Pisa. I lavoratori G.B. vincono: né licenziamenti né trasferimenti
A vertenza conclusa proviamo a ricostruire il lungo braccio di ferro ingaggiato contro la G.B. dai lavoratori in lotta addetti al servizio autonoleggi (lavaggio, vendita mezzi fine leasing, trasferimenti, stockaggio) presso il terminal car rental dell’aeroporto di Pisa.
2012: G.B. a Pisa nella fabbrica aeroporto
Ad inizio 2012 G.B. srl approda a Pisa, nella sua prima veste societaria di Automotive, con i primi appalti di servizi per le aziende di autonoleggio dell’aeroporto. Sin da subito G.B. richiede ai lavoratori uno sforzo che si traduce in condizioni di lavoro disagiate per quanto riguarda sia i ritmi sia le condizioni contrattuali (stipendi pagati in due tranche). Tutto ciò per permettere alla società di superare il periodo critico e, a dir loro, temporaneo. Nel tempo, non solo non sono migliorate le condizioni di lavoro, ma si sono aggravate gradualmente fino a diventare insopportabili nei mesi estivi. I lavoratori approntano le autovetture interamente a mano per via dell’autolavaggio non funzionante e sono esposti agli eventi climatici.
Le relazioni sindacali sin dalle prime battute appaiono deludenti in quanto non sembra possibile trovare soluzioni ai problemi e firmare accordi. Non si vuole risolvere il problema del pagamento rateizzato del salario, non vengono effettuate le formalità riguardanti la sorveglianza sanitaria (visita medica biennale mai effettuata), manca completamente documentazione riguardante la sicurezza (nessun documento di valutazione dei rischi in ottemperanza della legge della sicurezza sul lavoro d.lg. 81/2008) e si riscontrano violazioni contrattuali sulle assunzioni con l’utilizzo di contratti a chiamata o prestazioni occasionali.
Lo sciopero del 16 ottobre 2014, i licenziamenti e i blocchi
Da questo stato di cose nasce lo sciopero del 16 ottobre in cui i lavoratori denunciano pubblicamente la situazione. Nei giorni immediatamente successivi allo sciopero arrivano le prime ritorsioni. Alcuni lavoratori precari vengono allontanati e il rappresentante sindacale viene demansionato. A questo sono seguiti alcuni incontri sindacali nei quali la società si impegnava a ristabilire le condizioni precedenti allo sciopero. Non avverrà mai. Il 27 Ottobre la GB comunica la necessità di procedere ad una riduzione collettiva di personale tramite l’apertura di procedura di mobilità per 11 dipendenti su 18 a seguito del mancato rinnovo dell’appalto con Europcar, una delle tre committenti.
Seguono una serie di scioperi e mobilitazioni che portano al ritiro della procedura. Il 27 ottobre vengono montate nel piazzale del terminal autonoleggi le tende del presidio permanente dei lavoratori in lotta. Il 31 ottobre è giornata di presidio davanti a SAT, società dell’aeroporto pisano che gestisce il grande affare degli appalti. Il 5 novembre è giornata di blocco agli accessi del car rental dell’aeroporto. L’8 novembre riprende lo sciopero mentre il 14 novembre, lo sciopero sociale cittadino, invade il Galilei paralizzando le partenze con i lavoratori G.B. i quali, al termine della mattinata di mobilitazione occupano l’ex autolavaggio dismesso da SAT.
I licenziamenti del 1 dicembre
Nel tavolo di trattativa del 24 novembre l’azienda propone alle organizzazioni sindacali il passaggio di alcuni dipendenti ad una cooperativa sociale con la quale nel frattempo ha costituito un Raggruppamento Temporaneo d’Imprese. Il passaggio implica il cambio di contratto nazionale. Dal CCNL Autorimesse e Autonoleggio al CCNL Cooperative sociali con una riduzione salariale di circa 400 euro mensili. I lavoratori non accettano la proposta e questo porta all’apertura di una nuova procedura di mobilità in data 1 dicembre. Questa volta la procedura interessa la totalità dei dipendenti in quanto sancisce la volontà di chiusura dell’unità operativa di Pisa e la rinuncia ai contratti di fornitura ancora operativi.
Riprende lo stato di agitazione e le mobilitazioni – nuovi blocchi l’8 dicembre e la partecipazione allo sciopero generale del 12 dicembre – portano alla convocazione di un tavolo in Prefettura con l’obbiettivo di trovare una soluzione che salvaguardi i lavoratori tramite l’impegno delle società committenti a ricollocarli presso i futuri appaltanti. A questo tavolo, il 22 di dicembre, assistiamo ad un colpo di scena degno delle migliori sceneggiature. G.B. si dichiara disponibile a continuare la propria attività sul territorio nel caso in cui il nuovo fornitore di Europcar Ape Service acquisisca i lavoratori in esubero per un monte ore settimanali pari a 200.
