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Basta furti sulla cassa integrazione: reddito per tutti!

Pisa – «Navighiamo a vista» , è questo il commento che esce dalla bocca della direttrice dell’Inps di Pisa, di fronte alla richiesta di precari e disoccupati, sul futuro delle risorse da destinare agli ammortizzatori sociali.

Stamattina infatti decine di militanti dei vari progetti di riappropriazione sociale hanno deciso di scendere in piazza per protestare contro i tagli fatti nei confronti dei residui di welfare, rivendicando reddito, e mettendo in campo ripetuti blocchi stradali. Una parola d’ordine che prende atto della volontà in cui la classe politica ed economica che governa sta trascinando la maggioranza della popolazione: privilegi e rendite per i soliti, miseria per molti. L’ultimo provvedimento del governo sulla pignorabilità dell’intero salario, per far fronte alla liquidità necessarie a far ingrassare banche e capitalisti, indica con precisione quale sia oggi la direzione dei processi sociali imposti dall’alto. Parlare di reddito quindi equivale a parlare di conflitti e di lotte, per ottenere ciò che quotidianamente ci viene espropriato.

In questo contesto si inserisce la fine delle risorse della cassa integrazione in deroga: da una settimana le regioni hanno smesso di accettare le richieste che le migliaia di aziende fanno per poter far accedere i propri dipendenti a questo ammortizzatore sociale. Servirebbero nuove e straordinarie risorse (almeno 1 miliardo a livello nazionale e 60 milioni in Toscana) per coprire tutto il 2013, in considerazione anche della triplicazione delle domande pervenute nei primi 3 mesi di quest’anno. La legge di stabilità per il 2013, infatti, ha tagliato drasticamente i soldi da destinarvi. Ad esempio la Regione Toscana ha deciso di procedere al blocco unilaterale delle autorizzazioni delle domande pervenute dopo il 30 Gennaio senza alcuna preventiva comunicazione alle organizzazioni sindacali.

Quello che succede è che per lo Stato, tramite i suoi istituti di previdenza e gli enti regionali e locali, non è più possibile sostenere il reddito di chi ancora ha un lavoro ma opera in un’impresa in crisi, e neppure per chi è già stato licenziato.

Una situazione che ripropone con forza la questione sociale, che dopo essere stata agitata da alcune forze politiche in campagna elettorale, continua ad essere interpretata nel segno del taglio, della privatizzazione e dell’indebitamento. Le esperienze di occupazione che si sono susseguite in questi ultimi giorni, a partire dalla casa, dalle mobilitazione tra i precari e gli operai contro licenziamenti, degli spazi di formazione e socialità, rimettono nel giusto verso il tema del reddito.

La drastica emergenza sociale che si sta verificando con l’esaurirsi della cassa integrazione in deroga, che preannuncia centinaia di migliaia di disoccupati, è il compimento di un processo di rapina dei diritti sociali e di trasformazione del welfare, da fonte di redistribuzione della ricchezza -frutto del compromesso tra lotte operaie ed industriali – a vera e propria agenzia di esclusione sociale di massa. Essere disoccupato, apprendista, lavoratore interinale, studente; veder rovesciata la crisi dell’azienda in cui si lavora INTERAMENTE su chi produce e mai su chi mantiene i profitti, e non poter accedere a nessuna forma di sostegno, rende la situazione esplosiva. Reddito quindi è la parola d’ordine di quanti vogliono rimettere in discussione questo sistema, tagliando le rendite ed i privilegi, spazzando via interessi e speculazioni, rifiutando di pagare i debiti prodotti dall’arricchimento di una oligarchia finanziaria. 

Il definanziamento pubblico e il taglio alla spesa sociale sembra avere come unico sbocco istituzionale, l’applicazione di veri e propri dispositivi d’indebitamento: sono tanti i precari e licenziati che in assenza di reddito ricorrono a prestiti, con finanziarie e banche, che perseguono l’insolvenza con pignoramenti e vere e proprie persecuzioni.

Di recente anche le istituzioni ricorrono, progressivamente, a queste formule, introducendo tramite microcredito l’accesso a prestiti agevolati. In alcuni casi, per sopperire all’assenza di disponibilità immediata di risorse degli enti previdenziali, lavoratori di aziende in crisi sono costretti ad aprirsi dei conti correnti presso quegli istituti bancari che hanno stipulato convenzioni con Sindacati ed enti locali, anticipano l’importo della cassa integrazione al lavoratore, per un tempo di 6 mesi. Al termine di questo tempo però le banche se non riceveranno dall’INPS i soldi con gli interessi richiesti, si rifaranno direttamente sul lavoratore, i suoi beni, i suoi redditi.

La protesta di fronte all’INPS ha visto come al solito l’ingente schieramento d carabinieri in antisommossa, circa 40 unità, a dimostrazione che l’unica prospettiva di governabilità di un paese schiavo del fiscal compact e dei patti di stabilità è quella di una pacificazione imposta, volente o nolente, contro ogni aspettativa di vita dignitosa.

“Reddito per tutti”, a partite dal creare disagio a chi vuole coscientemente ridurci in povertà, dall’aggregazione e dal protagonismo di quanti vivono il rapporto con il lavoro ed gli ammortizzatori sociali individualmente, rischiando di sprofondare nella disperazione o nell’angoscia.

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