«I lavoratori dello spettacolo sono precari da sempre, da prima della precarietà» e del Coronavirus
Un’intervista ai lavoratori dello spettacolo durante la crisi del Coronavirus.
Abbiamo intervistato un lavoratore fra gli animatori del percorso “Lavoratrici e Lavoratori dello Spettacolo per il Sostegno al Reddito” sulle mobilitazioni che stanno mettendo in campo per affrontare questa fase di incertezza lavorativa dettata dalle misure intraprese per fermare il contagio del Covid19.
I lavoratori dello spettacolo sono probabilmente tra i più sofferenti in questo momento per via delle misure adottate per contenere il Coronavirus. Ma quali erano le condizioni di lavoro pregresse di chi lavora in questo settore?
Noi siamo un gruppo di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo nato in seguito alla chiusura dei teatri decretata per far fronte all’emergenza Covid-19.
I lavoratori dello spettacolo sono precari da sempre, da prima della precarietà. Le nostre scritture nascono e muoiono con ogni tournée, spesso durano anche poche settimane o giorni. Siamo i cosiddetti: “intermittenti”.
Le tipologie di ingaggio sono molto differenti. Una piccolissima parte di noi è assunta a tempo indeterminato, quella inserita in alcuni teatri, enti lirici, aziende televisive o in alcuni service. Sono quelli più sindacalizzati in quanto la loro condizione gli permette di far valere i propri diritti. Altri lavorano attraverso cooperative, altri ancora vengono costretti ad aprire partita IVA (che mascherano un lavoro subordinato e ti tolgono ulteriormente diritti e protezioni), la maggior parte siamo intermittenti. Questa nostra condizione ci rende particolarmente ricattabili, anche i requisiti previsti dal contratto nazionale spesso non vengono rispettati (per quanto riguarda ad esempio straordinari, diarie, mancati riposi etc,). La cosa purtroppo genera anche una guerra fra lavoratori, che spesso si svendono sul mercato del lavoro al ribasso comprimendo ulteriormente paghe e diritti. Va detto che i meccanismi di sostegno alle attività artistiche penalizzano molto i piccoli service e i piccoli produttori che hanno spesso a loro volta difficoltà economiche che finiscono per essere riversate sui lavoratori. Esiste anche una notevole quota di lavoro in nero diffusa (anche fra i teatri più importanti e meglio foraggiati dai finanziamenti teatrali).
Come state affrontando queste settimane di stop dal lavoro? Quali bisogni emergono? Come vi state organizzando?
L’emergenza che si è creata negli ultimi giorni però sta smuovendo le acque e finalmente in tutta Italia e partito un inedito processo di confronto e organizzazione da parte di centinaia di lavoratori. Da questo punto di vista alle difficoltà dettate dal momento si potrebbe aggiungere un’opportunità. Noi a Napoli abbiamo iniziato con una chat (amministratori condivisi) che da sei contatti è passati in poche ore ad 80 e ora supera i 150 da tutta la Campania. Si è deciso di scrivere un appello con richieste che riguardassero la fase, ma andassero anche oltre. Abbiamo quindi aperto una pagina Facebook per farci conoscere, pagina che in meno di una settimana è stata seguita da 1000 persone e attualmente da quasi 3000. Pur essendo nata dai tecnici questa pagina è stata seguita subito da attori, musicisti, ballerini e altro personale dello spettacolo (uffici stampa, maschere). In particolare va detto che il comparto artistico (al di fuori dei nomi di richiamo) è in realtà in condizioni simili e talvolta peggiori alle nostre, ma purtroppo è un settore che mostra ancora più difficoltà ad organizzarsi.
E su quali punti state costruendo le vostre rivendicazioni?
Per affrontare l’emergenza noi chiediamo tre cose in particolare:
1) L’ istituzione di un fondo per un Reddito di “Quarantena” che garantisca continuità salariale a chi è costretto allo stop dell’attività rivolto ai lavoratori e alle lavoratrici in partita Iva e, in generale, a tutte le categorie prive di tutela.
2) La sospensione del pagamento di mutui e tasse.
3) Chiediamo che le misure previste per i lavoratori autonomi a gestione separata valgano anche per i lavoratori autonomi con gestione Inps ex-Enpals.
Per quanto riguarda le rivendicazioni di carattere generale una delle esigenze più sentite è quella inerente la copertura economica con il sussidio di disoccupazione per i periodi di inattività. Questo sussidio esiste da anni rivolto a tutti i lavoratori stagionali e intermittenti, prima con il nome “requisiti stagionali” poi chiamato ASPI e attualmente NASPI che è una versione nettamente peggiorata delle precedenti.
