Green Pass: tra irrazionalità e incostituzionalità
Il dibattito su Green Pass e gestione della crisi pandemica va avanti, oggi riceviamo e pubblichiamo questo testo di Lorenzo Poli collaboratore del mensile Lavoro e Salute. Buona lettura!
I tempi sono cambiati purtroppo e il postmodernismo, con le sue narrazioni, è un pericolo per il mantenimento della razionalità. L’altro giorno stavo pensando: ma se il Green Pass fosse stata applicato negli anni Settanta cosa sarebbe successo?
Gli anni dei movimenti anti-autoritari, gli anni della messa in discussione del potere, gli anni di Foucault, Deleuze, Guattari e di Giorgio Agamben (che oggi viene messo da parte solo perché si è degnato di analizzare a livello epistemologico le conseguenze/derive delle norme dello stato d’emergenza dell’epidemia da Covid).
Personaggi di alto livello politico come Rossana Rossanda crearono tavoli di confronto e di lavoro per analizzare le derive politiche degli stati d’emergenza (o d’eccezione) proclamati dallo Stato per far fronte al fenomeno del terrorismo. Fu lei che volle, sulle pagine del manifesto tra il luglio e l’agosto 1979, un dibattito sul garantismo, a seguito della retata del 7 aprile 1979 contro Autonomia Operaia e l’area politica proveniente dall’ex Potere Operaio. Una operazione giudiziaria che rappresentava un salto di qualità nella risposta repressiva dello Stato, con l’impiego per la prima volta su larga scala delle nuove norme previste dalla legislazione speciale, su cui si doveva riflettere approfonditamente. All’epoca, nonostante il clima ostile, si potevano fare dibattiti di un certo tipo e chi definiva Rossana come una “filo-terrorista” non era in grado, a livello culturale, di sostenere un dibattito con lei.
Oggi la “logica dello stigma” ha fatto proselitismo, potendo trovare una sua rilegittimazione con l’avvento dei social in cui ognuno può diventare un “potenziale esperto”, mettendo in pericolo il dibattito pubblico, la problematizzazione di certi temi e, soprattutto chi propone dibattiti su temi scottanti rischia di essere bollato con appellativi e stigmi ultimativi che hanno la presunzione di imporsi come unica verità certa (dare del “complottista”, “no-vax” o del “negazionista” in modo tout court), escludendo di conseguenza chi la pensa in modo diverso. Oggi infatti, quelli che criticano il Green Pass come forma dispotica, vengo bollati come “retrogradi no-vax”, come se certe cose non potessero essere criticate e come se criticare la forma di un dispositivo di legge equivalesse ad essere un “anti-scienza”. Con queste strutture moralistiche si sta rischiando di andare verso il reato d’opinione in modo velato per le quali c’è sempre un “buono” e un “cattivo”, una divisione degli uni contro gli altri e la conseguente colpevolizzazione.
Queste banalizzazioni rischiano non solo di appiattire le nostre capacità intellettive, ma rischiano di indurre alla retorica dei discorsi, portando molti a sentirsi intellettuali in grado di dare valutazioni soltanto pronunciando l’epiteto “negazionista” verso altri. Queste sparate ultimative hanno la funzione di delegittimare delle opinioni o, l’accettazione dell’opinione altrui, e non solo rischiano di mettere in pericolo il dibattito democratico, ma segnano la fine della politica e il dominio incontrastato della Tecnica su tutto ciò che ci circonda. La democrazia richiede divergenza, la tecnica procede per compartimenti stagni, prefissati, calcolatori e matematici a cui non serve apparentemente opposizione.
Oggi la politica, quella che Socrate e Platone chiamavano (basiliké téchne) ovvero “arte sovrana” in quanto “la più alta di tutte le competenze”, oggi sembra svanire di fronte alle specializzazioni che non richiedono più messa in discussione. Ciò avviene non perché la politica non serve, ma perché oggi vi è l’interesse di annientare il senso critico sfociando nei banalismi (che oggi sembrano delle vere e proprie ideologie che permettono agli stessi banalizzatori di autoglorificarsi).
La vicenda del Green Pass ne è un esempio. Si è fatto presto a dire “no-vax” uguale destra, estrema destra e neofascismo: un discorso abbastanza limitante in quanto certe riflessioni sul potere, sul dispotismo e sul controllo sociale sono nate a sinistra. Stiamo parlando di un dispositivo legislativo che è stato approvato da un governo di destra, capeggiato da un banchiere, sostenuto da destra nazionalista (Lega), centro-destra liberal-conservatore (FI), destra neoliberale (Pd) e amalgama ormai deidentificata (M5S) e senza opposizione.
