InfoAut
Immagine di copertina per il post

Con i detenuti di Modena. Per rompere l’isolamento

||||

Riceviamo e diffondiamo:

A fine novembre 5 persone detenute nel carcere di Ascoli hanno scritto un esposto alla Procura di Ancona.
In questo atto, con grande coraggio, hanno riportato quanto realmente accaduto a marzo nel carcere di Modena e di Ascoli in seguito alle rivolte, in relazione ai pestaggi, agli spari e a alla morte di Salvatore Piscitelli. Il 10 dicembre sono stati trasferiti nel carcere di Modena. La scelta stessa di questo trasferimento è subito apparsa una forte intimidazione agli occhi di chi, sin da marzo, non aveva creduto alla narrazione delle “morti per overdose”, fossero essi/e parenti o solidali, seppur tra loro sconosciuti/e. Le condizioni di detenzione in cui hanno tenuto i 5 ragazzi a Modena sono state altrettanto intimidatorie: in isolamento (sanitario), con divieto di incontro tra loro, in celle lisce con vetri rotti, senza possibilità di fare spesa e di ottenere accredito dei versamenti in tempi utili per poter fare la spesa, senza i loro vestiti e con coperte consegnate bagnate qualora richieste. Immediatamente, all’esterno, si è attivata un’eterogenea rete di solidarietà, costituita da parenti e solidali.
La solidarietà messa in campo si è mossa su più fronti: sostegno legale, saluti sotto le mura del carcere, lettere, mail di pressione alla direzione del carcere, sollecitazioni ai garanti regionale e nazionale. Varie testate giornalistiche, a distanza di 9 mesi dal massacro avvenuto nel carcere modenese, hanno riportato i fatti, o si sono trovate costrette a farlo, data la forza della voce dei 5 detenuti e la determinazione di parenti e solidali in loro sostegno. La verità è scomoda da dire e da sostenere, infatti non in tutti i casi è stata riportata per quello che è o è stata detta parzialmente. In un caso, invece, un giornalista è stato licenziato per l’articolo scritto. Molti giornali e media ufficiali, a marzo, avevano riportato senza se e senza ma la voce dei carcerieri: i 14 morti durante le rivolte di marzo, 9 dei quali deceduti a Modena o in trasferimento dal carcere di quella città, erano morti per overdose a loro dire. Ma dei pestaggi e degli spari nessuno aveva parlato. A detta del carcere di Modena, gli interrogatori dei 5 uomini che hanno fatto l’esposto sarebbero dovuti avvenire lunedì. La realtà è stata diversa: sin da venerdì 18 il procuratore ha svolto gli interrogatori. A questi sono seguiti trasferimenti in differenti carceri. L’intento, ancora una volta, è la frammentazione e l’isolamento.
Al momento si conoscono le destinazioni di 4 dei 5 detenuti. Tutti loro, dopo l’isolamento effettuato a Modena, verranno sottoposti a nuovo isolamento nelle rispettive destinazioni.
Una cosa è chiara: la forza e il coraggio di queste 5 persone vanno sostenuti con forza. La solidarietà, nelle sue molteplici forme, va portata avanti per ridurre l’effetto di questa frammentazione.
Lanciamo un forte invito a scrivere a tutti loro! Non lasciamoli soli: una lettera, una cartolina, un
telegramma! Spezziamo l’isolamento e rafforziamo la solidarietà.
Di seguito gli indirizzi, ad ora conosciuti, delle nuove destinazioni:

Claudio Cipriani
C.C. Parma, Strada Burla 57, 43122 Parma

Ferruccio Bianco
C.C. Reggio Emilia, Via Luigi Settembrini 8, 42123 Reggio Emilia

Francesco D’angelo
C.C. Ferrara, Via Arginone 327, 40122 Ferrara

Mattia Pelloni
C.C. Ancona Montacuto, Via Montecavallo 73, 60100 Ancona

Di seguito da osservatorio repressione una raccolta di articoli per approfondire la vicenda:

 

“Così ci hanno torturato e ucciso durante le rivolte in carcere” Cinque detenuti denunciano in procura le violenze delle forze dell’ordine durante le rivolte di marzo che sono costate la vita a 13 persone. La versione ufficiale: sono morti di overdose. Sono passate poche settimane da quando è stato fissato il primo processo in Italia per tortura a carico di pubblici ufficiali, riguardo ai fatti nel carcere di San Gimignano. Dopo la denuncia, i detenuti sono stati trasferiti a Modena in isolamento. 

