
Filippeschi di nuovo sindaco di Pisa, capitale dell’astensionismo

Secondo arrivato, con oltre 40 punti percentuali di distacco, il candidato del Pdl,  e a seguire gli altri concorrenti, molti dei quali a poco scarto  reciproco, tra il risultato comunque sopra le previsioni della lista  civica “Città in Comune” sostenuta da Rifondazione, il tracollo del M5S  rispetto alla proiezione delle politiche, ed il flop della lista civica  “Noi adesso Pisa” dietro cui si nascondevano un’accozzaglia di fascisti e  fuoriusciti da Idv e Pdl.   
In  ogni caso poche migliaia di voti e percentuali assolutamente non in  grado di incidere dal punto di vista della rappresentanza o anche solo  infastidire e impensierire il blocco di potere storicamente egemone in  città.
A leggere questi dati sembrerebbe quindi una conferma quasi plebiscitaria di Filippeschi, ma è giusto approfondire queste elezioni, non solo per le percentuali che hanno ottenuto i candidati, quanto piuttosto per il protagonista assoluto di questa competition elettorale: l’astensionismo. Rispetto alle elezioni del 2008 dove approdava per la prima volta Filippeschi con un’affluenza dell’80%, quest’anno si sono recati alle urne il 55% degli aventi diritti al voto; questa scarsissima affluenza ai seggi elettorali, maggiormente concentrata nei quartieri popolari, dimostra quanto sia crescente la sfiducia ed il rigetto del sistema della delega, soprattutto fra le nuove generazioni di giovani precari, studenti e disoccupati, che non si sentono rappresentati da un sistema politico ritenuto corrotto e soprattutto completamente distaccato dal tessuto sociale in via di impoverimento.
Nella città che ha dato i natali al Presidente delle larghe intese Letta ed alla Ministra dell’istruzione Carrozza, regge il colpo il loro partito di provenienza, ma dovrà confrontarsi con la nausea ed il rigetto di quasi metà dei concittadini che disertano le urne.
E’ legittimo pensare che sia il M5S – che a livello nazionale come in Sicilia vantava di aver raccolto ed incanalato la delusione ed il voto di protesta arginando l’astensionismo – ad aver perso più voti rispetto alle aspettative, dato replicato in altre città d’Italia. Che sia dovuto alla retorica che vede Grillo responsabile dell’intesa Pd-Pdl o piuttosto (cosa che riteniamo più probabile) alla pessima figura fatta dal leader del movimento nell’incentivare una sollevazione di piazza in risposta all’inciucio, salvo poi tirarsi indietro piuttosto che assumersi la responsabilità di partecipare ad un momento di conflittualità, sta di fatto che Pisa ha assistito ad un notevole riflusso della forza politica che si candidava a trascinare Filippeschi al ballottaggio, piazzandosi invece addirittura al terzo posto. Non si sono mostrati all’altezza di gestire il rifiuto, e le ultime sparate del comico in chiave inequivocabilmente razzista non sono state sufficienti a recuperare a destra ciò che è stato perso a sinistra.
Grandi  festeggiamenti tra politici e assessori si sono quindi tenuti ieri sera  sotto le Logge del Comune dove, tra brindisi e champagne, il sindaco,  ringraziando i suoi elettori, ha dichiarato di essere rammaricato per la  poca affluenza alle urne ma comunque di sentirsi vicino anche a chi non ha partecipato al voto. 
 Ma  sarà un brindisi veloce: è evidente quanto metà della città sia  distante dalle politiche di questa governance. Infatti, non si sentirà  sicuramente vicino al sindaco e al suo partito chi tutti i giorni si  reca ai servizi sociali per chiedere un sostentamento e si vede alzare  muri altissimi, sintomo di una pacificazione che si riproduce a colpi di  esclusione e di porte sbattute in faccia.        
Non  si sentono vicini al sindaco – e lo hanno dimostrato in questi anni con  grandi manifestazioni – i lavoratori che lottano contro i licenziamenti  che hanno ricevuto dalle Istituzioni tante promesse ma mai mantenute;  gli studenti che hanno bruciato in piazza la bandiera del Pd dimostrando  una forte incompatibilità con quello che rappresenta questo Partito;  chi è costretto ad occupare le case perché questa pratica si sta  dimostrando l’unica soluzione alla crisi; i giovani disoccupati che  vivono le proprie vite in quartieri dormitorio dove la sola grande  “offerta” fatta dalla politica istituzionale è una corsa ad ostacoli per  aggiudicarsi un lavoro di merda da 500 euro al mese da IKEA.