Risultato: destra neoliberale e sovranista al governo ed un’assenza totale di opposizione di sinistra. Allora di quale opposizione di destra stiamo parlando che scende nelle piazze? Poca, ma che viene esasperata a reti unificate per polarizzare ancor di più un dibattitto che è tutt’altro polare.
Le protesta contro il Green Pass in tutte le piazze italiane, dove centinaia di persone si sono ritrovate per manifestare contro il certificato vaccinale richiesto dal governo per accedere ai ristoranti al chiuso ed eventi pubblici a partire dal 6 agosto, dimostra al contrario che la diffidenza nei confronti dei vaccini non ha colore politico né distinzione sociale o di istruzione. Moltissime persone di sinistra sono contrarie, molti intellettuali e pensatori di sinistra sono contrari, molte persone di sinistra sono scese in piazza e sono culturalmente lontanissime dall’essere fasciste o quant’altro.
Anzi proprio il loro essere antifasciste le spinge a pensare che non è necessario nessuna riproduzione del “Foglio di via” per risolvere l’attuale crisi sanitaria. C’è una minoranza di sinistra che sta riflettendo sul tema con tutte le difficoltà, rivendicando il solo fatto di essere se stessa.
Questa situazione ci mostra tre elementi interessanti:
– stiamo ancora facendo i conti con “gli anni del riflusso” e con la spoliticizzazione dei temi
– parliamo molto di difesa della libertà d’essere, di autodeterminazione, di identità contro gli stereotipi, i pregiudizi, le criminalizzazioni e le stigmatizzazioni, ma quando si tratta di difendere la libertà individuale contro i soprusi (insensati, perché le alternative ci sono) dello Stato si fa silenzio e si invoca fallacemente alla “responsabilità collettiva” e al “senso di comunità” che ognuno di noi dovrebbe avere “per il bene di tutti”.
Da notare che “il senso di comunità” viene invocato dai governi solo quando deve giustificare la finalità di alcune sue politiche: cosa che non avviene per esempio quando si parla dello sblocco dei licenziamenti piuttosto che altro. La comunità è una categoria che viene usata strumentalmente e in modo decontestualizzato dal potere per certi interessi, mentre dall’altra parte fa di tutto per cancellarla.
– la crisi della sinistra è più preoccupante di quello che ogni scienziato o sociologo politico si immagina. Vi è proprio una sua deidentificazione in termini di contenuti e di riflessioni che dimentica il perché la sinistra è nata, ovvero per distinguere il progresso dallo sviluppo. La sinistra ha sempre dato più rilevanza al primo e criticando invece “l’ideologia del progresso”, del “fare per fare” e del vedere sempre il futuro in modo ottimistico (perché così non è: spesso il futuro è regresso) che genera lo sviluppo secondo le logiche del produttivismo e non del bene comune.
Oggi molte frasi riprese e ripubblicate sui social ironizzano sul fatto che, molti che si oppongono al green pass, non si sono mai opposti allo sblocco dei licenziamenti, ai daspo urbani, al fatto che la libertà di movimento di molte persone straniere in Italia dipenda da un pezzo di carta. Può anche essere vero, ma quale è il nesso per non opporsi invece al green pass? Moltissimi oggi che si stanno opponendo al green pass sono anche gli stessi che si sono opposti più volte ai daspo e a tutti quei dispositivi legati alla repressione, alla coercizione, alle logiche della sorveglianza e del controllo sociale.
Non sono tutti fascisti quelli che si sono presentati nelle piazze, ma sono spesso anche compagni, dubbiosi e membri della società civili che non hanno un determinato trascorso/orientamento politico che oggi ritengono che il green pass sia un sopruso della legge sulla vita delle persone. Il 23 luglio a Brescia, in Via Orzinuovi, è apparso uno striscione scritto da Brescia ai Bresciani, organizzazione locale neofascista, che diceva: “Ci avete tolto la sanità e dato il green pass”. Una realtà che non si può negare e che rende più grave il fatto che a prenderne atto siano i fascisti e non noi. Il problema è che abbiamo lasciato che a denunciare questi fatti siano i fasci che negli slogan fanno i “libertari antisistema” per puro consenso, mentre nella pratica difendono sempre gli interessi padronali, il controllo sociale,
la sorveglianza, la repressione, la chiusura dei confini e il mantra della sicurezza.
Il Foglio di Via è un retaggio fascista a cui da sempre ci opponiamo in quanto mezzo di repressione, mentre oggi vogliamo veramente che siano i fascisti a “cavalcare l’onda” contro un dispositivo biopolitico come il green pass? Fa male leggere commenti aggressivi ed esclusivisti di alcuni storici compagni composti dalle stesse retoriche e dalle stesse narrazioni che i “leghisti” usano contro i migranti e i Rom con l’unica differenza che il “nemico”, in questo caso, è il non-vaccinato.
