
Nel momento di massimo sviluppo delle lotte il governo ha proposto  negoziati, e ha promesso che le richieste degli indigeni sarebbero state  accolte da funzionari competenti; col passare dei giorni, il processo  di negoziazione è stato “ricalibrato” al punto da poter impedire di  fatto il riconoscimento delle rivendicazioni delle popolazioni  originarie.
Il governo ha temporeggiato, rimandando costantemente le  riunioni prefissate, mentre metteva in moto il suo potente apparato di  propaganda per infangare gli indigeni, stigmatizzandoli come “infiltrati  dalla guerriglia”, con l’obiettivo di seminare confusione nell’opinione  pubblica solidale con le giuste rivendicazioni indigene. Nel frattempo,  sono spuntati come funghi diversi comunicati del terrorismo di Stato  con minacce delle “Águilas Negras”, un’organizzazione paramilitare  presuntamente smobilitata da Uribe che però ricompare, come per magia,  dove cresce la protesta di chi si oppone al regime fascista colombiano.
Lo  scorso 28 luglio gli indigeni e i loro delegati ai tavoli dei negoziati  si sono dichiarati in assemblea permanente a Popayán, perché il governo  Santos non sta mantenendo le sue promesse e suoi ministri non  partecipano alle riunioni; intanto i paramilitari hanno ordinato il  coprifuoco nelle zone della protesta, e hanno reso pubbliche le liste  dei leader indigeni da assassinare.
L’oligarchia colombiana, degna  erede dell’aristocrazia coloniale spagnola, utilizza ogni mezzo a  disposizione per schiacciare le rivolte contro il dispotico regime che  la rappresenta; e mentre con una mano offre false speranze ai ribelli,  con l’altra arma i paramilitari per fare il lavoro sporco, terrorizzare  civili e assassinare i leader delle lotte sociali e popolari.
 
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