Il 20 giugno si torna in piazza in Emilia Romagna e Lombardia!
La giornata di sabato prossimo segnerà una data importante nella transizione della fase 3 e verso l’autunno.
Mentre tra i fasti di Villa Pamphili la vecchia e nuova classe dirigente nostrana ed i suoi referenti diretti (padrini europei, confindustriali e sindacati confederali) si accinge a rifinire la propria idea di un paese sempre più assoggettato ai propri interessi (in un’agenda che verrà presentata proprio il 20) e una destra confusa e truculenta si barcamena tra la piazza e il palazzo, esiste un’opposizione sociale che respinge entrambe. E non accetta l’idea che chi abbia concorso negli anni e nei territori allo smantellamento del welfare sociale e sanitario abbia voce in capitolo nel nuovo mondo che si apre sulle rovine della pandemia.
Due manifestazioni regionali nei comuni capoluogo andranno infatti a sfidare il teatrino istituzionale nelle due regioni più colpite dal covid-19 – la Lombardia e l’Emilia-Romagna.
Salute, soldi e diritti saranno le parole d’ordine del corteo emiliano-romagnolo (concentramento alle 16.30 in piazza XX settembre a Bologna) e della sua convergenza di lotte – in atto da oltre un mese sui fronti della sanità pubblica, del lavoro, della scuola, dell’abitare e dell’ambiente. La quale, iniziativa dopo iniziativa, ha cominciato a mettere in discussione retoriche come quelle dell’eroismo del personale medico e della trasversalità della crisi; e a riconoscere una posta in gioco più complessiva – quella che vede le ragioni e perfino la possibilità della riproduzione sociale essere impossibili da far valere senza lo sradicamento della predazione del privato.
Se nell’immaginario collettivo il sistema sanitario emiliano-romagnolo è risultato meno provato dalla pandemia di quello lombardo (nonostante i picchi di contagio e decessi altissimi nelle province di Piacenza e Rimini), la crisi ha portato alla luce le carenze strutturali e di organico dei reparti ospedalieri dopo anni di tagli; il dirottamento sul privato di una serie di prestazioni erogate in sistematico ritardo; la frammentazione di un servizio sulla carta efficiente ed informatizzato ma nella pratica dotato di barriere all’accesso per gli utenti e in corso d’opera all’interazione tra gli stessi operatori che li seguono nel percorso terapeutico.
Ma l’amministrazione Bonaccini si è anche distinta negli anni come caposaldo dell’ideologia lavorista e della demonizzazione di qualsiasi forma di percezione di reddito slegato da essa; attitudine che non ha mancato di ribadire nemmeno nelle ore più nere del lockdown, facendo da contraltare alla sostanziale inazione del governo nazionale su questo fronte. Diritti quelli alla salute e al reddito negati, come quello all’istruzione – per cui non è nemmeno presa in considerazione l’idea di ampliare e rinnovare gli edifici scolastici rispetto a delle ipotesi di didattica a distanza disagevoli quando non direttamente classiste; o all’ambiente, che già aveva pagato pegno durante la campagna elettorale di Bonaccini ai signori del packaging. E che ora verrà messo a dura prova dalle grandi opere inutili come il passante di mezzo autostradale – che già prevedono cospicui stanziamenti regionali in barba ad ogni loro ragionevole ipotesi di utilizzo nella fase 3 ed oltre.
Mentre in Lombardia, dopo straordinarie settimane di solidarietà ed organizzazione dal basso nei quartieri di Milano e nelle province per mitigare l’impatto della pandemia sulle persone più deboli ed isolate, è perfino superfluo sottolineare quanto sia forte la richiesta di una sanità davvero alla portata di tutt@, e di giustizia per tutte le vittime. Così come la volontà di impedire che Fontana e Gallera, ultimi di una lunga lista di governanti locali collusi con gli interessi di Big Pharma e Confindustria, sfuggano alle proprie responsabilità. Appuntamento dunque alle ore 15 di sabato sotto il Pirellone.
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