Negli anni Settanta di fronte ad una crisi sanitaria simile, oltre all’attivazione del mutuo aiuto e della solidarietà dal basso, non ci si sarebbe limitati all’analisi epidemiologica, medica e scientifica, ma anche all’analisi dei risvolti politici che una crisi avrebbe comportato. Ci sarebbe stata un’analisi ed una lunga riflessione sulle pratiche, sui pensieri, sulle mistificazioni, sulle retoriche, sui dispositivi, sul ruolo del potere in senso generale.
Si sarebbe riflettuto sulla “biopolitica”, che non è una parolaccia o una cazzata da “no-vax” (come sembra che oggi ci inducono a pensare), ma un campo di studi il cui migliore contributo è stato dato dal sociologo francese Michel Foucault, ovvero “l’insieme delle norme e delle pratiche adottate da uno Stato per regolare la vita biologica degli individui nelle sue diverse fasi e nei suoi molteplici ambiti (sessualità, salute, riproduzione, morte, ecc.)” che trova delle implicazioni anche con il sistema capitalistico vigente.
https://www.treccani.it/enciclopedia/biopolitica_%28Enciclopedia-Italiana%29/
Negli anni Settanta si sarebbero aperti seminari e confronti pubblici sulla medicalizzazione della società e su Ivan Illich, ci sarebbero state anche opinioni contrari a questa visione critica ma comunque si sarebbe dibattuto internamente ed in modo arricchente.
Invece oggi abbiamo Roberto Burioni, il virologo soubrette che fa tutto: divulgatore scientifico, microbiologo, filosofo della scienza, imprenditore farmaceutico, statista, moralizzatore dell’opinione pubblica e colui che decide ciò che è scienza e ciò che non lo è. Uno non ha azzeccato una previsione sul Covid dall’inizio della crisi, ma che rimane comunque il “guru” incriticabile ed autorevole. Un sacerdote della “scienza unica” che se ci si azzarda a criticare si viene visti come “cospirazionisti”, “negazionisti” e “novax” nello stesso modo in cui, all’epoca, chi criticava i preti, veniva visto come il “il miscredente”, “l’ateo” o il “mangiapreti”.
Oggi anche per chi fa politica all’interno di un gruppo trova difficile parlare di questi argomenti o, addirittura, trova difficile parlarne serenamente senza essere additato o ridicolizzato. Oggi non si entra più nel merito, ma c’è una sorta di ostracismo per il quale “parlare di qualcosa” in senso critico e speculativo (vaccini, crisi sanitaria) equivale ad “essere qualcosa” (no-vax, complottista, negazionista).
Questa polarizzazione del dibattito e dell’opinione pubblica fa male alla salute di una democrazia che si definisce tale. Oggi, ciò che mi preoccupa, è che non solo stiamo diventando cittadini passivi ed indifferenti agli avvenimenti, ma lo stiamo diventando perché siamo ormai consumatori di proposte politiche di cui non ci interessiamo, su cui non elaboriamo un pensiero. Di fronte alle proposte politiche ci limitiamo ad aderire o a disapprovare nello stesso modo in cui entriamo in un negozio ed esprimiamo preferenza per un vestito rispetto ad un altro. Il risultato è che non pensiamo e non abbiamo piena consapevolezza delle situazioni. Dire oggi che il green pass è l’unica soluzione ed essere certi di questo, significa che siamo convinti veramente che “il governo lavori per il nostro bene”.
Lo stesso governo e lo stesso Ministero della Salute che continuano con le politiche di tagli al welfare state, che non daranno altri soldi alla sanità pubblica preferendo dare incentivi a quella privata e che aveva i piani pandemici non rinnovati dal 2006. Lo stesso governo Draghi che ha approvato il Recovery Plan di Conte in cui sono previsti 9 miliardi alla sanità e 30 miliardi alle spese militari.
Siamo sicuri di fidarci di un governo che ha fatto ricorso insieme all’AIFA contro la sentenza del TAR del Lazio che prevedeva le cure domiciliari in fase precoce? Lo stesso governo che ha reso il virus nosocomiale, in seguito all’ospedalizzazione dei suoi pazienti facendo scoppiare decine di focolai. Siamo sicuri che vogliamo fidarci di un governo che, in continuità con il precedente, come unico rimedio contro il Covid, ha stabilito “tachipirina e vigile attesa” giustificandosi con il principio del “primum non nocere”, per poi autorizzare vaccini sperimentali fino al 2023 le cui uniche informazioni sono state fornite dai produttori, ovvero dalle case farmaceutiche, senza alcuna altra intermediazione.
Secondo la Procura di Bergamo si è trattato di “epidemia colposa”, sulla quale ha aperto un fascicolo, data da responsabilità politiche legate alla sua gestione (anche sul piano regionale, vedasi giunta lombarda) in quanto ha provocato tantissimi morti che si potevano evitare e contenere.