Ora di tortura, abuso di autorità e omissione di soccorso da parte di agenti penitenziari si torna a parlare in un esposto alla Procura di Ancona firmato da cinque detenuti, a proposito di quanto avvenuto nel marzo scorso nell’istituto penitenziario Sant’Anna di Modena e nella casa circondariale di Ascoli Piceno.

L’8 marzo, mentre l’Italia entrava nella fase più dura della pandemia, in diverse carceri italiane sono scoppiate violente rivolte a causa di una situazione generale di sovraffollamento e della sospensione di ogni attività esterna e colloquio interno. È stato uno dei capitoli più bui della storia penitenziaria italiana, con 13 decessi, di cui nove solo a Modena.

La procura modenese ha aperto un’indagine a carico di ignoti, poi sono arrivati i risultati autoptici su alcuni corpi. “La causa esclusiva dei decessi è collegabile all’abuso di stupefacenti, verosimilmente quelli sottratti dalla farmacia interna del carcere. Non sono stati riscontrati segni di violenza sui corpi”, ha sottolineato il procuratore vicario Giuseppe Di Giorgio.

Con il passare dei mesi sono però emerse nuove testimonianze che hanno delineato un quadro più complesso. Questo, mentre il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha continuato a ignorare la questione. Soltanto overdose? Le indagini hanno sottolineato che cinque persone sarebbero morte nell’istituto penitenziario modenese ed è riguardo a queste che l’autopsia ha evidenziato l’overdose. Quattro sono deceduti in momenti successivi, nelle carceri dove sono stati trasferiti o in ospedale.

In estate due detenuti che l’8 marzo si trovavano a Modena, poi trasferiti ad Ascoli Piceno, hanno denunciato di aver subito violenze e abusi da parte degli agenti penitenziari, aggiungendo che i detenuti spirati durante o dopo gli spostamenti non avrebbero ricevuto alcuna visita medica che avrebbe certificato l’impossibilità di compiere un viaggio nelle condizioni sanitarie critiche in cui si trovavano.

I pestaggi sarebbero andati avanti anche nei pullman e poi a destinazione e dal racconto emerge la figura del 40enne Salvatore Piscitelli, uno dei morti, “buttato dentro la nuova cella come un sacco di patate”, che “non riusciva a camminare” e “stava malissimo”.La storia di Piscitelli e dei suoi compagni è ora tornata sotto i riflettori per un esposto presentato alla procura di Ancona da cinque detenuti che hanno assistito a quei fatti e hanno deciso di denunciarli. Secondo le nuove testimonianze, Piscitelli sarebbe stato “brutalmente picchiato presso la casa circondariale di Modena e durante la traduzione” e sarebbe arrivato ad Ascoli Piceno “in evidente stato di alterazione da farmaci tanto da non riuscire a camminare e da dover essere sorretto da altri detenuti”.

“Tutti facemmo presente al commissario in sezione e agli agenti che il ragazzo necessitava di cure immediate. Non vi fu risposta alcuna. La mattina seguente fu fatto nuovamente presente che Piscitelli non stava bene, emetteva dei versi lancinanti e doveva essere visitato, ma nulla fu fatto”. L’agonia sarebbe andata avanti diverse ore, poi il detenuto sarebbe morto solo e senza cure nel letto della sua cella, nonostante “successivamente molti agenti e il garante stesso dei detenuti asserivano che il Piscitelli fosse morto in ospedale”.

C’è molta confusione in effetti su quanto avvenuto in quelle ore. La direzione e il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria parlano di decesso in ospedale dopo il soccorso in cella, due relazioni del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del ministro di Giustizia confermano invece la morte in carcere. Il racconto dei cinque firmatari del nuovo esposto e quello degli altri due detenuti che hanno denunciato i fatti in estate combaciano nella gran parte delle descrizioni e dei dettagli.

