L’autunno del movimento lucchese
La questione formativa si intreccia con lo smantellamento del pubblico e l’unica faccia possibile della politica – rappresentata dal governo piddino della città – si mostra nell’opera di contenzione di una produzione sociale messa in campo dai soggetti in lotta, di gran lunga eccedente rispetto all’orizzonte di austerità prospettato dal potere per le nostre vite. Così, le iniziative portate avanti dal Collettivo Autonomo Studenti Lucchesi, in coordinamento con le scuole e con svariate assemblee come quella dei pendolari, si sono dovute confrontare con l’altalenante comportamento di una governance cittadina prima impegnata a ridurre l’agibilità politica delle nuove relazioni prodotte, poi paternalistica e conciliante e, infine, ancora ottusamente arroccata nella propria impotenza.
Già infatti il corteo del 17 novembre venne bloccato in via Santa Giustina dalla polizia impedendo ai manifestanti di raggiungere il comune. Anche a Lucca, come a più riprese a Pisa e nella giornata del 14 novembre a Livorno, l’indicazione è quella di riprenderci i luoghi della decisione politica, occuparli con le lotte. Questo non ha fermato la mobilitazione lucchese che è tornata in piazza il 24 novembre. A fronte di questa risposta collettiva il comune ha ceduto aprendo i soliti sterili tavoli di confronto per la giornata del 29: alla giunta non resta che ascoltare i problemi sollevati dai giovani lucchesi per poi dichiararli “tutti purtroppo veri” ma nella più totale incapacità di mettervi mano.
Oltre i tavoli di confronto ciò che ha determinato veramente i tempi dell’agire politico è stato il passaggio per il #6D pisano e le numerose assemblee dei giorni successivi le quali hanno deciso di lanciare una manifestazione per il 21 dicembre, esattamente come a Pisa, per continuare a occupare le strade, per mettere in comunicazione e condividere le nostre lotte. Si è però confermata la natura fittizia delle aperture del politiche del 29: la manifestazione non è stata autorizzata dalla questura di Lucca che ha motivato la sua scelta con la sacra ritualità dello shopping natalizio del Fillungo, polmone del consumismo lucchese, centro di una città-vetrina che finge di non vedere la crisi che scava nella vita dei suoi abitanti.
Nonostante questo, il 21 dicembre 2012, studenti medi e pendolari universitari, hanno sfondato le logiche dell’ “autunno breve e caldo ” ed a scuole chiuse, nel giorno d’inizio dell’inverno e delle vacanze di natale, sono entrati con determinazione nel pieno della tematica della mancanza di spazi sociali lucchesi. Dopo un presidio in p.zza s.Francesco, gli studenti si sono dati appuntamento al centro culturale comunale Agorà per le 18:00 e arrivato l’orario di chiusura hanno rivendicato il diritto a restarci! Gli spazi del centro sono stati autogestiti fino al 23 dicembre ospitando anche, tra le varie iniziative, un’importante assemblea tra realtà di movimento contro debito e crisi su esperienze di lotta e spazi sociali. Al confronto hanno partecipato: Collettivo Autonomo Studenti Pisani, Teatro Rossi Aperto, Coordinamento Anticapitalista Versiliese e Assemblea Pendolari Lucca-Pisa. L’assemblea ha messo in connessione di pratiche ed esperienze ed ha sottolineato il bisogno di fare politica dal basso, dai giovani, negli spazi sociali.
Queste nuove relazioni pongono le basi per la costruzione sul territorio di un processo costituente verso la generalizzazione e l’intensificazione delle lotte contro l’austerità. Non più la protesta contro una singola legge, una Riforma o una politica governativa d’istruzione, ma il radicale, determinato e conflittuale NO alle politiche neoliberiste del governo Monti. Da subito si è reso necessario generalizzare il dissenso, unire i soggetti sociali contro l’austerità e la distruzione dello stato sociale, gli attacchi a lavoro,scuola, sanità e trasporti.
Questa prospettiva ineludibile è ben sintetizzata in un’intervista pubblicata sul blog Lucca Libera a tre studenti protagonisti delle lotte degli ultimi mesi.
Di questa intervista vogliamo riportare alcuni stralci, particolarmente esemplificativi di alcuni problemi che la costruzione delle lotte in questo autunno non ha permesso di rinviare ulteriormente: dalla radicale incompatibilità delle lotte contro l’austerity, al confronto con la politica della gonvernance impegnata a reintegrare nell’istituzionalità questa radicalità, fino ad arrivare ai consueti tentativi di criminalizzazione delle lotte.
L’intervista a tre studenti lucchesi
Lucca Libera: facciamo un passo indietro: quali sono le ragioni che quest’autunno vi hanno messo in movimento?
