Ecuador, “paro” ad oltranza, blocchi e scontri da parte della comunità Indigena
Cosa sta succedendo in Ecuador, dove da giorni ci sono blocchi, scioperi, scontri e proteste da parte della comunità Indigena del paese?
Uno sciopero ad oltranza chiamato dalla dalla CONAIE (Confederación de Nacionalidades Indígenas), la principale organizzazione indigena ecuatoriana, è in corso contro l’aumento dell’inflazione, la disoccupazione, il caro vita e le politiche neoliberiste del governo di Guillermo Lasso. Le proteste sono iniziate lo scorso 13 Giugno.
Tramite uno scritto, delx compagnx che si trovano in quei territori (e che ringraziamo molto!), ci raccontano con dettaglio cosa sta succedendo in quei luoghi.
Ve lo leggiamo, per voi. Ascolta la diretta:
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Qui il testo scritto da* compagn*:
SUL PARO IN CORSO IN ECUADOR
Siamo al nono giorno di proteste in Ecuador. Il 13 giugno é iniziato lo sciopero “a tempo indeterminato” chiamato dalla CONAIE (Confederación de Nacionalidades Indígenas), la principale organizzazione indigena ecuatoriana. “Uno sciopero contro le politiche neoliberiste del governo”, questo fu l’annuncio di quasi un mese fa.
I prezzi di tutto stanno aumentando vertiginosamente.
Con l’aumento del prezzo della benzina, la canasta basica, i prodotti di prima necessità, così come i trasporti sono diventati irraggiungibili soprattutto per quella parte di popolazione che vive “al margine”, e che se già prima aveva difficoltà ad arrivare alla fine del mese ora non ce la fa più.
Ma l’eliminazione delle sovvenzioni alla benzina non sono le sole motivazioni del paro.
La Conaie ha presentato 10 richieste al governo di Lasso: la riduzione e il congelamento dei prezzi dei carburanti (a 1,50 per il diesel e a 2,10 dollari per il gallone di benzina – ossia 3,78 litri); il rifinanziamento dei debiti del settore agricolo per un anno; il controllo dei prezzi dei prodotti agricoli, per garantire un minimo a contadini e allevatori; la non precarizzazione della giornata lavorativa; la revisione dei progetti estrattivi, con l’abrogazione dei decreti 95 e 151 che promuovono l’aumento dello sfruttamento petrolifero e minerario; il rispetto della consultazione preventiva, libera e informata per avviare progetti estrattivi nei territori comunitari e indigeni; la regolamentazione dei prezzi dei beni di prima necessità per evitare speculazioni; il rispetto dei diritti collettivi, come l’educazione bilingue e la giustizia indigena; la non privatizzazione dei settori strategici; un bilancio dignitoso per la sanità e l’istruzione; la creazione di politiche di sicurezza pubblica.
Il paro è iniziato alla mezzanotte tra domenica 12 e lunedì 13 giugno. Un paro che si é voluto, fino a oggi, decentrato e diffuso. Bloccare le vie di comunicazione e dei trasporti. Bloccare l’economia. Queste le parole d’ordine.
Moltissimi territori hanno risposto. Nella sierra, dove il movimento indigeno é più organizzato, sono state bloccate le arterie del paese, con blocchi diffusi e migliaia di persone per strada. Sassi, sabbia, tronchi, pneumatici in fiamme. Nell’ Oriente, in amazzonia, gli indigeni hanno bloccato numerosi pozzi petroliferi, causando perdite per milioni di euro. A Quito e a Cuenca i movimenti studenteschi hanno chiamato manifestazioni quotidiane, a cui si sono unite migliaia di persone.
Il governo ha risposto con la militarizzazione e la repressione.
Martedì 14, all’1,30 del mattino il presidente della Conaie Leoniadas Iza é stato letteralmente rapito dalla macchina su cui viaggiava dai militari e arrestato. Il presidente Guillermo Lasso ha annunciato su Twitter l’inizio degli arresti di coloro che ha definito “autori materiali e intellettuali di atti violenti” durante la giornata di mobilitazione nazionale.
Il giorno stesso la protesta si é radicalizzata, sfociando in scontri violenti fuori dal carcere di Latacunga, nella zona di Cotopaxi, dove era stato fermato Iza. Gli indigeni hanno anche “preso in custodia” vari agenti di polizia un delegato della Fiscalia in distinte zone del territorio, pretendendo la liberazione del loro referente.
A Quito la manifestazione di martedì é arrivata davanti all’unità di Flagrancia (Ufficio della Procura), dove – pare – era stato portato in mattinata Iza, ed é finita con bruciare una macchina della polizia lì davanti. In serata alcuni camion pieni di manifestanti indigeni provenienti dal Cotopaxi si sono avviati verso Quito, per pretendere la liberazione del loro leader.
Leonidas Iza é stato liberato mercoledì mattina con una denuncia per aver bloccato, in flagranza di reato, i servizi pubblici del paese. Gli hanno concesso misure alternative alla detenzione preventiva, ossia l’obbligo di non lasciare il paese e di presentarsi a firmare due volte alla settimana presso la procura.
I blocchi stradali continuano, e anche le manifestazioni si moltiplicano in numerose città su tutto il territorio nazionale. Nelle città principali della sierra (Ande) già sta mancando il gas per uso domestico, per via dei blocchi totali delle vie del paese, e i prezzi di molti prodotti stanno aumentando, a causa del mancato approvigionamento e della speculazione.
Fino ad ora si contano almeno 79 detenzioni, di cui 2 persone accusate di sabotaggio e danneggiamento di bene pubblico per l’incendio del mezzo di polizia a Quito. La Conaie denunciava ieri 55 feriti a causa delle cariche di polizia, ma dopo la giornata di oggi sono sicuramente molte di più. Due persone sono in coma. Almeno 11 le persone ferite in faccia e agli occhi. Almeno due i morti ufficiali.