L’esposto poi evidenzia altri aspetti: calci, pugni, sputi e minacce contro detenuti “in palese stato di alterazione psicofisica” che ci sarebbero stati prima, durante e dopo il trasferimento da Modena; spari ad altezza uomo, un elemento che emerge anche in un video girato durante le rivolte; visite mediche nel carcere di trasferimento che sarebbero state sbrigative, senza nemmeno far togliere i vestiti ai detenuti per verificare eventuali segni di violenza. I firmatari denunciano che né loro né altri compagni sono mai stati sentiti come persone informate sui fatti. Finora tutto si è basato sulle dichiarazioni rilasciate da agenti e direzioni penitenziarie, che negano ogni violenza o sottolineano, come ha fatto il segretario nazionale Uil-pa Gennarino De Fazio, che “se c’è stata violenza la possiamo definire legittima perché serviva per ripristinare l’ordine”.

Ora però qualcosa potrebbe cambiare. “Questo esposto potrebbe rivelarsi importante, bisogna vedere se la Procura aprirà un’inchiesta”, spiega Sandra Berardi, la presidente di Yairaiha, associazione per i diritti dei detenuti che sta seguendo il caso. “Ci troviamo davanti a una ricostruzione verosimile, che viene da persone ancora in carcere, dunque coraggiosa”.

Uno strano trasferimento Nei giorni scorsi i cinque firmatari dell’esposto sono stati trasferiti da Ascoli Piceno proprio a Modena, in un ambiente ostile a loro. “Siamo stati contattati dai familiari perché dopo il trasferimento hanno interrotto tutte le loro comunicazioni con l’esterno. Abbiamo parlato con il garante, che ha portato la questione al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ora le comunicazioni sono riprese”, sottolinea Berardi.

“Attualmente i cinque detenuti si trovano isolati l’uno dall’altro, da quando sono arrivati non hanno avuto neanche una coperta. Non è un isolamento sanitario perché avevano già fatto tre tamponi risultati negativi, si tratta piuttosto di un isolamento disciplinare”. Una misura dal sapore ritorsivo, dopo che sono stati riaccesi i riflettori su una serie di decessi sospetti su cui ancora non è stata fatta piena chiarezza.

Luigi Mastrodonato

da il Domani

***********

Bonafede deve rispondere sui 13 morti misteriosi nel carcere di Modena

Il 9 marzo 2020 il premier Conte decretò il lockdown totale, primo paese al mondo. Ci furono proteste in tutti i penitenziari italiani. Nel carcere Sant’Anna di Modena si verificarono fatti gravi e misteriosi: la tv mostrò colonne di fumo e venne riferito di scontri con le guardie, di feriti. La mattina dopo, con un’operazione militare top secret, tutti i detenuti del Sant’Anna vennero trasferiti e venne comunicato: “L’ordine regna al S. Anna”. Ma nelle 48 ore che seguirono, strani fiori sbocciarono, sparsi nelle carceri del centro e del nord Italia: erano altri cadaveri, che venivano da Modena.

Al Governo

Alla Commissione Europea

A chiunque sia interessato a conoscere la verità su una storia ignobile accaduta nella civile Italia nel funesto 2020

Il 9 marzo 2020, con un atto di grande coraggio (di cui pochi lo credevano capace), il premier Conte decretò il lockdown totale, primo paese al mondo. Purtroppo, poco o nullo interesse venne dedicato al mondo delle carceri, peraltro il più esposto alla propagazione del contagio. Risultato: in quei giorni ci furono proteste in tutti i penitenziari italiani. Le richieste, oltremodo democratiche: tamponi, colloqui con i famigliari, permessi, sconti di pena, indulto, sanatoria, amnistia.

A Foggia ci fu addirittura la breve evasione di alcune decine di detenuti. Nel carcere Sant’Anna di Modena si verificarono fatti gravi e misteriosi: la tv mostrò colonne di fumo e venne riferito di scontri con le guardie, di feriti. Filtrarono notizie di spari, un morto, due morti, tre morti. La mattina dopo, con un’operazione militare top secret, tutti i detenuti del Sant’Anna (548, la capienza era di 369) vennero trasferiti e venne comunicato: “L’ordine regna al S. Anna”.

