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INDEGNO E GROTTESCO IL TENTATIVO DI RILANCIO DEL COSTOSISSIMO INGANNO DEL PONTE

Ci vuole una bella faccia tosta per annunciare l’avvio delle procedure di esproprio per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. E non certo perché non sono state avvertite preventivamente le istituzioni locali, mai veramente considerate in tutti questi anni, ma perché, dopo la manovra finanziaria di luglio, questo annuncio sa di vera e propria beffa.

È lo stesso Ministro Tremonti, non certo un no pontista, ad aver più volte ribadito che, dopo il previsto passaggio della società di gestione sotto il diretto controllo del Tesoro, responsabile Giulio Tremonti, per il Ponte non si spenderà più neppure un euro: se non siamo alla liquidazione della società – i cui organigrammi verranno tra l’altro sciolti con il trasferimento suddetto – poco ci manca.

Invece di prendere atto della situazione e bloccare immediatamente ogni operazione e quindi ogni ulteriore spesa, la lobby rilancia con l’approvazione del progetto definitivo (non esecutivo) e il rilancio di una quanto mai improbabile procedura che dovrebbe portare alla prima pietra nel 2013.

Questo rende ancor più evidente quello che noi abbiamo sempre sostenuto: il Ponte non è un’opera ingegneristica, ma una operazione funzionale solo al drenaggio di soldi pubblici. Ai danni dei cittadini che in nome del Ponte subiscono tagli di servizi e aumento delle imposte.

Il Ponte è insomma un grande bancomat buono a trasferire i fondi residui ad Eurolink ovvero ad Impregilo, che già imperversa nella nefasta vicenda della ristrutturazione dell’autostrada. In questo brilla il conflitto di interessi tra il presidente di Anas (azionista di maggioranza della Stretto di Messina almeno sino al prossimo passaggio al Tesoro), l’amministratore delegato sempre della SdM e il commissario del progetto Ponte, riuniti in un’unica figura, una e trina come la Santissima Trinità: quel Ciucci messo lì peraltro da un governo che vive di conflitti di interesse. E che prospetta una singolare quanto anomala procedura di attenzionamento degli espropri, per cui invece di seguire regolari iter normativi, si va a contatti informali, discrezionali quanto pericolosi, “con i diretti interessati”; una vicenda che ricorda molto la mai chiarita storia del contributo “di ricerca” di qualche anno fa – e di qualche milione di euro – all’allora costituenda Università privata Ranieri di Villa San Giovanni, poi tramontata con la scomparsa del promotore.

Se prima tutto ciò poteva apparire paradossale e forse ridicolo, in questo momento di manovre “lacrime e sangue”, di tagli indiscriminati a regioni ed enti territoriali su settori fondamentali come territorio, trasporti, ambiente, servizi sociali, lavoro, istruzione, sanità ecc., la faccenda appare indegna e grottesca, e quindi inaccettabile.

Stiamo parlando infatti di un’operazione per cui si sono già spesi oltre 500 milioni di euro per propaganda e progettazioni praticamente infinite. Non è bastato il goffo tentativo della Stretto di Messina di smentire gli economisti delle Università di Reggio e Messina che insistono a citare queste cifre: sono disponibili infatti documenti che comprovano come già nel 1989 si fosse speso per il Ponte oltre 320 miliardi di lire, cioè oltre 170 milioni di euro, importo oggi non più considerato nei bilanci ufficiali della società. Questa cifra, sommata alle spese presenti nello stesso bilancio ufficiale e a quelle dovute per il pagamento delle ultime versioni del progetto, porta alla favolosa somma di cui sopra: 500 milioni di euro spesi ripetiamo solo per propaganda e progettazioni.

A questo si aggiunga il fatto che Ferrovie dello Stato fa sapere che non intende completare l’impiantistica del realizzando binario ex variante di Cannitello: fanno trapelare che a fronte di un vero progetto di variante, miglioramento urbanistico ed infrastrutturale, di 5 chilometri e che doveva costare circa 8 milioni di euro, oggi si sta lavorando su circa un quinto di questo tracciato – praticamente una curva di nessuna utilità – con una spesa prevista di più del triplo rispetto all’originale: certo che dichiarare l’opera propedeutica al Ponte è costato un bel po’ a Calabresi e Siciliani, oltre che a tutto lo Stato.

Il progetto ingegneristico Ponte è stato travolto dalle sue stesse contraddizioni: l’inutilità, l’impatto ambientale (addirittura accentuato nelle ultime versioni del progetto), la non fattibilità (denunciata proprio dall’ex coordinatore del comitato tecnico- scientifico del progetto, che invece di essere ringraziato è stato cacciato in malo modo dalla società), e oggi anche dall’enorme mancanza di fondi (nel quanto mai improbabile profilo economico-finanziario è previsto un intervento in project financing dei privati di oltre 5 miliardi di euro (!), una cifra impensabile per questo tipo di programmi, a meno di megaricicli criminali e mafiosi degli accumuli dei traffici internazionali di eroina e cocaina, come ha sostenuto qualche tempo fa la Direzione Nazionale Antimafia.

Non è più sopportabile che mentre si tagliano le pensioni e si aumenta l’IVA, si continui l’iter del Ponte con il solo fine di pagare le ricche fatture del progetto definitivo, che si è voluto incautamente proseguire, magari per avallare eventuali richieste di penali da parte di Impregilo che già dovrebbe risarcire gli Italiani tutti per lo sfascio infinito dei cantieri autostradali.

Chiudiamo i rubinetti del Ponte, chiudiamo la Stretto di Messina.

ReteNoPonte, Reggio Calabria, 12 settembre 2011

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