Genova: uomo si uccide prima dello sfratto
A Staglieno, un mese fa, una storia simile: un disoccupato si era impiccato in casa nel giorno in cui anche a lui avrebbero notificato lo sfratto.
Gesti estremi, sempre meno inconsueti, indotti dalle fallimentari politiche abitative e dai continui sfratti: a Genova sono 815 le ingiunzioni di sfratto nel primo semestre 2014, di cui 492 quelle eseguite, per un totale di quasi mille sfratti all’anno.
Le violenti politiche abitative creano isolamento e disperazione. Rompere questi meccanismi di esclusione sociale, delegittimare le istituzioni dal loro potere decisionale sulle nostre vite, oggi diventa la priorità per tutti coloro che non vogliono più pagare la crisi.
Ai processi di impoverimento in atto, si affianca la logica dell’esclusione sociale realizzata dalle istituzioni attraverso la gerarchizzazione dei requisiti per accedere ai servizi pubblici di un welfare ormai spinto verso la privatizzazione. Questo strumento permette alle amministrazioni di applicare una “selezione naturale” fra gli individui, dividendo fra chi oggi può sperare nell’elargizione di qualche servizio e fra chi invece viene completamente abbandonato dalle istituzioni.
Il caso di Genova è emblematico proprio per questo motivo: proprietario della casa popolare è il Comune e questo poteva intervenire sicuramente in altro modo, invece di continuare con il solito ricatto “o paghi o ti buttiamo fuori in strada”.
Di fronte a questo tipo di attacco – con il quale le istituzioni sapendo di non riuscire più a garantire i diritti sociali, soprattutto per le classi impoverite dalla crisi e dall’effetto delle politiche di austerità – la lotta per la casa deve diventare uno spazio di contrapposizione politica e rivendicazione sociale per tutti coloro che oggi vivono condizioni di precarietà e sfruttamento, affinché non ci siano più casi di suicidio per sfratto.
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