Ma nelle 48 ore che seguirono, strani fiori sbocciarono, sparsi nelle carceri del centro e del nord Italia: erano altri cadaveri, che venivano da Modena. Alla fine, ci dissero che i morti erano tredici, tutti di Modena. Cinque in loco, otto in altre carceri. Ma come ci erano arrivati, in quelle altre carceri? Erano volati? Erano metastasi di un cancro? Era un complotto di Cosa Nostra che aveva suscitato la rivolta per ottenere l’amnistia per i suoi boss?

Dare un nome ai morti – Il lettore non mi prenda per pazzo: questa “narrazione”, che le rivolte nelle carceri fossero un piano della mafia per ottenere la libertà dei suoi boss fu la versione praticamente ufficiale del governo, ripresa da magistrati, giornali, trasmissioni televisive. Ci vollero 11 giorni perché “i 13 di Modena” avessero un nome; e non li rivelò il governo, ma Luigi Ferrarella, coraggioso giornalista del Corriere della Sera.

Due erano italiani, undici del Maghreb; tutti detenuti per reati legati alla droga, non gravi, diversi di loro erano a “fine pena”; nessuno era un boss. Compare una versione degli eventi: i detenuti hanno scassinato l’armadietto dell’infermeria e preso una bottiglia di metadone: si sono abbeverati, si sono intossicati e sono morti per overdose. Nelle poche parole che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede dedicherà loro in parlamento, sono morti “perlopiù per overdose di metadone”. (Quel “perlopiù” dice molto, purtroppo, della moralità del ministro). A distanza di otto mesi le autopsie ancora “sono in corso”, ma i fatti di Modena sono forse uno dei pochi argomenti su cui non si litiga nel governo. E, peraltro, i contagi aumentano nelle carceri.

Invece, molte domande dovrebbero essere poste. Tutti sanno che l’overdose da metadone nell’adulto è facilmente curabile: in dotazione da vent’anni in tutte le ambulanze, e ovviamente in tutte le carceri, c’è la fiala (miracolosa) chiamata Narcan, che riporta in vita i morituri. Ma, evidentemente, non venne usata; né a Modena, né nei cellulari che trasferirono i detenuti, probabilmente ammanettati e inconsci, in carceri distanti duecento chilometri. Perché i rivoltosi vennero lasciati morire? Perché gli intossicati non vennero portati in ospedale? Gli agenti carcerari si vendicarono sui detenuti rivoltosi? Chi gestì tutta “l’operazione Modena”? L’Europa ci ha mai chiesto spiegazioni? Mi dispiace di avervi rovinato la giornata, con questa storiaccia. Non la migliore, davanti al caminetto; ma è pur sempre un racconto di Natale.

Enrico Deaglio

da il Domani

 

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Bisognidi redazioneTag correlati:

carcereisolamentoModenatorture di stato

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Cuba: blackout ed embargo

Cuba attraversa la sua maggiore crisi energetica, con la pratica totalità dell’isola e con 10 su 11 milioni di abitanti privati di elettricità.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Movimento No Base: Fermarla è possibile. Prepariamoci a difendere la nostra terra!

Da mesi le iniziative e le mobilitazioni contro il progetto strategico di mega hub militare sul territorio pisano si moltiplicano in un contesto di escalation bellica in cui il Governo intende andare avanti per la realizzazione del progetto di base militare.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Sanità: dalle inchieste torinesi al G7 Salute di Ancona

Due approfondimenti che riguardano la crisi sanitaria per come viene messa in atto dalle istituzioni locali e nazionali.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Alberto non c’è più, ma la lotta è ancora qui!

Alberto non c’è più, ma la lotta è ancora qui.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Comunicato del cs Rivolta di Marghera sulla manifestazione di sabato 28 ottobre

Sabato 28 settembre una straordinaria ed imponente manifestazione ha attraversato le vie di Mestre per ricordare Jack e stringersi forte alla sua famiglia e a Sebastiano. Oltre 10000 persone, forse di più, si sono riprese le vie della città, una città che ha risposto nel migliore dei modi alle vergognose dichiarazioni di Brugnaro e dei suoi assessori. Comitati, associazioni, centri sociali, collettivi studenteschi con la rete “riprendiamoci la città” e una marea di cittadine e cittadini, hanno trasformato una parola d’ordine in una pratica collettiva.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Per Jack, per noi, per tutt*. Riprendiamoci la città, sabato la manifestazione a Mestre.

