L’attacco alla lotta dei facchini continua: è il turno di Arci, Libera e Cgil
Ascolta Eleonora del Laboratorio Crash che smonta e capovolge l’accusa della CGIL di fomentare una guerra tra poveri:
https://soundcloud.com/radiocittadelcapo/eleonora-crash-1
Leggi il comunicato dei S.I.Cobas che interviene sulle questioni sollevate dal comunicato congiunto CGIL, LIBERA, Arci contro i facchini di Bologna:
Altro giro, altra corsa…. continua la campagna mediatica intorno alla lotta dei lavoratori della Granarolo ed al movimento politico rivendicativo che sta investendo il settore della logistica nazionale.
E’ di ieri il documento di ARCI, Libera e CGIL bolognesi. Cambiano gli estensori, le forme, ma i contenuti sostanziali rimangono gli stessi.
Un elemento appare evidente alla disamina del testo, il centro del ragionamento è ancora quello usato negli scorsi giorni da Calzolari, dai politici suoi amici, dalle associazioni padronali: la lotta della Granarolo, e, per estensione, le lotte del settore logistico, ed, in assoluto, tutte le lotte politico sindacali, danneggiano gli interessi del padronato, quindi anche di tutti i lavoratori.
Un concetto elementare ma sostanziale, che vede l’azienda, gli interessi economici del padrone, la libertà di impresa, il mercato, quali elementi immanenti, imprescindibili, dati in natura.
Ogni altra variabile è, e deve essere, subordinata.
In questo caso, per non dilungarci, i diritti di decine di lavoratori Granarolo e di centinaia di migliaia della logistica, sono quindi un dato accidentale. Che si parli di salari da fame, di taglieggiamenti di buste paghe, di condizioni di sfruttamento di stampo ottocentesco, di assenza di diritti elementari, di licenziamenti politici per ritorsione, di minacce, soprusi, razzismo, non ha alcuna importanza.
Le vittime di questo sistema, quando osano scegliere la lotta sindacale e politica per modificare la loro condizione economica, sociale, umana, rifiutandosi di ricorrere a sindacati e partiti manifestamente e complessivamente schierati con i responsabili della loro condizione (anche alla Cgil, sempre schierata, in tutte le aziende fino ad oggi coinvolte, contro le lotte dei facchini), divengono immediatamente dei perturbatori dell’ordine pubblico e della pace sociale. Mettono a rischio il quadro economico del settore e dell’intero paese, conculcano la libertà dei più deboli (?), diventano persino dei criminali che minacciano la sicurezza e l’incolumità delle persone.
La tesi, per cui le vittime diventano carnefici, i licenziati aguzzini, gli sfruttati dei mafiosi, i pestati, trascinati, accecati, arrestati dei pericolosi e violenti criminali, è un paradosso solo per chi è schierato realmente dalla parte degli sfruttati.
Solo per chi condivide, facendone parte, la stessa condizione di classe; solo per chi non vede negli immigrati pura forza lavoro in funzione del profitto, né soggetti dalle cui disgrazie trarre benefici economici, dietro la farsa dei sentimenti umanitari, né un nemico per il proprio, presunto, stolido, benessere. Per noi, dunque, i lavoratori immigrati sono fratelli, al cui fianco lottare, contro il sistema che li vorrebbe inermi e disponibili al sacrificio. Per gli altri valgono i valori e la legge del più forte.
Gli estensori del documento fanno oggettivamente parte di questo sistema. Parlano di bisogni dei cittadini (quali cittadini e quali bisogni: forse quello del latte di Granarolo? suvvia), e di sofferenza (quella implicita nella condizione di forza lavoro sfruttata? non crediamo, più probabilmente quella propria della condizione di minorità in cui vorrebbero tenere i lavoratori immigrati, per poter poi esercitarsi nelle loro virtù, quando non trarne utili).
Parlano di confronto libero e democratico e di luoghi di compensazione del conflitto.
Sembra che non sappiano di cosa stanno parlando; pur considerando questa ipotesi improbabile, li invitiamo comunque, prima di prendere posizione, a leggersi, anche solo la cronaca, degli eventi dei mesi scorsi fino ad oggi.
Potrebbero trovarvi le ragioni della lotta: il taglio dei salari, la condizione di sfruttamento, i licenziamenti politici; i passaggi nei luoghi di compensazione del conflitto: l’accordo in Prefettura di giugno 2013, il ricatto della cassa integrazione; la non applicazione dello stesso accordo nei mesi a seguire da parte dei padroni; le denunce, le botte e gli arresti; ed anche le dichiarazioni di Calzolari che sbeffeggia il Prefetto, il suo ruolo, i licenziati, dando il via ad una campagna mediatica di criminalizzazione dei lavoratori, parlando di scorta e presunte minacce.
