messi in vendita all’asta nel 2011. Più della metà è stata venduta.

 

“Il SOC ha condotto delle occupazioni molto dure negli anni 80. Hanno particolarmente permesso la creazione della cooperativa El Humoso , nel villaggio di Marinaleda, su 1 200 ettari espropriati alla duchessa d’Alba”, commenta Lola Alvarez. “Erano anni che conducevamo solo occupazioni simboliche per tentare di piegare la politica del governo. Ma quando abbiamo visto che le terre gestite dal governo andaluso tornavano tra le mani dagli speculatori, abbiamo deciso di riprendere le occupazioni effettive. ” Dall’occupazione, la vendita delle terre è stata sospesa. Ma gli occupanti non vogliono diventare proprietari di Somonte. Chiedono solo un semplice diritto d’ uso. Ricordando che da 20 anni, questi 400 ettari non hanno nutrito nessuno.

 

Somonte, simbolo di una lotta popolare

 

L’Andalusia conosce attualmente un tasso di disoccupazione record del 34% che arriva fino al 63% nei giovani di meno di 25 anni [3]. Numerosi Andalusi, partiti per lavorare come operai edili in altre regioni della Spagna, ritornano oggi a casa e propongono la loro forza lavoro su un mercato agricolo andaluso già saturo ed in crisi. Con la meccanizzazione ad oltranza ed i cattivi raccolti delle arance e delle olive, è oramai impossibile per i 400 000 operai agricoli della regione effettuare le 35 giornate di lavoro annue necessarie per beneficiare di un sussidio mensile di 400 euro.

 

Alla fine del 2012, il parlamento andaluso ha chiesto che il numero di giornate di lavoro necessarie fosse ridotto. In vano. Questa crisi sociale non allarma i grandi proprietari terrieri che approfittano della situazione per mettere in concorrenza i braccianti andalusi con la manodopera immigrata, molto meno pagata. Il SOC-SAT riunisce degli operai agricoli di tutti gli orizzonti ed organizza regolarmente degli scioperi per difendere i loro diritti. Denuncia anche le ingiustizie sociali, organizzando nei supermercati delle operazioni di recupero di prodotti alimentari di base, distribuiti poi nelle mense di quartieri poveri.

 

 

Durante l’estate 2012, delle marce operaie hanno percorso tutte le province andalouse per denunciare le misure di austerità. Una grande fattoria, di proprietà dell’esercito, lasciata all’abbandono, è stata brevemente occupata . Questo contesto sociale e politico teso, e tutte queste lotte, fanno oggi di Somonte un simbolo molto popolare della capacità degli operai a prendere in mano il loro destino. L’alimentazione è il cuore delle lotte.

 

Nutrire migliaia di famiglie della regione

 

Piano piano, col sostegno degli anziani, di ingegneri agronomi, di organizzazioni locali e di reti di solidarietà internazionale, il progetto agricolo di Somonte prende corpo. Tre ettari di verdure sono stati già messi in cultura per l’autoconsumazione, la vendita sui mercati locali o in una cooperativa di consumatori di Cordova. Parecchie decine di ettari saranno dedicati alle culture orticole. Quaranta ettari saranno riservati alle grandi culture in rotazione con in particolare del grano biologico. Gli occupanti di Somonte hanno intenzione di piantare quasi 1 500 alberi di varietà locali, di sviluppare dei frutteti di albicocchi, di ciliegi, di mandorli, di creare un oliveto, di impiantare delle siepi,.

 

Nel dicembre 2012, quasi 700 alberi sono stati piantati. L’acqua sana sarà ricuperata grazie a dei pozzi ed ad una protezione dei piccoli corsi d’acqua. Gli occupanti vogliono riunire velocemente un gregge di almeno 300 pecore. Una grande parte della produzione agricola della finca sarà trasformata nei laboratori sul posto. Il progetto agro-ecologico e sociale di Somonte, organizzato sotto forma di cooperativa di lavoratori, potrà dare lavoro a parecchie centinaia di persone e permettere alle migliaia di famiglie della regione di nutrirsi.

 

Occupare le terre, gli alloggi e le banche

 

La situazione di Somonte è oggi sospesa a causa della situazione politica in Andalusia. Il nuovo parlamento autonomo eletto all’inizio 2012 è per la maggioranza a sinistra. Ciò non ha impedito il Partito socialista di fare espellere gli occupanti di Somonte, il 26 aprile 2012, il giorno stesso in cui firmava un accordo con la Sinistra Unita. La mattina del 27 , la finca era di nuovo occupata. Da allora nessuna minaccia di espulsione è stata formulata , ma i negoziati sono ad un punto morto.

 

“Se ci espellono 20 volte, occuperemo 21 volte! “, ironizza Lola. “Non abbiamo scelta. Il governo non sa come reagire. E noi, durante questo tempo, mostriamo che un’altra via è possibile. Diciamo che bisogna occupare le terre per avere un lavoro e per vivere. Ma bisogna occupare anche gli alloggi per dare un tetto alle famiglie. Ed occorre occupare le banche per denunciare gli aiuti finanziari che i nostri governi portano loro pure facendo pagare i più poveri. Bisogna occupare! Ecco la soluzione. »( di Philippe BAQUÉ, 28 Febbraio 2013)

Testo e foto: Philippe Baqué

 

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Note

[1] il SOC-SAT è il Sindacato degli operai agricoli (SOC). Nel 2007, è stato ribattezzato, sindacato dei lavoratori andalusi (SAT).

[2] vedere “Andalusia: la terra contro la crisi”, Jean Duflot, Arcipelago, giornale del Foro civico europeo di giugno 2012.

[3] vedere “Un Robin des bois en Andalousie “, Sandrine Morel, Le Monde, il 29 agosto 2012.

 

 

Fonte: http://www.bastamag.net/article2955.html

Traduzione: Global info Action

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