Piemonte: addio alle Case di Comunità
Che la riforma della sanità territoriale definita dal PNRR fosse a rischio di essere solo una operazione edilizia, lo sapevamo bene. E lo abbiamo più volte denunciato, parlando di rischio di “scatole vuote”.
di Chiara Rivetti da Anaao Piemonte
Una costosa, inutile e propagandata iniziativa edilizia, che avrebbe probabilmente buttato via soldi preziosi negli anni di maggiore crisi della sanità pubblica.
Ma meno critici di noi erano la Giunta e poi il Consiglio Regionale del Piemonte. Quest’ultimo il 22 Febbraio 2022 approvava con grande entusiasmo la Delibera sulla programmazione di 91 Case e 29 Ospedali di Comunità e di centrali operative territoriali. Le parole del Presidente Cirio furono: “la pandemia ci ha insegnato che sulla sanità non si taglia, si investe. Ed è quello che stiamo facendo con un piano senza precedenti che ci permetterà di creare l’ossatura di quella medicina territoriale che in Piemonte manca e di cui l’emergenza sanitaria ci ha mostrato tutte le criticità“.
Ora, il Ministro, per voce del suo Sottosegretario Gemmato, boccia le Case di Comunità. Non è chiaro quali limiti imporranno i vincoli in essere dei finanziamenti previsti dal PNRR. Ma certo, la strada della dismissione del progetto sembra segnata.
Chissà quali parole di rinnovato entusiasmo troveranno ora da Piazza Castello per un nuovo piano senza precedenti, che stravolge il precedente.
Liquidare in toto le Case di Comunità, che sono un progetto di collaborazione ospedale-territorio e un, seppur maldestro, tentativo di potenziare la prevenzione, la cura di prossimità e decongestionare gli ospedali, vuol dire gettare via il bambino e l’acqua sporca.
La riforma è da ottimizzare e cambiare nei numerosi punti deboli, non da bocciare.
Le Case di Comunità nei centri urbani possono essere un progetto tutt’altro che irrealizzabile: ci abbiamo creduto così tanto da scendere a protestare con i movimenti di cittadini e scrivere il progetto del Maria Adelaide, che chiedevamo fosse riaperto e riconvertito in Casa di Comunità.
Ora, se, come afferma il Sottosegretario Gemmato, bisognava partire dai professionisti, chiediamo al Presidente Cirio e all’Assessore Icardi quali iniziative si pensa dunque di mettere in campo, oltre ad incrementare i massimali dei medici di medicina generale e lasciar scappare gli ospedalieri, che si licenziano in numero crescente.
Se mancano i medici, mancano sia che si facciano le Case di Comunità sia che non si facciano: purtroppo si ridimensiona un progetto organizzativo non l’incidenza delle malattie.
Se davvero verrà ridotto il numero di Case di Comunità e di Ospedali di Comunità, sarà da capire quali rimarranno. Se, per esempio, in Piemonte verrà data la priorità a garantire quelle nelle aree a maggiore deprivazione sociale, che richiederebbero una assoluta precedenza per tutti gli interventi di salute.
Infine sarebbe interessante capire il destino dei finanziamenti previsti dal PNRR per Case di Comunità, che si risparmieranno non realizzandole.
E’ certo che la finanza pubblica debba affrontare con urgenza il problema delle bollette: ma non si può chiedere alla popolazione di sacrificare la salute per riscaldarsi.
Le opere, più o meno grandi, i cui progetti si possono stracciare per risparmiare, sono numerose ed altre. Gli ospedali e il territorio non possono essere definanziati con la scusa delle bollette: che i soldi si taglino altrove e quelli del PNRR per la sanità rimangano alla sanità.
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