L’Irlanda verso referendum sull’austerity
Irlanda, l’austerity nell’urna
Di Orsola Casagrande
Domani i cittadini della Repubblica d’Irlanda sono chiamati a esprimersi sul Fiscal Pact (Patto di bilancio europeo). Il governo irlandese ha infatti deciso di sottoporre a referendum la firma del trattato che fissa norme e limiti ai budget fiscali. A favore del sì alla firma sono schierati i partiti di governo, il Fine Gael del premier Enda Kenny e il Labour del vice premier Eamon Gilmore. Contrari il Sinn Fein di Gerry Adams (che oggi in Irlanda è il secondo partito con il 21 percento dei consensi) e i socialisti. Parlando al congresso del suo partito domenica Gerry Adams ha detto che dire sì a questo trattato significa «scrivere nella Costituzione la parola austerità». Una cosa per il Sinn Fein inaccettabile: «La politica di austerità che vorrebbero imporci – ha detto Adams – è una politica di fallimento, una politica già fallita». I sondaggi danno il Sì alla firma sul Fiscal Pact come favorito, ma il No incalza e sono in molti a pensare che delegare a Bruxelles i conti statali equivalga a lasciare in mano di burocrati zelanti i cordoni della borsa. Gli irlandesi del resto hanno approvato il Trattato di Lisbona, nel 2009, a denti strettissimi ma la politica di austerità targata Germania non piace proprio all’isola verde.
Il patto obbliga i paesi contraenti all’equilibrio di bilancio. Ma ciò è possibile solo se la differenza tra risparmi e investimenti è uguale alla differenza tra esportazioni ed importazioni. È formalmente impossibile che tutti i paesi europei possano realizzare quest’obiettivo. Imporne l’impossibile raggiungimento significa condannare la Francia e il resto dell’Europa meridionale all’implosione economica che si trasformerà in depressione europea e in un’ulteriore crisi mondiale.
Il Sinn Fein in questi ultimi anni è cresciuto moltissimo nella Repubblica, di fatto l’unica vera alternativa a sinistra. Un sondaggio pubblicato dall’Irish Times rivela che il partito repubblicano ha guadagnato 3 punti percentuali rispetto all’attuale 21% dei consensi. Il Labour non raggiunge il 10% mentre il Fine Gael è al 32% ma in calo.
Tra i dati interessanti quello relativo alla composizione degli elettori del Sinn Fein. Se fino a qualche anno fa erano soprattutto i giovani e la working class a essere attratti dal partito di Adams, oggi anche gli elettori più anziani e la middle class votano Sinn Fein. Infatti il consenso tra gli over 55 è salito al 22% e quello tra la middle class al 16%. Ma il dato forse più significativo è quello che riguarda proprio il presidente del Sinn Fein. Gerry Adams ha lasciato l’anno scorso il suo seggio a Westminster (come deputato di Belfast), per candidarsi nel collegio di Louth, nella Repubblica. Adams è stato eletto a furor di popolo e oggi è il leader più apprezzato tra tutti i politici irlandesi con oltre il 37% dei consensi. Nel suo appassionato intervento al congresso Adams ha detto che «votare No è positivo. Questo trattato è antidemocratico non rinunciate al vostro potere, non rinunciate ai vostri diritti democratici. E soprattutto non scrivete la parola austerità nella Costituzione».
Da: Il Manifesto
Per non diventare una periferia di un superstato di tecnocrati
Di Gerry Adams
Dove sta andando l’Europa ? Nelle scorse settimane ci sono state elezioni in diversi stati europei. Gli elettori in Gran Bretagna, Italia, Grecia, Germania e Francia sono stati tutti chiamati alle urne. L’attenzione dei media si è concentrata soprattutto sui risultati in Francia e l’elezione di un presidente socialista, François Hollande, e sulla Grecia, dove i partiti di governo hanno visto il loro consenso crollare drasticamente.
Per molti versi le elezioni in Francia e in Grecia sono stati un referendum sulla politica di austerità che il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno sostenuto e imposto con successo all’Unione europea negli ultimi due anni: l’austerità ha perso! La sconfitta di Sarkozy e di altri partiti e governi conservatori è la prova che la marea sta cambiando in molti paesi europei. Da quando la crisi economica ha afferrato alla gola l’Europa, i governi conservatori che che dominano l’Ue hanno perseguito politiche di austerità. Nel mese di marzo si è approvata l’introduzione di un Trattato di Austerità (Fiscal Compact). Il risultato di questa adesione ideologica all’austerità è stato l’acuirsi della crisi economica e bancaria in Europa. I debiti statali sono aumentati, i servizi pubblici sono stati brutalmente ridotti, la disoccupazione è aumentata vertiginosamente così come la povertà.
