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Chicago, 25 anni dopo: sciopero degli insegnanti

25 anni è il tempo passato dall’ultimo sciopero nel settore della formazione a Chicago. Esattamente dal 1987, quando gli insegnanti si rifiutarono di andare a scuola per un totale di 19 giorni. Oggi gli insegnanti saranno anche cambiati e con loro le politiche implementate nel mondo della formazione, ma in 29mila,  ad appena una settimana dall’inizio delle lezioni, hanno deciso di scioperare.
Alla radice dello sciopero, il mancato accordo con il terzo distretto scolastico nazionale sulla riforma scolastica voluta dal sindaco Rahm Emanuel, ex capo dello staff dell’attuale presidente Barack Obama. In tutto sono 675 le scuole che si sono fermate, mentre 118 charter schools hanno funzionato regolarmente. Il movimento di queste ultime scuole -private con fondi pubblici- è sostenuto sia dai repubblicani che da Obama ma le unions delle scuole pubbliche sono sicuramente una fetta importante del blocco elettorale dello stesso Obama.
Fin dall’inizio del suo mandato, il sindaco di Chicago ha dimostrato di voler attuare tutta una serie di riforme, creando in qualche modo il malcontento degli insegnanti: in passato ha provato ad ampliare il calendario scolastico e respingendo una richiesta di aumento salariale. Per conto suo, Obama si trova implicato in questa faccenda non tanto per le ripercussioni che potrà avere in campo elettorale e che, secondo alcune letture, potrebbero metterlo sotto scacco in situazioni di questo tipo, ma per il ruolo che ha giocato nelle politiche di questi ultimi anni e in particolar modo sugli aumenti delle tasse locali. Infatti queste finanziano direttamente le scuole pubbliche e quindi, nel sentire comune, determinano generalmente la loro “qualità”. La situazione risulta comunque complessa soprattutto se si guarda ai molti insegnanti che sono stati licenziati a causa della chiusura di alcune scuole che non raggiungevano la soglia minima richiesta dai test nazionali. Una questione che è certamente decisiva dal punto di vista strategico in un Paese che a ben vedere è retrocesso al numero 17 del ranking mondiale -nel limite di ciò che può significare- dei sistemi educativi nel mondo.

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