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Roma verso il #19O: occupato uno spazio alla Sapienza

Ogni giorno ci ripetono che non ci sono più spazi per gli studenti all’università, per mancanza di fondi  ci chiudono aule e biblioteche, spariscono corsi di laurea per il blocco del turn over dei docenti, costruiscono tendostrutture al centro del pratone per ospitare le lezioni sottraendo spazi ad aggregazione e socialità, mentre dentro le mura della città universitaria un teatro e i suoi spazi rimangono chiusi ed in eterna ristrutturazione.

Chi è mai entrato nel teatro? Chi lo conosce? Pochi o forse nessuno potrà rispondere  perché il teatro è chiuso ormai da 10 anni e da due è un cantiere aperto ed infinito. L’azienda vincitrice dell’appalto , senza le risorse necessarie per continuare, non ha nessun interesse a concludere i lavori che ogni mese si fermano lasciando quel che rimane del teatro alle intemperie e al degrado. Cosi, il teatro dell’ateneo più grande d’Europa e potenzialmente fruibile da tutti, rimane chiuso mentre negli spazi circostanti sta nascendo una nuova foresteria per il  progetto della scuola superiore di studi avanzati, quella per pochi meritevoli.

Questa è l’università post-Gelmini: non ci sono soldi per i corsi di laurea, i laboratori, le borse di studio e  gli alloggi universitari ma si moltiplicano gli investimenti per la scuola d’eccellenza, Il fiore all’occhiello di Sir Frati, per rimarcare (se ancora non fosse chiaro!) che  solo ai migliori,16 all’anno, è garantito il diritto allo studio, gli altri si dovranno arrangiare tra aiuti familiari e lavoretti al nero.

Oggi 14 ottobre abbiamo deciso di aprire questi spazi e  occupare l’ex lucernaio nel dipartimento di arte e spettacolo.  Abbiamo deciso di liberare uno spazio tra le macerie dell’università riformata per  sperimentare insieme un sapere critico alternativo a ciò che ci viene offerto quotidianamente.  In questa università della crisi figlia del bologna process laurearsi sembra piu una raccolta punti (CFU) del supermercato che un percorso formativo di crescita e approfondimento. I corsi di laurea, nel loro crescente impoverimento,  sono ormai diventati  un esamificio in cui non c’è spazio per riflettere e mettere in critica il sapere ma solo per interiorizzare passivamente nozioni accademiche. Non solo, la gestione dell’università  è ormai in mano ai privati che dentro al cda agiscono indisturbati sui finanziamenti alla ricerca, appalti e stand pubblicitari. In questa situazione abbiamo la consapevolezza che c’è poco da salvare ma molto da ricostruire partendo da noi, dai nostri bisogni. Occupare un aula vuol dire portare avanti una critica ed un attacco diretto alla governace universitaria,  ribaltare il paradigma della mercificazione dei saperi  per creare uno spazio libero dal profitto,  uno spazio di socialità e aggregazione in cui condividere sapere e criticità, testi e appunti, uno spazio in cui organizzarci.

Uno spazio clandestino in cui far vivere saperi  realmente utili, condividere esperienze  invertendo la direzione che le istituzioni, universitarie e non, stanno dando all’interno del sistema formativo. Uno  spazio clandestino perché solo fuori dagli schemi precostituiti ma dentro le mura universitarie possiamo  immaginare e praticare un’alternativa reale e conflittuale che ci possa consentire di essere i veri protagonisti dei nostri spazi e del nostro tempo.

VERSO L’ASSEDIO  DELLA SAPIENZA DEL 15 OTTOBRE E IL CORTEO NAZIONALE DEL 19

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