Nel sud dell’Irlanda tutto questo è stato forse più evidente che altrove. Dal 2008 ci sono stati cinque bilanci di austerità e tagli pari a oltre 24 miliardi e mezzo di euro. Le previsioni governative di crescita per l’economia sono state di volta in volta ridimensionate. In quello stesso periodo lo stato irlandese ha visto il suo deficit dell’erario pubblico – che l’austerità avrebbe dovuto tagliare – raddoppiare da 12,7 miliardi nel 2008 a 24,9 miliardi di euro nel 2011.
Allo stesso tempo le conseguenze sociali e umane delle politiche di austerità perseguite dal governo sono state gravi. Quasi il 15%, o mezzo milioni di cittadini, sono senza lavoro, l’emigrazione è ancora diffusa; tagli enormi sono stati inflitti alla sanità e all’istruzione e ad altri servizi pubblici; nuove tasse hanno contribuito ad aumentare il disagio delle famiglie.
I cittadini comuni sanno meglio dei governi d’Europa e degli spin doctors dell’austerità che non esistono scorciatoie per uscire dalla recessione. Imporre pesanti tagli ai servizi pubblici, riducendo i salari e il welfare e imporre nuove tasse sulle famiglie a reddito basso e medio durante la recessione non fa che peggiorare la recessione stessa.
È abbastanza evidente che l’austerità non funziona. I risultati delle elezioni in tutta Europa sono la prova che tra i cittadini c’è una nuova consapevolezza: i cittadini oggi sfidano e combattono le politiche di austerità. I cittadini stanno espellendo, con il loro voto, quei politici e partiti che perseguono l’austerità.
Il 31 maggio i cittadini irlandesi avranno la loro possibilità di votare in un referendum. La scelta davanti a loro è quella di sostenere l’austerità, inserendola nella Costituzione, o di votare No e quindi unirsi al crescente movimento che in Europa sta chiedendo la fine dell’austerità e nuovi investimenti in crescita e occupazione.
Con la marea popolare in Europa che chiede posti di lavoro e cercando di non essere espulso dalla crescente opposizione all’austerità, Fine Gael, Labour e Fianna Fáil hanno riscoperto l’importanza di una strategia per il lavoro e per la crescita. Monsieur Hollande è ora la moda del mese per tutti e tre i partiti che inciampano uno sull’altro per essere i primi a dichiarare il loro sostegno per la sua posizione. Alcuni addirittura sostengono che stavano dicendo tutto questo prima di lui!
I cittadini non si lasceranno ingannare da tutta questa retorica. La verità è che, prima di una successione di vertici Ue, il Sinn Féin ha esortato il governo a garantire che la crescita e l’occupazione fossero al centro di ogni successivo accordo. Ma il governo ha respinto questo approccio. Al contrario ha scelto di sottoscrivere un trattato come il Fiscal Compact che bloccherà questo stato nelle politiche di austerità per gli anni a venire e vedrà il governo lasciare una buona parte di sovranità fiscale in mano ai burocrati in Europa.
Secondo l’accordo della Troika il governo e il Fianna Fáil hanno concordato un piano di salvataggio che impegna il governo a 8,6 miliardi di euro di tagli ulteriori nei prossimi tre anni. In base al Trattato di Austerità il lavoro di ridurre il disavanzo strutturale allo 0,5% comporterà ulteriori tagli di 6 miliardi di euro. Inoltre, lo stato ha accettato di dare fino a 11 miliardi di euro al Meccanismo Europeo di Stabilità.
Da dove pensa il governo di tirare fuori questi soldi? Finora non l’ha detto. Di pari importanza è la direzione politica che il Trattato di Austerità sta prendendo. Il direttore della Banca centrale europea, Mario Draghi, l’ha precisato a Barcellona. Draghi ha illustrato la sua visione per l’Europa dei prossimi dieci anni. Ha detto: «Vogliamo avere una unione fiscale. Dobbiamo accettare la delega della sovranità fiscale dai governi nazionali a qualche forma di autorità centrale».
Ciò significa che il governo irlandese ha scelto di percorrere un cammino che porterà l’Europa a decidere quale sarà il nostro regime fiscale, quanto i cittadini pagheranno di tasse e quanto verrà pagato, in termini di welfare, ha chi ha bisogno.
I cittadini irlandesi vogliono davvero essere una provincia di un super stato europeo dove dei tecnocrati – gli stessi che hanno preso una serie di decisioni sbagliate per l’Europa negli ultimi anni – potranno decidere per i cittadini irlandesi senza dover rispondere di quelle decisioni? Dunque, dove stiamo andando? L’austerità è in ritirata, ma i governi conservatori in tutta Europa, e Enda Kenny, Eamon Gilmore e Micheál Martin, rimangono ideologicamente fedeli all’austerità. Il referendum il 31 maggio è un opportunità per i cittadini irlandesi di dire basta e non più austerità. Votare No significa votare per il lavoro e gli investimenti.
Da: Il Manifesto
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