In questi giorni abbiamo notato i che c’è una scarsa conoscenza dei meccanismi che regolano l’erogazione della Naspi.
È molto probabile che alcuni lavoratori precari, che pure ne avevano diritto in questi anni, non ne abbiano neanche fatto richiesta. Questo li potrebbe anche avvantaggiare in questa fase, portandoli a dare una valutazione errata del provvedimento.
Avendo usufruito di questo sussidio dagli anni 90 (quando si chiamava requisiti ridotti) credo di poter parlare con una certa cognizione di causa della cosa.
Non tratterò le problematiche legate ai problemi burocratici per presentare la richiesta, che ritengo tutto sommato secondarie, ma solo quelle riguardo alla durata, che mi sembrano centrali.
Attualmente la Naspi paga la metà delle giornate effettivamente lavorate negli ultimi 4 anni (purché non siano già state conteggiate in precedenti richieste). La Naspi è stata inserita nel decreto liberticida jobs act voluto da Renzi, a sostituzione della precedente Aspi. È stato lui a dire la bugia che aveva portato la disoccupazione a due anni, mentre nei fatti l’aveva ridotta drasticamente, togliendogli ogni efficacia.
Perché diciamo questo?
Come spiegavamo per ricevere due anni di disoccupazione bisogna lavorare quattro anni di seguito. Mi dovete spiegare quale lavoratore precario intermittente o stagionale lavora quattro anni ininterrottamente?
Qualsiasi lavoratore stagionale per avere una copertura di reddito di 12 mesi dovrebbe lavorare almeno 8 mesi, e noi sappiamo quanto è difficile arrivate a 150 giorni di scrittura per la maggior parte di noi.
Faccio un esempio concreto: un lavoratore alberghiero che lavora 6 mesi l’anno ovviamente farà ogni anno domanda di disoccupazione ottenendo un’indennità di tre mesi e rimanendo senza nessuna copertura per gli altri tre.
Con il sistema Aspi invece lo stesso lavoratore accedeva a 8 mesi di sussidio, disoccupazione che veniva sospesa se il lavoratore riprendeva a lavorare e cancellata se il contratto superava i 6 mesi (tuttavia le giornate che non erano state pagate potevano essere nuovamente conteggiate ai fini della richiesta successiva).
Con il sistema Aspi per accedere agli 8 mesi di disoccupazione bastavano circa tre mesi di lavoro, oggi con l’attuale sistema Naspi se in un anno lavori 3 mesi hai un mese e mezzo di disoccupazione e per avere 8 mesi di sussidio dovresti lavorare un anno e quattro mesi senza interruzioni.
È questo il regalo di Renzi, altro che i quattro anni promessi.
La perdita di mesi di sussidio per ogni richiesta al di sotto dei 16 mesi di lavoro consecutivo.
Cosa intendete per reddito di quarantena?
Il reddito di quarantena è stata una parola d’ordine lanciata dal sindacato ADL Cobas, a cui va dato atto di essere stato fra i primi a muoversi nel nostro ambito. Lo abbiamo ripreso da subito perché ci è sembrato l’unico provvedimento equo pensabile in un momento simile in grado di unire tutte le categorie di lavoratori e di lavoratrici, indipendentemente dal tipo di contratto o status professionale – pensiamo ai lavoratori indipendenti, autonomi e alle ditte individuali o micro imprese, così come alla prigione del lavoro nero e grigio.
Infatti attorno a questa parola d’ordine si stanno coagulando diverse categorie di lavoratori e noi speriamo che da essa possa scaturire un grande movimento unitario.
Giovedì 12 marzo si è tenuta la prima assemblea per un “reddito di quarantena” da cui è scaturita una pagina Facebook nazionale legata alla costruzione di un percorso organizzativo regionale e cittadino oltre che settoriale per le varie realtà di lavoro coinvolte.
(https://www.facebook.com/REDDITODIQUARANTENA/posts/112892473665201?__tn__=K-R)
Il mondo dello spettacolo di una certa caratura si è esposto per invitare le persone a rimanere a casa, come si sta ponendo invece nei confronti e i dei lavoratori dello stesso settore in sofferenza?
Una parte degli artisti ha mostrato da subito attenzione alla situazione dei lavoratori dello spettacolo facendo alcuni appelli che abbiamo ripreso sulla nostra pagina Facebook.
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