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Reportage dalle piazze triestine degli scorsi giorni

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Il violento sgombero del porto di Trieste, avvenuto lunedì 18 ottobre, a cui è seguita una resistenza determinata durata l’intera giornata, ha reso Trieste protagonista di tutte le testate nazionali, città ai margini del territorio nazionale in termini sia geografici che di cronaca.

I giorni successivi la città è stato teatro di molto movimento, nonostante l’abile mossa di questura e prefettura per disinnescare una protesta che stava assumendo caratteri nazionali, tramite la strumentalizzazione dell’utile idiota Stefano Puzzer, per pochi giorni volto pubblico della protesta, che invitava a non scendere più in piazza, e un incontro con il ministro dell’agricoltura Patuanelli, che ha portato chiaramente a un nulla di fatto.

Per diversi giorni Piazza Unità, la piazza centrale e più importante della città, dove sono situati tutti i palazzi istituzionali (comune, prefettura, provincia), ha visto una presenza costante, in un presidio  permanete con una percentuale rilevante di persone che venivano da fuori città, che lo hanno reso in alcuni casi quasi parossistico.

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Mentre Puzzer e una componente più politicista della protesta no green pass cercava di verticalizzare il movimento, creando comitati e contro-comitati dai diversi nomi (come “la gente come noi”), di fatto però auto-squalificandosi, il coordinamento No Green Pass Trieste, nato ad agosto ha sentito la necessità di riattraversare le strada della città con i/le cittadini/e di Trieste, uscendo dalla dinamica statica della piazza centrale, e di porre l’accento della protesta sulla contestazione al green pass come strumento di governo, atto ad applicare ricatti, principalmente sul lavoro, e aprire la strada per misure di erosione del welfare sociale, oltre che di controllo. Le giornate di mercoledì 27 e giovedì 28 ottobre hanno visto una prima via di fuga dall’impasse in cui era caduto il movimento, attraverso due cortei in città, dislocati in quartieri popolari e/o periferici.

Il primo, svolto durante la mattinata di mercoledì e convocato con poco preavviso genericamente da “i portuali”, è partito da un quartiere popolare ed è andato a toccare la zona industriale della città. Hanno partecipato circa duemila persone. Il secondo è stato indetto alle 17 di giovedì, assieme alla chiamata di una giornata di astensione del lavoro, sfruttando la copertura sindacale di fisi (sindacato che vede nella sua dirigenza alcuni elementi dell’estrema destra), che ha visto una buona adesione, soprattutto nel settore degli autoferrotranvieri.

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L’invito per la giornata di ieri era chiaro: scendere in piazza portando le proprie rivendicazioni a partire dal ricatto sul lavoro, senza bandiere e simboli. Il corteo, che ha visto una partecipazione tra le 7 mila e le 10 mila persone, principalmente di Trieste, è partito da Campo San Giacomo, piazza dell’omonimo storico quartiere popolare, non troppo periferico. Da lì il corteo è sceso verso la sede della Trieste Trasporti, dove ha incrociato numerosi striscioni appesi sui muri limitrofi, sia della settimana precedente con slogan del tipo “siamo in sciopero, siamo al porto”, sia nuovi sul tema della difesa del posto di lavoro.
Erano presenti molti spezzoni di categorie: autotramvieri/e, metalmeccanici, insegnanti, educatori/trici, studentesse/i e ricercatrici/tori e anche sanitari/e.

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Il corteo è proseguito per il quartiere, passando a fianco alla zona del porto, teatro dei duri attacchi della polizia sui manifestanti della settimana precedente, per arrivare nel quartiere di Campi Elisi, dove si era vista una forte resistenza, durata tutto la giornata.
Nell’attraversare questi luoghi il corteo ha espresso messaggi di rabbia e opposizione alle forze dell’ordine, e nel quartiere di Campi Elisi si è vista solidarietà, principalmente proveniente dai caseggiati popolari.

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Le parole d’ordine di ieri erano quindi “no ai ricatti sul lavoro” e ferma opposizione alla misura del green pass, con diversi interventi dall’impianto che hanno contestato la malagestione della pandemia dal punto di vista sociale. Citando uno degli interventi: “La pandemia e le misure restrittive per il suo contenimento e gestione hanno portato a un forte impoverimento, e di contro non ci sono state misure atte a contenerlo. Anzi, la gestione autoritaria ha portato molte persone ad essere costrette ad accettare un indurimento delle condizioni sul lavoro, o la perdita improvvisa di esso senza altre tutele.”Altri interventi hanno sancito la differenza tra questo movimento, e la sua opposizione al green pass, con le manifestazioni più spiccatamente novax. Sempre citando interventi provenienti dal furgone di testa: “Noi non siamo no-vax, noi stiamo lottando uniti vaccinati e non vaccinati contro lo strumento del green pass, perché si tratta di un ricatto sul lavoro”. E’ evidente infatti che attraverso questo strumento il governo impone come unica via d’uscita dalla pandemia quella della vaccinazione di massa, senza però occuparsi di una tutela alternativa e diffusa su tutta la popolazione (sia per chi lavora, che per chi non lavora) e di riorganizzare seriamente l’assetto sociale (nella scuola, nella sanità, nei luoghi di lavoro e della socialità).

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Si è parlato di tamponi gratuiti non tracciati, cure domiciliari precoci, sanità pubblica accessibile, e anche possibilità di accesso al sapere medico e scientifico; oltre che delle condizioni di vita, studio e lavoro delle classi popolari. I nemici individuati sono Confindustria, Draghi, ma anche le istituzioni locali, come il sindaco Dipiazza, che si appresta a svolgere il suo quarto mandato.

Dopo aver attraversato Campi Elisi, il corteo, che era stato autorizzato ad arrivare in Piazza Venezia, proprio al confine del centro cittadino, ha continuato spontaneamente sulle rive, aggirando i blindati ed approdando in Piazza Unità.

E’ stato lanciato un altro appuntamento per la giornata di sabato 30 ottobre, in campo San Giacomo: assemblee di categorie per auto-organizzarsi sui posti di lavoro.

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