“L’aula-giardino non si sgombera”
Pisa – Questa mattina si è svolto l’incontro tra gli occupanti dell’aula giardino ed il preside della facoltà di medicina nel suo ufficio. L’incontro è durato meno di un quarto d’ora, a dimostrazione, ancora una volta, della scarsa disponibilità del preside Petrini al dialogo con noi.
L’incontro si è concluso con un nulla di fatto per la chiusura totale da parte del preside, il quale in un primo momento aveva cercato di portare avanti l’ipotesi di un abbandono volontario dell’aula da parte degli studenti, offrendo la semplice promessa di un fantomatico spazio alternativo, non meglio specificato. Alla richiesta di garanzie ufficiali dell’effettiva percorribilità della via della trattativa, c’è stata una risposta nettamente negativa: il preside si è alzato e, stizzito, ci ha invitato ad uscire, dichiarando chiuso l’incontro.
Ci preme ribadire che non siamo stati noi a chiudere la porta delle trattative, ma lui, che continua a snobbare il nostro lavoro di restituzione di uno spazio inutilizzato agli studenti. Siamo stati accusati di ledere il diritto allo studio impedendo lo svolgimento di lezioni in aula giardino: questo è falso, perché abbiamo da subito dato la disponibilità per tutte le eventuali lezioni ed in più occasioni si sono svolte regolarmente. In seguito, in occasione del 17 febbraio, dopo aver ignorato le nostre richieste di un confronto, ci è stato intimato di lasciare l’aula per la prima volta, altrimenti si sarebbe passati alle “maniere forti”.
Non individuiamo quindi un problema reale di carenza di spazi, ma piuttosto una volontà politica di soffocare un progetto che sta prendendo corpo all’interno della facoltà e che potrebbe risultare scomodo se prendesse forza. Forza che stiamo prendendo a partire dall’istanza dell’aula, perché di fronte alla chiusura a priori dimostrata dal preside nessuno si fa più ingannare dalle lusinghe di chi ha “cavalcato l’onda” della nostra lotta, quando questa era funzionale ai propri interessi (con grandi complimenti, appoggio formale ed arrivando perfino ad omaggiarci con un vassoio di pasticcini) invertendo totalmente rotta, con un opposizione autoritaria e chiusa ad ogni forma di dialogo, quando gli studenti si riappropriano di un loro diritto, senza sottostare alle logiche del potere: noi non siamo disponibili a subire passivamente questi giochetti. Secondo noi chi in questi tre mesi ha cambiato linea, o meglio solo la maschera che portava, è il preside.
L’aula giardino occupata è uno spazio autogestito che offre un’opportunità che sta venendo meno in questo contesto di tagli alla spesa per l’istruzione: l’opportunità di un’aula studio aperta fino a mezzanotte, ma anche un centro di aggregazione e crescita collettiva a partire dai bisogni effettivi degli studenti della nostra facoltà. Bisogni che, a quanto pare, non sono tra le priorità del preside.
Uno dei motivi per cui l’incontro è andato male, almeno a detta del preside, è che non ci siamo fidati della sua semplice parola. Siamo malfidati. Siamo malfidati perché non possiamo più credere alla parola di chi ci dice il sabato di aspettarci la sua segretaria per discutere di un trasferimento concordato, ed il mercoledì ci manda un fabbro a cambiare la serratura, approfittando della momentanea assenza di un presidio. Siamo malfidati perché se ci fosse la volontà di un dialogo, non si procederebbe a chiudere l’entrata di via Bonanno con una catena e tanto meno si concluderebbe un colloquio nel modo in cui ha fatto lui questa mattina.
Quale fiducia può pretendere chi non da spazio al dialogo rispondendo con fabbri e lucchetti? Come può pensare di spaventarci col suo atteggiamento di negazione dell’esistente e di dimostrazione di onnipotenza? Durante l’incontro ci è stato anche detto che questo spazio non ci spetta, lui non lo riconosce e che “di fatto” non esistiamo. Noi al preside rispondiamo che esistiamo eccome e che di qui non ce ne andiamo, a meno che non cambi il suo atteggiamento arrogante di completa chiusura e ci vengano offerte delle reali alternative a questo spazio, non delle vane promesse. Sappiamo che fine fanno le promesse, se a farle è l’istituzione senza offrire garanzie. La proposta del preside ad un tavolo di trattative non può essere “Questa è casa mia e qui comando io!”, perché questa non è casa sua, e qui non comanda lui, lui amministra una cosa che, almeno per il momento, è pubblica, ma soprattutto degli studenti della facoltà.
Gli stessi studenti a cui oggi non ha saputo offrire un colloquio civile, dimostrando la totale inconsistenza della sua “proposta”, palesando che altro non si trattava che di un inganno, togliendosi una volta per tutte la maschera del preside “amico”. Finalmente sappiamo da che parte sta. E non è quella degli studenti.
DIRITTI, SPAZI, SAPERI
L’AULA GIARDINO NON SI SGOMBERA!
Area medica in protesta
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