Logistica e lotte; mafia, capitale e finti controlli
Nonostante il clima recessivo generale del paese, il mercato della “Logistica conto terzi in Italia” ha registrato un’esponenziale affermazione del proprio fatturato, il quale dal 2009 ha registrato un trend più che positivo,turbato solo da una breve battuta d’arresto nel 2012. Le stime del fatturato della “Contract Logistic italiana” per il 2015 si aggirano intorno agli 81mld, contro i 71,2mld del 2009.
Un mercato che si è affermato ben oltre la crescita del PIL, e che dal 2009 accoglie sempre più grandi aziende disponibili a terziarizzare le proprie attività logistiche. Si terziarizza per ridurre i costi ed essere più competitivi: in Italia questo vantaggio si è pienamente realizzato nonostante la bassa incidenza della tecnologia impiegata nel processo logistico, quasi del tutto assente nei grandi magazzini dove la movimentazione delle merci si realizza.
Nei principali hub del territorio nazionale, infatti, ciò che ha principalmente garantito gli esorbitanti guadagni dei principali attori del sistema logistico è stato l’irrisorio costo del lavoro della manodopera, assoggettata a condizioni di lavoro semi-schiavistico sia in termini di organizzazione del lavoro che in termini di inquadramento contrattuale e salariale. Un sistema congegnato e realizzato grazie alla collaborazione di numerosi partner, tutti pienamente coinvolti nella “tratta schiavistica della logistica” e che sarebbe ridicolo ridurre al ruolo agito dalle cosidette “cooperative spurie”.
Grazie agli enormi margini di profitto e ricchezza che questo giovane settore era in grado di promettere, sono state avallate leggi sull’immigrazione che hanno garantito un esercito di manodopera altamente disponibile e ricattabile su cui poter esercitare il pieno comando di fabbrica. Una manodopera apparentemente stabilizzata da contratti a tempo indeterminato forniti da cooperative che dopo qualche anno falliscono per non pagare tasse, contributi e quote sociali mettendo così a nudo la reale precarietà intrinseca al rapporto di lavoro nel mondo cooperativo attuale.
La logica dell’esternalizzazione e terziarizzazione, favorita da tutte le politiche economiche degli ultimi anni, ha creato una “filiera” di appalti che spesso conta non meno di 2 o 3 attori prima di giungere al reale datore di lavoro del facchino. Una matrioska che ad ogni passaggio riduce il già misero prezzo pagato dalla committente ab origine e che finisce col presentarsi alla cooperativa di facchinaggio con un prezzo così basso che l’accettarlo significherà per forza di cose non riuscire nemmeno ad applicare il già misero CCNL e parallelamente avere altri interessi, come magari quello di utilizzare l’appalto per il riciclaggio di denaro proveniente da altri traffici.
E’ stata favorita una contrattazione nazionale da parte dei sindacati confederali (cruciale il ruolo della CGIL) tra le peggiori esistenti, con i livelli salariali più bassi e con le tutele normative più scarse.Basti a titolo di esempio riferirsi al sistema deresponsabilizzante che regola il rapporto di lavoro tra il committente, la cooperativa e il facchino quando in caso di cambio d’appalto o fallimento della cooperativa non rimane in capo al facchino alcun diritto al mantenimento del posto di lavoro. Emblematica è inoltre la trattazione delle malattie e degli infortuni in un settore come quello del facchinaggio in cui l’ernia al disco potrebbe agevolmente definirsi malattia professionale e dove in generale a causa del lavoro fortemente usurante, il padronato è corso ai ripari riducendo la copertura totale dell’infortunio e delle stesse malattie che non vengono retribuite per i primi tre giorni secondo il ccnl di tutta la logistica non solo di quella spuria.
La convenienza dell’outsourcing del processo logistico è stata così alta che in Emilia-Romagna gli stessi tradizionali Consorzi Cooperativi protagonisti nei diversi mercati dell’agroalimentare, costruzioni, pulizie etc. come Granarolo, Camst, ManutenCoop, Coopservice, CoopCostruzioni e via così, hanno terziarizzato il proprio lavoro logistico proprio a queste “cooperative spurie” figlie di secondo letto ma pur sempre figlie.
Risultano perciò quanto meno ridicoli i diversi proclami provenienti dalla stessa Legacoop che in fretta si precipita a comporre l’ennesimo codice etico che tenga a distanza le infiltrazioni mafiose che essa stessa ha garantito nei suoi diversi appalti. Le foto circolate in questi giorni che alla stessa tavola ritraggono esponenti autorevoli di entrambi gli schieramenti, capimafia ,noti esponenti neofascisti e il ministro Poletti (storico rappresentante del mondo cooperativo e attuale Ministro del Lavoro), non fanno altro che testimoniarci l’ennesima commistione tra Mafia, Capitale e Politica (dove il secondo attore della triade va inteso nel senso dell’economia politica e non solo della geografia territoriale dei poteri forti).
Per capire cosa le lotte della logistica sono state in grado di muovere bisogna ben aver presente il funzionamento di un simile sistema. La ribellione dei facchini, quei pochi sindacati di base che realmente le hanno organizzate e i movimenti antagonisti che le hanno sostenute sono stati capaci di minare questo sistema di potere e i suoi lauti guadagni. Le innumerevoli operazioni che solo recentemente le task force della legalità stanno mettendo in campo per stanare le più evidenti e macroscopiche truffe delle cooperative spurie non sono altro che necessarie operazioni che lo Stato deve operare per cercare di recuperare sul terreno apparente della legalità la sua commistione con tutto questo.
Per anni la Direzione territoriale del lavoro pur informata sui fatti si è disinteressata del problema: Digos, Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia di Stato sono comparsi ai cancelli dei magazzini solo in assetto antisommossa per reprimere i picchettanti e denunciarli. Il maxi-controllo operato qualche giorno fa all’Interporto di Bologna era un’operazione prevista, parte di quel piano annunciato dal “tavolo della legalità della logistica” che continua a riunirsi a Governi alterni senza sortire alcun effetto, visto che gli obiettivi principali vengono raggiunti alle “tavolate”..
A promuovere questi virtuosi incontri sono guarda caso gli stessi protagonisti del sistema di sfruttamento della logistica, scagliatisi ovviamente contro le lotte dei facchini; dalle associazioni padronali e cooperative al Ministero dell’Interno a quello del Lavoro, dai sindacati confederali alle Questure locali che insieme agli enti vari vengono coordinati nei territori dalle Prefetture. Si legge che “L’obiettivo del tavolo e’ quello di individuare strumenti di contrasto ai fenomeni di illegalità…finalizzato a consentire le libertà d’impresa e del lavoro emarginando forme inaccettabili di blocco degli impianti e dei servizi attuato anche con la violenza fisica”.
Dunque l’ennesima operazione preordinata da chi fino ad oggi ha creato e guadagnato su un tale sistema di sfruttamento e che ora prova a sbarazzarsi delle lotte che sole sono state in grado di ridare ai facchini dignità e giustizia. Ovviamente il controllo annunciato da mesi troverà impreparate solo le “coop spurie” più distratte, visto che nel frattempo la maggior parte di queste, intuendo (da almeno un anno) come il vento cambiava hanno perlopiù abbandonato le vesti cooperative per indossare i nuovi panni friendly delle agenzie interinali perfettamente in linea con il JobsAct del Governo Renzi…affinchè lo sfruttamento sia ripristinato e garantito…
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