Lettera di Mauro Gentile, agli arresti domiciliari per i fatti del 15 ottobre
Ancona, 14.11.2013
Cari/e compagni/e, vi ringrazio della presenza al presidio di lotta di quest’oggi e soprattutto ringrazio ognuno di voi per aver preso parte e organizzato le recenti mobilitazioni del mese di ottobre. Dai miei arresti domiciliari vederne i risultati è stato un piacere. Soprattutto è stato un piacere seguire l’immediata solidarietà nei confronti dei compagni arrestati che ne ha determinato la liberazione nel giro di pochi giorni!
E’ la dimostrazione che quando i movimenti organizzati del nostro paese si uniscono e chiamano alla lotta la nostra gente non si fa aspettare. E’ stato così due anni fa e lo è oggi a maggior ragione! Dobbiamo avere consapevolezza della grande forza che con la nostra azione possiamo sprigionare! Dobbiamo coltivare questa nostra forza e non disperderla in percorsi che portano alla sconfitta e scoraggiano la nostra gente! Ed è per questo che ho provato dispiacere nel vedere l’eccellente e incoraggiante combattività e partecipazione al 19 ottobre indirizzata all’ottenimento di un tavolo di trattativa con le cricche governative! E’ stata una mossa sbagliata e con la quale ci siamo fatti male da soli: perchè abbiamo accreditato di una qualche autorità questo governo golpista, perchè abbiamo alimentato aspettativa presso la nostra gente che dai governi della borghesia e del clero possano venire connessioni e diritti!
Adesso che la sollevazione prosegua ma centrando meglio gli obiettivi. Che si torni in piazza con la consapevolezza che il compito dei movimenti organizzati non è quello di imbarcarsi in fallimentari trattative con il governo dei Letta, Berlusconi,Napolitano. Che si torni in piazza con la consapevolezza che il nostro compito è quello di cacciare via il governo del Vaticano, della Mafia, degli USA e costruire un nostro governo che prenda qui ed ora le misure per far fronte alla disoccupazione di massa piuttosto che all’emergenza abitativa come sta bene alla nostra gente! Questo è il solo obiettivo costruttivo per il prossimo assedio che organizzeremo e sono convinto che i movimenti non mancheranno del coraggio ne delle donne e degli uomini capaci di realizzare questo obiettivo. Spero di essere alla mia postazione quanto prima e di potervi contribuire, libero dai domiciliari e dalle accuse di “devastazione e saccheggio” e “tentato omicidio” che Minisci & co. muovono contro di me.
Vengo al processo. Inutile dire che la storia si ripete! Il processo per i fatti del 15 ottobre sta ripercorrendo i passi, che hanno portato condanne pesantissime, del processo di Genova 2001. L’impianto accusatorio ha ricostruito i fatti di quella giornata omettendo tutte le responsabilità oggettive e soggettive delle forze dell’ordine e di chi ha diretto tali azioni da dietro le quinte ( nessuno dei testi ascoltati fin’ora ha saputo dire il nome che aveva in comando l’ordine pubblico). Responsabilità che sono state riversate, ingiustificatamente, sui manifestanti costretti a difendersi. E’ bastata la semplice presenza in piazza per far scattare arresti e denunce, dichiarare (senza alcun fondamento) la premeditazione degli scontri per confermare le accuse e le condanne già inflitte. I movimenti di lotta hanno sottovalutato il processo di Genova 2001 ed è stato lasciato libero il passaggio alla repressione creando una corsia preferenziale per mettere sotto accusa chiunque osi ribellarsi all’ordine costituito, subendo il vile ricatto dell’accusa di devastazione e saccheggio, oltre a tutte le altre che rendono le forze dell’ordine incolpevoli di pestaggi e torture. L’importanza del processo per i fatti del 15 ottobre deve richiamare la massima attenzione e tenere bene la guardia alzata, non dobbiamo commettere lo stesso errore e non possiamo creare un precedente che confermi e giustifichi impunità alle violenze delle forze dell’ordine e carcere a chi non vuole chinare la testa.
Cosa bisogna fare? Rendere il processo ingovernabile dentro e fuori.
Parto dal presupposto che se fuori del tribunale il processo è partecipato con presidi dentro non è la stessa cosa con gli/le imputati/e. Come possiamo assediare chi ci accusa e decide del nostro futuro se noi in prima persona non siamo presenti? Sempre e solo in quattro imputati (oltre a qualche compagno/a dei movimenti romani) siamo a presidiare le nostre udienze, tra cui Francesco detenuto nel carcere di Rebibbia ed ancora in isolamento, così facendo facciamo solo il loro gioco, obbligati a doverci solo difendere senza poterli mai attaccare. Se tutti i 18 imputati/e fossero presenti insieme a quanti/e riescano ad entrare (le udienze si svolgono a porte aperte) riusciremo a bloccare l’aula, già troppo piccola per gli attuali partecipanti. In questo modo potremmo attaccare il processo facendolo sospendere sempre ed iniziare anche con altre forme di protesta per fermarlo del tutto.