Mestre (VE). “Per Jack. Per noi. Per tutt*”. Manifestazione in ricordo di Giacomo, compagno 26enne del centro sociale Rivolta ucciso venerdì a Mestre mentre – con un altro compagno poi rimasto ferito – cercava di difendere una donna da una rapina. Il 38enne aggressore si trova in carcere.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

MESTRE: UN COMPAGNO UCCISO E UNO FERITO NEL TENTATIVO DI DIFENDERE UNA DONNA VITTIMA DI RAPINA

La scorsa notte un compagno è stato ucciso ed un altro ferito a Mestre nel tentativo di sventare una rapina nei confronti di una donna. Come redazione di Infoaut esprimiamo la nostra solidarietà e vicinanza nel dolore ai compagni e alle compagne di Mestre.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Cosentine in lotta per il diritto alla salute

Il collettivo Fem.In Cosentine in lotta nasce nel 2019 e da allora si occupa del tema dell’accesso alla sanità pubblica, del diritto alla salute, con uno sguardo di genere.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

A pugno chiuso. Ciao Marco!

La scorsa notte ci ha lasciato dopo tante battaglie il nostro compagno Marco, per tutti e tutte Marco Dread.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Ciao Emilio, vogliamo ancora tutto

Questa mattina se ne è andato Emilio Quadrelli, dopo una lunga malattia.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Lettera di Anan Yaeesh dal carcere di Terni

Lettera di Anan dal carcere di Terni. E’ stata scritta il 24 settembre. Il 10 novembre si terrà un presidio sotto il carcere di Terni, dalle 14 alle 18

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La salute negata dell3 prigionier3 politich3 curd3 in Turchia

Lo scorso fine settimana abbiamo partecipato alla conferenza “Le condizioni di salute nelle carceri turche” organizzata dal Congresso Democratico dei Popoli (HDK), accogliendo con calore e gioia il loro invito ad Istanbul, insieme ad altre realtà sociosanitarie autonome provenienti dall’Europa, per lo più da Germania e Grecia.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Attenti al lupo!

Il governo Meloni, coerentemente con i suoi proclami, introduce un disegno di legge che ha lasciato carta bianca alle fantasie dei Ministri Piantedosi, Nordio e Crosetto che prevede nuovi reati e pene più pesanti per chi, come la levata di scudi conclude, “protesta”. E viene immediatamente da chiedersi, sì, ma chi protesta?

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Stati Uniti: Leonard Peltier, 80 anni di cui 48 di carcere

80° compleanno di Leonard Peltier, attivista per i diritti dei nativi americani e prigioniero politico.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Luigi Spera: cade l’accusa di terrorismo

La Corte di Cassazione ha fatto cadere l’accusa di attentato terroristico per Luigi Spera, annullando l’ordinanza del Tribunale del riesame di Palermo, che aveva qualificato il reato attribuito a Luigi non come semplice incendio ma come attentato incendiario terroristico.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Lettera dalle detenute del carcere di Torino

Le detenute del carcere di Torino hanno iniziato uno sciopero della fame a staffetta. A comunicarlo è Nicoletta Dosio che ha ricevuto la lettera.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Carcere: suicidi, sovraffollamento, abusi in divisa. C’è chi evade per non morire

Nuove evasioni dalle prigioni italiane. Un detenuto originario della Puglia, è evaso nella serata di domenica 9 settembre dal carcere di Avellino.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Vietato protestare contro Leonardo spa!

Le lettere indirizzate a Luigi Spera, recluso nel carcere di Alessandria, sottoposte a censura!

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Luigi dal carcere: “siano i territori a dettare l’agenda politica delle istituzioni”

Pubblichiamo la lettera di Luigi in occasione del corteo NO Ponte svoltosi ieri a Messina..

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Sul “carcere sicuro” del ministro Nordio

Ripubblichiamo da Quarticcolo Ribelle un commento in merito alla conversione in legge del decreto “carcere sicuro”.