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Bologna, riders di Just Eat in sciopero e mobilitazione

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Decine di riders di JustEat hanno scioperato ieri sera a Bologna contro le condizioni di lavoro e lo sfruttamento che fanno parte del loro mestiere. “Questo non è un lavoro divertente!”, hanno ripetuto e urlato durante una biciclettata che ha attraversato le principali vie del centro.

L’iniziativa è stata pensata in parallelo allo sciopero, ed al fine di comunicare ciò che vuol dire essere impiegato nel settore del food delivery oggi. Radunatisi in Piazza Nettuno, raggiunti da riders di altre compagnie e da collettivi solidali come Social Log, i lavoratori e le lavoratrici hanno segnalato durante il tragitto in bici anche diversi locali dove il rispetto nei confronti dei riders da parte dei gestori è minimo.

In punti diversi del centro cittadino come via del Pratello, le Due Torri e piazza Nettuno i riders hanno poi letto la lettera di rivendicazioni inviata alle cooperative che assumono per Just Eat, che riportiamo in calce per meglio fare capire le ragioni dello sciopero. Nei prossimi giorni e settimane, in mancanza di risposte alla lettera, la mobilitazione proseguirà!

Il testo della lettera:

Spett.le Foodpony S.r.l.
Via Perugia 60 10152 Torino
Alla cortese attenzione dell’Amministratore Marco Actis
del Direttore operativo Paola Lombardi

Siamo i lavoratori e le lavoratrici di Foodpony nella città di Bologna, meglio conosciuti come i “Riders di Just Eat” e siamo stanchi delle condizioni in cui ogni sera, ogni giorno, lavoriamo per consegnare pasti di ogni sorta che, pagati caro dalle sempre più crescenti persone che utilizzano il food-delivery, fruttano a questa azienda ed alla sua cooperativa partner profitti annui da migliaia e migliaia di euro.

Con la presente lettera chiediamo a Foodpony s.r.l. e ai nostri responsabili di aprire con noi uno spazio di confronto e dialogo, per discutere le nostre condizioni di lavoro. Molti di noi hanno visto modificarsi, in peggio, anno dopo anno le condizioni di lavoro che ci riguardano, all’interno di un contratto che non offre tutele di alcun tipo e anzi lascia spazio a diverse forme di sfruttamento nei nostri confronti, che sono sempre in equilibrio su un sottilissimo filo di legalità in quanto questa è la condizione alla base del nostro lavoro: non esiste una legge a riguardo e la nostra figura lavorativa non è inquadrata come contratto nazionale in nessun ambito del lavoro.

Pretendiamo che le disposizioni in merito alla tutela dei nostri diritti siano calibrate in base alle esigenze che, come lavoratori del food-delivery, abbiamo e da anni esprimiamo sotto forma di richiesta ai nostri preposti o delegati aziendali in ogni città. Il nostro, a differenza di quello che Just Eat propone e pubblicizza sul suo sito e su diverse piattaforme online, NON è UN LAVORO DIVERTENTE.

Sfrecciamo nel traffico rischiando, come purtroppo a volte continua a succedere, di avere incidenti stradali e infortuni, anche mortali (ricordiamo tristemente la recente morte di un fattorino bolognese durante una consegna, brutalmente investito da una volante di polizia); per non parlare dei danni che spesso riscontriamo sui nostri veicoli lavorativi (che a loro volta sono i nostri mezzi di trasporto personali!), che non vengono mai risarciti dall’azienda e che quindi ricadono sulle nostre spalle, come se non avessimo già un salario sufficientemente basso a renderci difficoltoso il mantenimento, per chi ha solo questo lavoro come forma di mantenimento, o l’arrotondamento, per chi invece ha questo come secondo lavoro.

Le nostre sono richieste chiare, che partono proprio da una scorretta applicazione delle regole contenute all’interno del contratto che ci viene somministrato ed alle quali non siamo più disposti e disposte a sottostare. Per questo noi vogliamo:

– anzitutto l’avvio REALE di un provvedimento che normalizzi, in base alle nostre esigenze (e non a quelle delle ricche aziende), le disposizioni contrattuali e l’inquadramento a livello nazionale del nostro contratto di lavoro;

– da parte della nostra azienda, la possibilità di scelta da parte del lavoratore/ lavoratrice tra un contratto subordinato a tempo indeterminato (tempo pieno o tempo parziale) e un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) con una durata minima di 9 mesi.

– abolizione totale della reperibilità e garanzia di avere orari di inizio turno prestabiliti, con una durata minima del turno di quattro ore per la cena e 2 ore e mezza per il pranzo, equamente retribuiti nella loro integrità e non a partire dalla prima consegna;

– l’aumento del compenso orario da 6,50 uro all’ora netti a 7,50 euro all’ora netti, per un valore dignitoso della nostra fatica (lavoriamo con condizioni meteo di ogni tipo) e dei rischi che corriamo;

– un indennità mensile per l’uso del mezzo proprio o la fornitura di mezzi aziendali, all’altezza per qualità di un lavoro che si svolge ogni giorno e nelle ore di punta del traffico;

– un maggior rimborso chilometrico, conteggiato precisamente, devoluto ai lavoratori e alle lavoratrici che utilizzano mezzi motorizzati (moto e scooter), pagando i rifornimenti di carburante di tasca propria;

– una copertura assicurativa totale, dotata di una polizza che preveda il complessivo rimborso dei danni subiti a sé stessi ed al proprio mezzo (bicicletta o scooter) in caso si incidenti o infortuni avuti durante il turno di lavoro;

– un fondo-cassa messo a disposizione dall’azienda: è inaccettabile dover utilizzare un proprio fondo monetario per pagare gli ordini, che possono arrivare anche fino a 100€, rischiando di smarrirli o di essere rapinati (come talvolta è successo).

Attendiamo una risposta concreta da parte della società al fine di aprire un canale di confronto, per mezzo di un tavolo di discussione tra lavoratori e direzione esecutiva. Tra di noi ci sono diverse persone, italiane e migranti, che hanno come unico mezzo di sussistenza economica il posto di lavoro come Rider, perciò pretendiamo di essere trattati come lavoratori subordinati a tutti gli effetti e non più come collaboratori occasionali, ingiustamente precari e incerti sul nostro futuro prossimo.

In caso contrario ci riserviamo il diritto di organizzare iniziative di denuncia e mobilitazione, per far sì che tutta la cittadinanza possa conoscere le nostre condizioni lavorative e che le nostre richieste vengano finalmente ascoltate.

i/le Riders di Foodpony Bologna

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