Invito tutti e tutte ad aiutare gli/le imputati/e a sostenere i costi di viaggio con collette o altre forme di sostegno economico, per quanto sia possibile. Capisco che è un costo partecipare a tutte le udienze ed io in prima persona ne conosco le difficoltà economiche e logistiche, ma se rimaniamo fermi riusciranno a tenerci sempre divisi, non permettiamoglielo.Tutti i movimenti, partiti e autonomi che parteciparono a quella giornata hanno il dovere di partecipare attivamente alle udienze per rivendicarne l’ingiustizia che in 18 ( in questo processo ) stiamo subendo, se il 15 ottobre c’eravamo tutti a maggior ragione dobbiamo esserci sempre. L’obbiettivo del presidio non si limiti solo nel far sentire la presenza con il rumore, con il colore, con i comunicati,cori,canti e slogan, che prenda come obbiettivo l’assedio totale del tribunale , che il presidio rivendichi il diritto alla partecipazione in aula in quanto si svolge a porte aperte e se non dovessero farlo entrare che si blocchi tutto in entrata e in uscita, non stiamo più ai loro ricatti. E’ ovvio che il discorso di presenza e partecipazione vale anche per gli avvocati, alcuni mai venuti e fattisi sostituire con quelli sempre presenti. Non si può affrontare un processo collettivo se l’avvocato difensore pensa solo al proprio assistito, qui siamo tutti imputati per gli stessi reati ed in tre per tentato omicidio, tutti gli avvocati devono fare difesa unica per attaccare un istituzione che già ci vuole colpevoli. Anche loro possono e devono fare gesti di protesta alle ingiustizie della corte, come l’abbandono dell’aula o usare la legge per fare ostruzionismo. Inoltre chiedo a tutti/e voi di aiutare gli stessi avvocati nel produrre prove di colpevolezza degli apparati repressivi dando la propria testimonianza, creando documentazioni sui testi che l’accusa chiama a deporre, indagare sulla corte e tutto quello che potrà tornare utile al fine di essere tutti/e liberi/e.
Il canale di solidarietà che è stato creato è formidabilmente attivo e presente. A tutti/e coloro che hanno partecipato con azioni di solidarietà a Roma e nel resto del paese va tutta la mia stima, rispetto e ringraziamento!
Adesso è il momento di fare un passo in avanti! Dentro e fuori dall’aula del tribunale dobbiamo iniziare a condurre questa battaglia con l’obiettivo di vincerla! Vincerla per ottenere la libertà dei compagni imputati e agli arresti! vincerla per mandare all’aria i tentativi dei pm alla Minisci e del Ministero degli Interni di consolidare la stretta repressiva contro i movimenti e quanti nel nostro paese si propongono come organizzatori del conflitto!
Fuori e dentro l’aula passare da accusati ad accusatori! Fuori dall’aula bisogna costruire attorno a questo processo una grande battaglia di democrazia capace di sensibilizzare e mobilitare oltre la cerchia militante e quindi capace di isolare e indebolire i manovratori di questa persecuzione! Dentro l’aula bisogna usare il processo per processare i mandanti dei nostri persecutori, sbirri e magistrati in cerca di “punti carriera” sulla nostra pelle! Le mobilitazioni di ottobre dimostrano e i tanti e tanti episodi di resistenza diffusi da un capo all’altro del paese dimostrano che dalla nostra parte, dalla parte di chi come noi si batte per l’agibilità e la legittimità della resistenza popolare ci sono milioni di persone. Questi sono i “numeri” del conflitto nel nostro paese, è su tutti coloro che resistono alla crisi che vogliono far ricadere l’uso della “devastazione e saccheggio” come sedativo delle lotte sociali, a tutto questo insieme di persone dobbiamo guardare come alleati nella battaglia che stiamo conducendo! Tanto più riusciremo a organizzare e mobilitare la più ampia solidarietà popolare, tanto più avremo indebolito i manovratori di questo disegno repressivo! Questo è il nostro compito! Chi si ostina a confidare nel lato umano e nell’indulgenza dei nostri persecutori o è un ingenuo o non sa imparare dalle esperienze (guardare alle condanne in primo grado contro me e gli altri compagni teramani e prima ancora alle condanne per il G8 di Genova). Cade in errore chi si accontenta della solidarietà che c’è e non pensa a come estenderla! Questa lettera è il mio contributo alla giornata di lotta di oggi e al dibattito interno al movimento di solidarietà con gli
imputati per i fatti del 15 ottobre.
Purtroppo alcuni problemi di salute mi impediscono di essere fisicamente presente in aula quest’oggi. Un abbraccio a tutte/i voi! * militante comunista agli arresti domiciliari per la partecipazione alla giornata di lotta del 15/10/2011
Fonte: contropiano.org
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