Mattia: tutto è collegato alla crisi iniziata nel 2008, quest’anno in più e venuta fuori la tematica dell’austerità imposta a tutta la popolazione italiana. La nostra protesta studentesca quest’anno è caratterizzata, a Lucca e in Italia, ma anche in tutta Europa se vogliamo allargare il quadro, dalla volontà di generalizzare il più possibile il movimento. Gli altri anni quando si trattava di protestare per una riforma o una legge di un certo governo, avevo l’impressione che la cosa fosse troppo limitata, senza alcuna lungimiranza dal punto di vista politico. Quando si parla di contestazioni studentesche non si può prescindere dall’insieme del panorama economico e politico della nazione in cui si vive e dell’intero continente in cui la nazione è inserita. In questo senso il movimento sta crescendo, anche se ha ancora molto da imparare. Bisogna cercare di tessere legami tra le varie parti sociali. Quest’anno è stato fatto un piccolo passo avanti, ma è grande rispetto a ciò che è avvenuto negli anni passati. Nella giornate di dissenso che vi sono state in Italia si è visto quello che si è cercato di fare, la grossa novità è stata proprio l’unione di lavoratori, precari, disoccupati e studenti che hanno visto nella piazza in luogo dove esprimere la propria rabbia rispetto a misure di impoverimento, di tagli e macelleria sociale che vanno a colpire tutti. Se si colpisce una famiglia, un precario, un operaio, un qualsiasi lavoratore, si colpiscono contemporaneamente i figli. L’impoverimento di una famiglia comporta la riduzione delle possibilità del diritto allo studio di uno studente. Quindi, come si vede, è tutto collegato.[…]
Lucca Libera: come vi spiegate la grande partecipazione e la vivacità che si è espressa nelle manifestazioni che avete organizzato a Lucca?
Marta: credo che in ogni caso siano legate all’insieme delle mobilitazioni a livello nazionale. C’è molto più fomento in tutto il panorama italiano, perché molte situazioni si stanno veramente aggravando. Si è visto subito all’interno delle scuole, durante le occupazioni e le autogestioni, che c’era molta più partecipazione degli altri anni e che la mobilitazione sarebbe proseguita senza fermarsi dopo il ciclo rituale dell’autunno. Questo ci ha fatto capire che non era la solita contestazione che c’è stata tutti gli anni dal 2008, oggi siamo alla fine dell’anno e siamo riusciti ad occupare un posto. Nei cortei che abbiamo fatto si sentiva proprio la voglia di scendere in piazza da parte degli studenti, nelle scuole sono nati collettivi anche in istituti dove in precedenza non veniva fatto niente. C’è un clima proprio diverso.
Mattia: importante è anche la modalità con cui siamo scesi in piazza. In linea con la crescita del movimento in Italia, anche a Lucca c’è stato un livello di conflittualità abbastanza alto se lo paragoniamo a ciò che siamo abituati a vedere in questa città. L’esempio lampante lo si è avuto con la manifestazione del 17 novembre, in cui si sono verificate delle tensioni con le forze dell’ordine. Una manifestazione che comunque è stata poi la causa della grande partecipazione alla manifestazione della settimana successiva. Questo perché c’è stata una risposta da parte degli studenti legata alla repressione che abbiamo subito, non c’è stata indifferenza rispetto a ciò che era avvenuto una settimana prima. […]
Lucca Libera: proprio la manifestazione del 17 novembre è stata da alcune istituzioni molto criticata per le tensioni che si sono verificate. Come sono andate esattamente le cose? Volete dire qualcosa a chi, successivamente, ha alimentato le polemiche?
Mattia: riguardo alle polemiche che hanno occupato la stampa per giorni, c’è da dire che come al solito si cerca di trasformare una questione politica in una questione di ordine pubblico. Si è poi tentato, anche qui secondo i noti meccanismi, di dividere i “buoni” dai “cattivi”. Ma i soliti tranelli non sono riusciti. Nel corteo successivo, il 24 novembre, uno degli slogan era “i violenti da isolare siamo noi”, che sta a significare che nessuno è “il violento” e che tutti eravamo davanti al cordone di polizia e abbiamo subito quello che poi hanno voluto riversarci contro.
Marta: la versione di tutti i giornali era stata che un gruppo si era staccato dal corteo e aveva tentato la forzatura. In realtà è stato tutto il corteo, unito, a provare a riprendersi il diritto di libera circolazione per le strade cittadine.
Mattia: tant’è che il 24 era tutto il corteo a gridare “i violenti da isolare siamo noi”, magari anche chi il 17 non era nemmeno presente. Questa è stata la vera risposta a chi tra i media ha cercato di affossare il movimento col vecchio trucco dei buoni e dei cattivi.
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