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L’unica certezza è il NO al Tav!

“Sulla Tav ancora troppe incognite: servono certezze”, così titola stamane Il Sole 24 Ore, quotidiano della Confindustria. Preoccupazione strategica che è stata il presidente dell’associazione padronale, Mariella Enoc, a fare presente per l’ennesima volta nell’annosa – per il partito trasversale del Tav – rincorsa alla grande opera…

Parole di allarme interessato ed agitazione con velleità tecnocratiche che vanno e debbono essere inserite dentro il segno preciso e fedele della realtà: guardare alle difficoltà della controparte per calibrare ed aggiornare all’odierno il contendere dello scontro, nella tranquillità e serenità (nostra) di poter dare loro spazio e visibilità, pubblicando anche quanto piagnucolano e progettano, nella fattualità della forza e potenza dell’unica certezza data da oltre un decennio di lotta popolare, il No Tav!

Tremenda indicazione (per loro) e divertente spia (per noi) è il teatro del tifo e della propaganda della quale l’intervista alla Enoc è egregia rappresentante: anche i padroni son costretti a confrontarsi sul terreno dell’ordine ed agibilità pubblica… non basta un Virano o un Chiamparino, tutti questurini per la realizzabilità (?!?) della grande opera!

 

«Sulla Tav ancora troppe incognite: servono certezze»

di Augusto Grandi per Il Sole 24 Ore

 

Torino – «Il tema era quello della ricerca e dell’innovazione, ma si è parlato anche di formazione, di rapporti con il mondo della finanza, di dialogo con il governo. E visto che la prima tappa delle Assise generali di Confindustria si è svolta a Torino, ho espresso le nostre forti preoccupazioni sulla realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione». Per Mariella Enoc, presidente di Confindustria Piemonte, la presenza di molti imprenditori in sala e la loro voglia di partecipare è la dimostrazione che il momento è particolarmente delicato e servono iniziative e decisioni. A partire dalla Tav.

Presidente, siamo arrivati al momento decisivo per la realizzazione dell’opera?

Siamo a poche settimane dall’apertura dei cantieri della Maddalena e continuiamo a ricevere rassicurazioni. Eppure ci sentiamo in affanno. Ora la Regione Piemonte dovrebbe approvare la legge 85 sui cantieri, e questo rappresenterebbe sicuramente un segnale positivo, non solo di attenzione ma anche di intervento concreto. Però i problemi non mancano.

Ci sono timori anche sull’ordine pubblico, visto che a Torino alcuni gruppi sembrano poter agire indisturbati?

Abbiamo parlato con il Prefetto e ci ha assicurato che tutte le nostre iniziative per fornire informazioni positive, a partire dalla Val Susa, saranno adeguatamente protette dalla Forza pubblica. Ma le preoccupazioni di ordine pubblico restano, il movimento No Tav sembra essersi rafforzato, rinsaldato. Ma noi intendiamo continuare ad informare correttamente, anche per smentire le menzogne fatte circolare negli ultimi giorni.

Come pensate di intervenire?

Insieme alla Regione Piemonte avvieremo una campagna di Pubblicità progresso, sulle emittenti nazionali, per spiegare la reale situazione e le prospettive. Ma non è facile: un giornale locale ha rifiutato una nostra inserzione pubblicitaria in cui spiegavamo la nostra posizione.

Il rafforzamento dei movimenti No Tav, sostenuti dai gruppi antagonisti torinesi, può spaventare il governo ed indurlo a ripensamenti?

Non vorremmo che la paura di eventuali violenze finisse per scoraggiare il governo che, in questa fase, non ci sembra particolarmente “caldo” sull’alta velocità. Ma noi non possiamo permetterci di rinunciare a quest’opera e neppure di continuare a farla slittare, perdendo 3 miliardi di euro di finanziamenti europei che andrebbero ad Est.

Proprio di rapporti e di sviluppo ad Est si parlerà oggi in un convegno a Firenze sulle potenze euroasiatiche, ma intanto i rapporti difficili tra Italia e Francia sulla questione libica e sugli immigrati clandestini dalla Tunisia possono complicare la soluzione della trattativa sulla Torino-Lione?

Mi auguro di no, mi auguro che questa sia un’altra partita. D’altronde la Francia ha già affrontato ingenti spese per realizzare, ad esempio, tutte le discenderie. Non si può lasciar perdere tutto. Rischieremmo di ritrovarci con la richiesta di notevoli risarcimenti.

In passato si è spesso parlato di difficoltà di rapporti con le Ferrovie per la realizzazione dell’opera. Ci sono ancora problemi?

No, in questo momento non li vedo proprio. Certo esistono logiche e interessi diversi, ma ritengo si possa trovare un accordo. A patto, però, che la volontà politica ci sia e si manifesti.

Al di là della Torino-Lione, l’appuntamento di Torino è servito a fare il punto sulla situazione della ricerca. A che punto siamo?

Indubbiamente le imprese italiane sono andate avanti su questo fronte, nonostante il governo si sia dimostrato un po’ sordo sul tema. Ma c’è ancora da fare anche a livello industriale. Le piccole imprese devono lavorare insieme e diventare medie. E bisogna lavorare molto sulle start up, sugli incubatori. Non devono essere solo il luogo della sperimentazione universitaria, ma devono trasformarsi in imprese nuove, innovative, che vadano a sostituire quelle che, inevitabilmente, scompaiono. Per questo è indispensabile rivolgersi anche ai giovani, che devono essere i protagonisti veri di queste nuove sfide. Torino e il Piemonte possono rappresentare un buon modello, perché qui le imprese hanno sempre investito molto.

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