Detto ciò sembra non interessare che il Green Pass violi palesemente molte libertà costituzionali e sembra non interessare che la Costituzione riconosce che nessuno può essere obbligato ad alcun trattamento sanitario contro la propria volontà, prevedendo che la libertà personale sia inviolabile. Come si può pensare che il governo Draghi possa fare il nostro bene?
Questo sembra non interessare, esattamente come non sembra interessare il tentativo di evitare l’incostituzionalità dell’obbligo, data la natura sperimentale del trattamento, ex art. 32 della Costituzione, spingendo il governo Draghi a trovare la soluzione con il ricatto del Green Pass che impone un “obbligo vaccinale velato”.
Una disposizione che è comunque incostituzionale in quanto discrimina i cittadini sulla base di un’opinione e di una condizione personale all’art. 3 della nostra Costituzione. Su tutto questo gran parte della sinistra non risponde.
Ciò che impressione è che chi ha difeso i beni comuni, attraverso una lunga militanza, e chi ha difeso la Costituzione contro le riforme di Renzi nel 2016, oggi non si pone i dubbi sul pericolo di violazione dei diritti costituzionali che un dispositivo, come il Green Pass, possa provocare. Dagli anni 90, con la “svolta” della Bolognina e la fine dei grandi partiti di sinistra, si è dato inizio ad un lungo processo di smantellamento delle visioni, delle idee e delle politiche di sinistra, sfociando nella cecità di fronte alle violazioni contemporanee.
Molti benpensati, ormai invaghiti del ruolo di “buon cittadino” che la società gli ha fornito per essersi vaccinata, parlano di lavaggio del cervello che i “no-vax” avrebbero subìto. A tal proposito mi viene in mente il mistico indiano Osho Rajneesh che, rispondendo ironicamente ad un giornalista che gli chiedeva se lui facesse il lavaggio del cervello, disse: “Magari si potessero lavare i cervelli!! Certi cervelli sono abbastanza sporchi, una lavatina non gli farebbe male. Vede, caro signore, se ci fosse il lavaggio del cervello io e lei no staremmo qui a parlare!”. Nell’ultimo anno e mezzo, la percezione subliminale, la suggestibilità e la persuasione sono stati usati come vero e proprio lavaggio del cervello inducendo esasperando il panico pandemico non per far corretta informazione, ma per creare consenso a dei vaccini sperimentali fino al 2023, i cui dati grezzi saranno accessibili verso il 2024, e la cui autorizzazione non sarebbe valida se solo esistessero altre cure.
Se esistessero altre valide cure il Comitato dovrebbe revocare l’autorizzazione ai sensi dell’articolo 4, comma 2 ultimo capoverso Regolamento CE 507/2006 del 29 marzo 2006 (regolamento che ha forza di legge) https://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF? uri=CELEX:32006R0507&from=DE .
Questo porterebbe inevitabilmente al decadimento di qualsiasi obbligo vaccinale e quindi il decadimento dello status giuridico del Green Pass!
Sta di fatto che ad oggi l’utile incassato dalle case farmaceutiche, secondo le stime attuali, ammonta a 34 miliardi di euro, 26 dei quali dalla sola Ue (un quinto del bilancio europeo), mentre i profitti sono stati girati agli azionisti (22 miliardi di euro in un anno per Pfizer, Johnson & Johnson e AstraZeneca) o ai 9 nuovi miliardari censiti dalla rivista Forbes.
Addirittura secondo le stime del nuovo rapporto “The Great Vaccine Robbery” https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2021/07/The-Great-Vaccine-Robbery-Policy-Brief-final.pdf rivela come i vaccini Pfizer/BioNTech e Moderna sarebbero stati venduti a prezzi esorbitanti agli stati, che potrebbero pagare 41 miliardi di dollari in più nel 2021, rispetto al costo di produzione stimato da 1,18 a 2,85 dollari a dose e nonostante 8,2 miliardi di finanziamenti pubblici ricevuti dalle due aziende.
L’Italia avrebbe potuto risparmiare 4,1 miliardi di euro per l’acquisto dei vaccini, sufficienti a garantire oltre 40 mila nuovi posti di terapia intensiva o l’assunzione di 49 mila nuovi medici. La Ue nel suo complesso ha speso 31 miliardi di euro in più. I paesi africani li avrebbero pagati quasi 6 volte il costo, il COVAX 5 volte di più: cifra sufficiente a vaccinare già oggi ogni persona nei Paesi a basso-medio reddito.
Già questo dà l’idea delle dimensioni dell’ennesima truffa delle case farmaceutiche a discapito degli Stati “sovrani” e del bene comune.
Lorenzo Poli
Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute
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