La polizia dichiara una decina di feriti e 25 poliziotti sequestrati nelle varie manifestazioni, anche se ormai tutti sono stati liberati. Dichiara inoltre l’apertura di 45 inchieste solo nei primi 4 giorni.
La Conaie aveva annunciato venerdì che se nelle successive 48 ore il governo di Lasso non avrebbe risposto alla collettività sulle 10 richieste effettuate, gli indigeni si sarebbero mossi su Quito. Non chiedevano un dialogo con il governo: solo risposte sui 10 punti richiesti.
Lasso ha risposto promettendo briciole e ignorando la maggior parte delle rivendicazioni. Inoltre ha istituito da venerdì a mezzanotte lo “Stato di Emergenza” in tre provincie (Cotopaxi, Pichincha e Imbabura), e il coprifuoco dalle 22 alle 5 del mattino a partire da sabato. Ossia: militarizzazione delle strade, e poteri maggiori alle forze di polizia.
La Conaie ha annunciato la discesa su Quito.
Tutto ricorda molto il 2019, quando Quito é diventata il teatro delle manifestazioni nazionali, che rimasero sì sparse su tutto il territorio come oggi, ma dove l’epicentro dei cortei e della resistenza indigena e cittadina divenne la capitale.
Sabato 18 decine e decine di furgoni pieni di manifestanti delle comunità hanno iniziato ad arrivare nel sud di Quito, battagliando per arrivare a causa dei militari che impedivano il passo, preparandosi per scendere in piazza in questa settimana. Anche migliaia di militari stanno arrivando su Quito per il loro lavoro repressivo.
La Conaie ha anche annunciato un’ assemblea aperta con realtà territoriali e movimenti di tutto il paese, per provare a mettere insieme le voci e le necessità non solo del movimento indigeno. Nella stessa giornata il presidente della Conaie, Leonidas Iza, é stato vittima di un attentato, anche se non é stato ferito: un proiettile ha perforato il vetro posteriore della macchina su cui era mentre era ferma.
Domenica mattina la polizia, in chiaro atto intimidatorio, ha perquisito la Casa della Cultura di Quito, dove nel 2019 erano stati ospitati i manifestanti delle comunità indigene. Poi é uscita. Nel pomeriggio, verso le 17, é iniziato l’assedio, con centinaia di poliziotti e militari che hanno circondato la casa della cultura, pretendendone la requisizione per farne una base di polizia per questi giorni. Il parco dell’Arbolito, lì davanti, uno dei simboli e dei luoghi di organizzazione del paro del 2019, é stato riempito di telecamere e occupato dalla polizia a cavallo. Verso le 20 di sera poliziotti in antisommossa hanno scavalcato i cancelli della Casa della Cultura e sono entrati, costringendo le persone che resistevano all’interno ad uscire. Per la seconda volta, la polizia ha violato uno spazio autonomo e indipendente come la casa della cultura. L’ultima volta che era successo, era durante la dittatura di 42 anni fa.
Nella notte migliaia di manifestanti provenienti dalle provincie hanno forzato il blocco dei militari in uno dei due punti a nord di Quito, riuscendo ad avanzare.
Nel sud della capitale i manifestanti provenienti da Cotopaxi e dalle altre province sono rimasti bloccati a Cutuglagua fino a lunedì pomeriggio, con forti scontri con polizia e militari, contro cui si sono unite molte persone dei quartieri. Poi lunedì un corteo infinito di camion pieni di gente, accolto al suo passaggio da una grandissima solidarietà da parte degli abitanti delle strade in cui passava (pieni di barricate ovunque) é entrato in città.
Dato che la casa della cultura era occupata dalla polizia, gli studenti hanno aperto i cancelli dell’Università Centrale, che ha concesso gli spazi il martedì mattina. Anche l’Universtà dei Salesiani é stata utilizzata come luogo per dormire. La sera il presidente Lasso ha abrogato lo stato di eccezione per stabilirne un altro, allargando a 6 i territori toccati
Martedì ci sono stati scontri tutto il giorno. I manifestanti, attaccati dalla polizia all’Università dei salesiani, si sono riversati per strada, in una battaglia di posizione in direzione della casa della cultura che é durata fino a sera.
L’equilibrio politico é molto precario, e il presidente Guillermo Lasso si é ritrovato quasi senza appoggio in parlamento. Lasso, impresario e banchiere, tra i maggiori azionisti del banco di Guayaquil, uno dei responsabili della dollarizzazione dell’Ecuador e accusato di frode nei Pandora Papers, non é sicuramente tra i presidenti più amati, e ora, nel paro, ne sta sbagliando troppe: dall’arresto del leader della Conaie Iza, all’annuncio dello stato di eccezione che vieta gli assembramenti di più di 5 persone – mentre, contemporaneamente, appoggia pubblicamente le manifestazioni contro lo sciopero nazionale, – alla violenta repressione. Il governo aveva inoltre approvato una legge “sull’uso progressivo della forza” che, di fatto, autorizza le forze di polizia a sparare se in “pericolo di vita”. “Fuera Lasso” é uno dei cori più sentiti.
Durante tutta la giornata di oggi sono arrivati manifestanti dal nord e dal sud del paese. E ancora arriveranno domani. Intanto continuano blocchi e manifestazioni in tutto il paese.
Se e quando anche i quartieri di Quito si uniranno alle proteste, inizieranno problemi ancora più seri per il governo.
(Aggiungiamo che è stata bruciata la banca di Guayaquil en El puyo in risposta all’uccisione di un giovane ieri).
Per video e approfondimenti
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