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Padova. Prosegue l’occupazione delle operaie alla Nek di Monselice contro i licenziamenti

Da questo dicembre va avanti il conflitto tra le lavoratrici e la cooperativa. Prima uno sciopero contro il taglio di 80 euro in busta paga poi contro i licenziamenti indetti dopo questo sciopero. Il 9 dicembre viene indetto uno sciopero contro il decurtamento di 80 euro dalla busta paga, le lavoratrici bloccano gli ingressi allo stabilimento, nel quale nella notte erano stati distrutti diversi macchinari. M. Zese, proprietario della cooperativa fa partire immediatamente denunce per violenza ed il licenziamento di 24 lavoratrici.

Dalla denuncia ed il blocco per il continuo abbassamento del salario si passa all’occupazione dello stabilimento dopo l’annuncio dei licenziamenti. Da natale a Monselice lo stabilimento è bloccato. Le discussioni si accendono oltre che con la cooperativa anche col sindacato Filt-Cgil che chiede la fine dell’occupazione per evitare il fallimento della cooperativa nonostante la chiusura verso la riassunzione delle lavoratrici sia stata totale. A ciò si aggiunge un’ennesima ritorsione: le lavoratrici iscritte al sindacato adl Cobas non percepiscono lo stipendio da ottobre.

A metà gennaio arriva la notizia del licenziamento di tutti i lavoratori. Continuano le iniziative di protesta, l’occupazione ed il blocco della produzione. La cooperativa prova qualsiasi arma di intimidazione, sostenuta dall’immobilismo della Cgil ma le lavoratrici continuano a mantenere vivo il presidio e l’occupazione, in cui le scioperanti hanno passato tutte le festività, sostenute dalla solidarietà degli amici e di tutto il paese.

L’1 febbraio c’è il tentativo di sgombero dell’occupazione, ma la polizia non riesce nel suo intento. Una parte delle donne viene portata via di peso mentre un’altra parte riesce a salire su delle balle di rifiuti alte diversi metri e continua la resistenza. Il giorno dopo la polizia torna per provare nuovamente ad effettuare lo sgombero, la resistenza delle donne continua ma una viene portata via in ambulanza dopo un malore, ha avuto un aborto a causa dello stress subito.

Nonostante le violenze e le intimidazioni i picchetti e l’occupazione continuano. La scatola cinese fatta di aziende, cooperative, subappalti è nuovamente messa in crisi dalla resistenza di chi ha deciso di contrapporsi a continui abusi. Il sistema cooperativistico Emiliano-Veneto si sta scontrando da anni con conflitti ancora isolati ma potenzialmente ricomponibili: una forza lavoro in gran parte migrante, femminile, al centro anche dei processi di riproduzione sociale, posta sotto ricatto si nega e passa all’attacco contro le imposizioni padronali bloccando e danneggiare i profitti, ripercorrendo la catena di appalti e aziende.

A portare avanti questo conflitto contro il sistema cooperativistico sono sempre più donne, come nel caso della Yoox. A partire dal rifiuto di subire ulteriori soprusi si apre il ventaglio della possibilità, dell’affermazione di una forza e di una volontà di porre un punto contro all’avanzare dell’arroganza padronale. Un rifiuto che si da anche rispetto al sindacato confederale, esplicitamente braccio concertativo dell’azienda il cui unico scopo è quello di favorire l’inclusione differenziale dei lavoratori che accettano il disciplinamento di questo sistema di sfruttamento cooperativistico. Le uniche parole rivolte ai lavoratori sono per chiedere l’accettazione di riassunzioni parziali per evitare il fallimento dell’azienda. Ma a Monselice la lotta prosegue.

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