Lettera aperta di un dipendente pubblico sullo smart working
Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta proveniente dal sindacato di base Cub Pubblico Impiego
Chi si aspettava, a torto, il ritorno allo smart working come misura per contrastare i contagi potrà ricredersi leggendo la circolare sul lavoro agile firmata, nella serata del 5 Gennaio, dai ministri Brunetta e Orlando.
La circolare dissipa ogni dubbio sulla priorità assegnata al lavoro in presenza come modalità prescelta, dimenticatevi tutti i discorsi sulla modernizzazione della Pa, sul lavoro a distanza per valorizzare la cosiddetta progettualità del dipendente pubblico collegandone le prestazioni non tanto a orari prestabiliti ma ad obbiettivi, quantificabili anche in mole di lavoro, da raggiungere.
Fiumi di parole e di inchiostro per spiegare che in fondo il dipendente pubblico poteva anche lavorare da casa, sarebbe costato meno (non retribuito il buono pasto, zero rimborsi per le spese, utilizzo degli strumenti di lavoro privati, zero ore di straordinario, esclusione da progetti incentivanti, mancata erogazione di qualche istituto contrattuale), sarebbe stato necessario controllare l’operato di ogni singolo dipendente in smart e a tale scopo si erano inventati perfino l’esigibile richiesta di smaltire lavoro arretrato per accedere alla modalità agile.
I pregiudizi sullo smart, che numerose imprese private utilizzando alternandolo con il lavoro in presenza, provengono da lontano ossia dalla incapacità di tradurre in pratica le tante parole spese sulla modernizzazione dei servizi, sulla digitalizzazione, tutte parole roboanti che oggi palesano l’assenza di reali contenuti.
Da un telefono si può rispondere anche a casa o in luoghi diversi dalle sedi lavorative, basta un semplice trasferimento di chiamata, se occorre guidare via web un cittadino non importa dove l’impiegato sia fisicamente, basta una buona connessione internet e uno strumento informatico funzionante.
Proprio nel momento in cui il Ministro Brunetta annuncia la digitalizzazione mostra l’atavica diffidenza verso lo smart working e ribadisce la centralità del lavoro in presenza a occultare tutti i mancati investimenti nell’ammodernamento dei servizi nella Pa. Analoga contestazione potremmo muovere al ministro Speranza sulle assunzioni in sanità, da angeli a diavoli dimenticati in qualche girone infernale assediato dall’aumento dei contagi.
Cosa si evince dalla lettura della circolare Brunetta? La paura che i contagi blocchino uffici e servizi e per questo si continuerà fino al 31 Marzo con lo smart semplificato ma al contempo notiamo una punta di prepotenza ad occultare i mancati investimenti nella Pa. Si menziona per l’ennesima volta la parolina flessibilità che poi significa accordare ad alcuni e non ad altri lo smart senza criteri oggettivi e trasparenti, a rotazione appunto come alla tombola natalizia nella speranza che i contagi calino nei prossimi due mesi.
Una autentica ruota della fortuna diretta dall’ennesima figura apicale, tanto hanno aumentato di 10 mila euro annui lo stipendio dei super dirigenti, il mobility manager invocato per gestire razionalmente l’organizzazione del lavoro anche se per questo ci sarebbero già dirigenti e funzionari
Fatti due conti, con l’invalicabile tetto del 49% dei dipendenti in smart, ammesso e non concesso che ci sia rotazione, per contrastare i contagi avremo mediamente 6\7 giorni di smart al mese, una sorta di gentile concessione demandata alla dea flessibilità e alle potestà dirigenziali.
C’è solo da augurarsi che nei giorni in presenza siano disponibili mascherine ffp2, le igienizzazioni siano intensificate, la gestione degli spazi negli uffici rivista, ma visto l’operato del Governo possiamo solo sperare, del resto nell’immaginario di qualche politico fannulloni eravamo e fannulloni restiamo ancora oggi. E in caso di quarantena fino ad oggi non potevamo lavorare in smart utilizzando ferie e permessi nostri, uno dei tanti paradossi ai quali ci hanno abituato.
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Scappati buoi si chiudono le stalle
A proposito della gestione dei contagi in molti enti pubblici a cura del Sindacato di base Cub Pubblico Impiego Pisa
Il proverbio è più che mai indicato per dare una immagine chiara di quanto sta accadendo da Natale in numeri enti della Pa. Decine di contagi, a casa e nei luoghi di lavoro a fronte di interventi spesso tardivi insufficienti dei datori di lavoro e degli uffici competenti in materia di salute e sicurezza. Non pervenuti in tanti casi i Rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza ormai per lo piu’ subalterni ai voleri dirigenziali e incatenati alla filiera della sicurezza aziendale.
Da almeno 20 giorni è a tutti chiaro l’aumento dei contagi e i rischi legati al diffondersi nei luoghi di lavoro.
Ma ciò nonostante
le misure di igienizzazione e sanificazione non sono state accentuate
le misure organizzative atte a scongiurare l’affollamento di uffici e servizi non sono state adottate
le mascherine ffp2 sono ancora in attesa di distribuzione
misure come prevedere coppie fisse di lavoro ove possibile non sono state prese in considerazione
Si poteva ricorrere allo smart working ma Aran, Anci e Governo volevano solo salvaguardare il ritorno in presenza in antitesi allo smart emergenziale, il risultato è che chi sta in quarantena resta non solo senza smart ma ho dovuto prendere permessi e ferie se non coperto da certificato medico.
Si poteva effettuare controlli di massa con tamponi rapidi di seconda generazione o molecolari per avere una idea di quanto diffusi fossero i contagi nei luoghi di lavoro ma è prevalsa invece la linea del risparmio (tanto a pagare sono sempre e solo lavoratori e lavoratrici)
Solo nelle ultime ore il Governo ha deciso di concedere lo smart a metà del personale (ma a rotazione e con ogni decisione rinviata alla potestà dirigenziale) ma tradotto in numeri si tratta di ben poca cosa.
Un fiume, l’ennesimo, di rassicurazioni dai datori di lavoro che vigileranno sulla nostra salute, salvo poi scoprire che le stesse parole erano state usate due anni fa e da allora migliaia sono i morti di covid
Giorno dopo giorno ci sentiamo sempre più derisi e carne da macello
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