La  città di Pisa vive un tasso altissimo di disoccupazione e precarietà;  l’emergenza abitativa dilaga con più di mille sfratti per morosità che  offrono come unica prospettiva istituzionale la strada; fatto passare  l’evento elettorale, l’orizzonte di una crisi economica da indebitamento  per grandi opere e speculazioni (piuss, sesta porta, people mover, ma  anche la questione dei costi dell’ospedale di Cisanello) si riverserà  precarizzando ulteriormente una popolazione che vive prevalentemente di  esternalizzazioni, terziario e servizi. Queste elezioni hanno dimostrato  che la metà della popolazione è estranea a questo sistema politico, e  che lo ritiene semplicemente inutile ed inefficace per le proprie sorti.  
Metà  della città si mostra distante dalle politiche del cemento e della  speculazione, delle grandi opere, del centro-vetrina e della  devastazione del territorio e delle periferie. E’ un’estraneazione  complessa, fatta di rabbia, ma anche di rassegnazione; di voglia di  riscatto, ma anche di individualismo sociale. E’ però il frutto di un  dato di fatto e di una consapevolezza comune: dal sistema democratico e  dalle istituzioni – fatto di promesse mai mantenute, di deleghe in  bianco e di favori, di passerelle e di rappresentanze, di voti e di  campagne elettorali – non c’è nessun cambiamento. La crisi della  democrazia sta tutta qui, nella sua incapacità di poter dare risposte  sociali alla crisi, poiché è già tutto deciso dalle regole di chi sta in  cima a questo sistema.
In  cinque anni della giunta Filippeschi, il Pd non ha fatto altro che  disegnare e modellare il centro storico a proprio piacimento – spendendo  milioni di Euro con il Progetto Piuss; privatizzare i trasporti  pubblici che tra non molto saranno pieni di debiti; speculare e  cementificare i quartieri con la costruzione di veri e propri  eco-mostri; ideato pacchetti sicurezza per disciplinare ed escludere  socialità, aggregazione e libertà di movimento, imponendo un vero e  proprio “razzismo democratico”, spacciato per improbabile guerra alla  “movida” e ad ogni abusivismo commerciale.   
Il  dato numerico è che Filippeschi è stato rieletto al primo turno, ma  oltre il 70% dei pisani non ha votato per lui, è questo risultato non  deve essere sottovalutato. 
Dal  canto nostro, si tratta di sviluppare quegli elementi di estraniazione e  di distanza per aprire grandi spazi per le vertenze sociali ed i  conflitti, di indicare con chiarezza responsabili e controparti,  costruendo mezzi e strumenti per ottenere – pezzo dopo pezzo – tutto  quanto ci spetta e che ci è sempre più sottratto: casa, reddito,  dignità. Incalzati da una base di esperienze e mobilitazione che si  stanno via via fortificando e assemblando nel corso del tempo, non  abbiamo perso mezzo secondo ad “aver fiducia” nel fatto che da quelle  stanze avvenisse una trasformazione. Piuttosto quella la troviamo alla rotonda del Cep, in mezzo alla composizione di chi resiste, rischia e lotta. 
 Adesso  che il Pd è stato riconfermato e continuerà la sua opera di saccheggio a  discapito delle tasche e delle vite di chi subisce questa crisi, la  parola spetta ai movimenti autonomi e incompatibili, per fare in modo  che la strada del profitto e della violenza del saccheggio non sia  spianata. Va costruito un muro di opposizione alle opere inutili e  costosissime, all’esproprio dei quartieri periferici, all’attacco delle  libertà e dei diritti nel nome della “sicurezza”; e sarà necessario  sviluppare il protagonismo e la partecipazione di chi per ora il suo  rifiuto lo ha espresso semplicemente sottraendosi al teatrino  elettorale.
Solo a quel punto Filippeschi non si sentirà vicino a chi non lo ha votato e non avrà più voglia di brindare.
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