Generazione spazzatura?
Le manifestazioni indette dalla reti sociali che hanno dato vita al movimento “Geraçao a rasca” (letteralmente generazione della spazzatura) hanno visto la partecipazione di centinaia di migliaia di persone in diverse città del Portogallo. Nella sola capitale, Lisbona, il corteo ha raggiunto le 300mila presenze superando di gran lunga le 60mila previste dagli stessi organizzatori.
Questo movimento si fa portavoce di tutti disoccupati, “cinquecent’euristi” e malremunerati in genere, schiavi travestiti, lavoratori subcontrattati, a tempo, falsi lavoratori autonomi, lavoratori saltuari, stagisti, borsisti, studenti-lavoratori, studenti, uomini e donne del Portogallo. Richiedono a gran voce il proprio futuro e la libertà di costruirselo.
La critica del movimento al lassismo dei partiti, soprattutto quelli di sinistra (Bloco de Esquerda e del Partido Comunista Portugues dei quali erano presenti solo pochi deputati a titolo personale), rivendica a gran voce la voglia di ridiventare protagonista per la risoluzione dei problemi che soffocano il paese in primis quello della precarietà.
La manifestazione, del tutto autorganizzata, ha espresso più volte, sia negli interventi che negli slogan, che il filo conduttore che unisce tutte le lotte, dal Magreb alla vecchia Europa, deve essere la possibilità di riscrivere una realtà per tutti differente finalmente libera dalle catene di questa economia di mercato che li rende sempre più poveri e che vuole far pagare una crisi creata da banche e padroni.
La composizione sociale del corteo, che vedeva la presenza di uomini e donne di qualsiasi fascia d’età e di genere (con la presenza di alcuni gruppi di attivisti LGBT come quella delle Panteras Rosam), nella miriade d’inverventi liberi ha espresso una marcata sensibilità a diverse tematiche da quella antisessista a quella ambientalista–antinucleare (con numerosi interventi sulla catastrofe avvenuta in Giappone), da quella antimilitarista (erano presenti in piazza molti militanti che nei mesi precedenti hanno dato vita ad una lunga campagna antiNATO chiamata PAZ SIM, NATO NO!) a quella sulle politiche migratorie sottolineando l’ impossibilità di risolvere determinati problemi della crisi conseguenziali di un sistema capitalistico che attraverso politiche di austerità tenta di far pesare sui più poveri le proprie contraddizioni.
La canzone simbolo del corteo cantata più volte nel suo tragitto è “O que faz falta” di Zeca Afonso, compagno e cantautore che ha lottato e pagato in prima persona la dittatura salazarista, che ridiventando attuale nei suoi versi, oggi come ieri, ripete quello che bisogna fare nelle situazioni complicate e cioè informare, animare e dare potere al popolo che lotta!
Le fotografie in esclusiva per Infoaut dalla manifestazione
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