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Anomalia è…un tetto per studenti e precari

Sin dall’inizio, nel Novembre 2009, era chiara la volontà del gruppo di studenti e precari che avevano occupato l’ex consorzio agrario, oggi Anomalia, di destinarne gli spazi alla trasformazione di sogni e bisogni in realtà, e di farlo da subito. 

 

In quest’ottica subito partirono i lavori per realizzare presso l’ultimo piano dello spazio appena occupato, un vero e proprio studentato autogestito e gratuito, così da garantire, a decine di studenti, uno spazio liberato dall’oppressione del continuo aumento degli affitti e un’alternativa alle politiche d’austerity che gravitano sul tema del diritto allo studio. Tutto ciò si concretizza con la totale assenza di servizi e l’impossibilità di ottenere alloggi economicamente sostenibili. Una situazione che si verifica per la mancanza, strutturale e funzionale ai meccanismi di regolamentazione delle vite da parte della governance cittadina legata alla speculazione immobiliare, di posti letto.

Venti stanze e una grande sala comune, le cucine e la lavanderia costituiscono la grande scommessa di Anomalia cioè rispondere alla crisi riappropriandosi di redditto e servizi, occupando e autogestendo luoghi e tempi. Un intero piano indipendente dal resto dell’edificio dedicato all’abitativo, messo a disposizione di tutti gli studenti e i precari che non potrebbero permettersi la prosecuzione della carriera universitaria a causa del caro-casa, e che in questo modo, hanno la possibilità di, almeno provare, a costruirsi un futuro.

Tutto ciò utilizzando una risorsa abbandonata al degrado da vent’anni in attesa dell’occasione per una maxi operazione di speculazione edilizia. Investendo in essa una quantità di lavoro incalcolabile, che ha visto centinaia di studenti imbracciare pale e pennelli per rimettere a nuovo l’edificio, e che supera di gran lunga il valore delle decina di migliaia di euro utilizzate per acquistare i materiali necessari ai lavori e a loro volta racimolate attraverso un’intensa attività di autofinanziamento.

Energie spese al riparo da qualsiasi possibilità di ingabbiarle in meccanismi di alienazione ed espropriazione, e tutte indirizzate alla costruzione di un nuovo welfare. Un welfare autonomo che trasforma il «noi la crisi non la paghiamo» urlato nelle piazze in progettualità reale: capace al contempo di strappare alla valorizzazione finanziaria e alla speculazione edilizia uno stabile abbandonato, e di immaginare, qui ed ora, modi di socialità altra e viva.

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