Parlano di cooperative fittizie, non appartenenti alle associazioni principali (leggi Legacoop) che approfittando dell’ignoranza e dei bisogni degli immigrati, abbassano il livello di tutele nel settore. Propongono come soluzione di valutare la situazione, ed alzare l’asticella dei diritti per impedire l’infiltrazione criminale.
Passi per i due rappresentanti delle associazioni, ma il segretario della Cgil non può non sapere che non esistono rischi di infiltrazioni criminali per il semplice motivo che la presenza criminale (nel senso comune del termine) è già ben oltre il livello del rischio di infiltrazione.
Il settore vede già la presenza esplicita di organizzazioni che gestiscono consorzi e cooperative, gli atti della magistratura parlano chiaro in tal senso; nello stesso tempo, la logistica costituisce terreno fertile per l’attività imprenditoriale/finanziaria delle mafie.
Altro discorso per le cooperative “fittizie” ed il ruolo di garanzia, quale antidoto, della Legacoop.
Due le ipotesi, o si tratta di una provocazione esplicita e spudorata, una marchetta nei confronti di Legacoop, oppure, chi scrive, viene da marte. Propendiamo per la prima.
SGB quindi è da considerarsi “fittizia”? Non interna a Legacoop/Granarolo? Bene, ma il signor Calzolari ha usufruito dei servigi di SGB oppure no? Anche lui non sapeva? Anche lui non ha goduto degli effetti dell’attività di SGB? I salari da fame, l’assenza di diritti, per caso, non hanno determinato un chiaro contenimento del costo del lavoro nel bilancio di Granarolo?
Forse, il segretario della Cgil non è a conoscenza del fatto che la Filt/Cgil (con Fit/Cisl) ebbe un incontro, presso la sede di SGB, il 31 gennaio 2011, con i responsabili della cooperativa Work Project e Global Logic (due delle cooperative del consorzio SGB).
In quella sede venne siglato un accordo che prevedeva, in 11 punti, la sistemazione di tutte le gravi irregolarità (straordinari non pagati, livelli di inquadramento non adeguati, norme di igiene e sicurezza non applicate, etc) che viziavano il rapporto esistente con i soci lavoratori.
Tale accordo avrebbe dovuto essere applicato a partire dal 01 novembre 2012 (quasi due anni dopo !!)
A distanza di due anni, in sede di verifica dell’applicazione di quanto sottoscritto, risultarono diminuite le irregolarità più macroscopiche, ma altre erano ancora presenti. Nonostante questo le sigle sindacali succitate, sottoscrissero un verbale in cui dichiararono che la situazione era rientrata nell’ambito della normalità.
A partire dal mese di novembre 2012 (proprio quando dovevano essere corrette le buste paga attraverso la piena applicazione del ccnl), furono decurtati i salari dei lavoratori del 35%, in base alla dichiarazione di un presunto stato di crisi.
L’escamotage consente quindi ad SGB e soci, di tornare in possesso di quanto avrebbero dovuto dare, come adeguamento al contratto, ai lavoratori, col beneplacito della Cgil, che oggi annovera SGB tra le componenti “fittizie” della logistica!
Non dobbiamo aspettare l’intervento degli attori sociali ed istituzionali per comprendere questo dato. Sappiamo, come tutti i soggetti che si occupano del settore, che quando i fattori economici connessi alla produzione consentono una migliore accumulazione del capitale, non ha importanza se siano viziati da elementi di illegalità.
Ripetiamo: gli interessi economici dei padroni hanno la priorità su ogni altra considerazione, mentre le farisaiche lamentazioni relative a questi aspetti di illegalità trovano ragione solo in una considerazione di carattere economico, la concorrenza sleale, ma solo quando ad usufruire delle “prestazioni di favore” sono eventuali concorrenti.
Chiudiamo con una considerazione sulla crisi e la tenuta democratica delle comunità.
La crisi ha ragioni precise, connesse al sistema capitalistico. A pagarne gli effetti sono i lavoratori, soprattutto quelli più deboli. I padroni non stanno soffrendo per questa crisi.
La sola garanzia di “tenuta democratica”, qualunque sia l’accezione alla quale fanno riferimento gli estensori del documento, è quella data dal protagonismo sindacale e politico della classe operaia, ogni altra ipotesi è mistificatoria.
La lotta dei lavoratori della Granarolo continua e continuerà, insieme a quella di tutti gli altri lavoratori, della logistica e non solo, piaccia o meno ai nostri interlocutori.
6 febbraio 2014 – Sindacato Intercategoriale Cobas
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