27 Gennaio: il ritiro della mobilità con il ricatto dei trasferimenti
I lavoratori a questo punto intrattengono una contrattazione con la neo appaltante cooperativa che possa portare ad una definitiva risoluzione. Il 19 Gennaio non era stato ancora definito un accordo ma, in sede sindacale, le organizzazioni sindacali e la G.B. condividono bozza di verbale di accordo per la soluzione della criticità in essere con la messa in mobilità volontaria di dipendenti per 184 ore settimanali. Inoltre l’azienda si rendeva disponibile a elargire una buona uscita di 2000 euro netti. Le parti concordavano per un incontro risolutivo entro il 29 gennaio presso l’Ufficio Provinciale del Lavoro.
In data 27 Gennaio viene stipulato un accordo con Ape Service riguardante l’assunzione di 7 lavoratori che andrebbero ad “alleggerire” G.B. di un monte ore settimanale pari a 184. Un’ora dopo Gb convoca urgentemente le organizzazioni sindacali comunicando clamorosamente di sospendere le trattative volte ad un accordo sindacale per la messa in mobilità dei lavoratori. Inoltre dichiara di procedere immediatamente all’invio di lettere di trasferimento in altre sedi (Milano, Roma, Venezia) per i dipendenti ritenuti in esubero. Si tratta di un gesto arrogante che penalizza fortemente i lavoratori impedendo ancora una volta la risoluzione della vertenza. I trasferimenti sono da considerarsi come veri e propri licenziamenti in quanto nessuno dei lavoratori coinvolti è nelle condizioni di trasferirsi. Inoltre i nominativi individuati colpiscono, guarda caso, i lavoratori che maggiormente si sono esposti negli scioperi e nei momenti di mobilitazione.
Il tavolo prefettizio del 20 febbraio e la risoluzione della vertenza
In risposta alle prese in giro dell’amministratore delegato della G.B. i lavoratori non si scoraggiano e dimostrano ancora più ostinazione. La mattina del 31 gennaio riprendono i blocchi al car rental dell’aeroporto per richiedere l’immediato ritiro delle lettere di trasferimento. Quest’iniziativa porta ad un ulteriore tavolo in Prefettura che mette la G.B. con le spalle al muro. Un ultimo tavolo prefettizio, il 20 di febbraio, ratifica il ritiro dei trasferimenti e l’apertura della mobilità utile al passaggio ad Ape Service per i 7 lavoratori.
La risoluzione della vertenza con G.B. Srl lascia comunque aperti i nodi conflittuali sollevati con lo sciopero del 16 ottobre, in particolar modo la contrattualizzazione dei lavoratori precari con mansione di trasferista.
Il patrimonio della lotta: l’attacco a SAT
Quattro mesi di mobilitazione hanno messo in luce alcuni aspetti della macchina aeroporto attorno alla quale si realizzano grosse quote di profitto e dove gran parte del proletariato pisano trova impiego. Non a caso, l’emorragia di consiglieri di maggioranza che ha innescato la crisi di giunta per il PD pisano, nasce sullo scontro della questione dell’ampliamento dell’aeroporto fiorentino di Peretola a discapito di quello pisano. Il meccanismo degli appalti gestito da SAT ogni anno produce grossi volumi di capitale. Attorno a questo sistema si organizza lo sfruttamento della forza lavoro. Infatti, il costo altissimo degli appalti per i servizi esternalizzati, genera un’alta competitività imponendo alle aziende appaltatrici la compressione del regime salariale. Questa dinamica garantisce l’aumento dei profitti per i grossi investitori mentre le società appaltatrici si susseguono in un continuo ricambio che stritola diritti e garanzie della forza lavoro impiegata. La lotta della GB ha portato a una prima tematizzazione di parte di questa situazione, indicando responsabilità ma ancora mostrandosi incapace di incidere sulle alte gerarchie di questa catena.
Il patrimonio della lotta: l’organizzazione sul lavoro contro il lavoro
Il risparmio sul costo della forza lavoro passa anche per i modi di organizzazione della stessa. Alla G.B., ad esempio, il comando sul lavoro risultava scaricato verso il basso, il “padrone” non è mai stato presente fino al sorgere del conflitto diretto contro di lui. Il “lavoro di gruppo” assumeva su di sé l’organizzazione del processo produttivo e l’eventuale risoluzione di problemi di natura occasionale o strutturale, come la mancanza di strumenti di lavoro dovuta ad un progressivo disinvestimento al fine di risparmiare. Nei primi giorni di lotta alla domanda “cosa stimolava in voi l’organizzazione del lavoro?” un lavoratore rispose “la potenza. L’intelligenza nel risolvere problemi”. Questo tipo di organizzazione stimolava una preziosa ambivalenza: la cooperazione organizzata in funzione del processo produttivo è diventata cooperazione organizzata in funzione della lotta. Non più per il profitto della G.B. ma per la lotta e il miglioramento delle proprie condizioni. “Pensavano fossimo un gruppo di fresconi invece non si rendevano conto che eravamo una banda di delinquenti”.
L’organizzazione della lotta per questo si è data una fondamentale priorità: fare male all’azienda minandone i profitti, costruire i blocchi per aumentare il proprio rapporto di forza collettivo. Come nelle lotte della logistica lo strumento del blocco ha avuto la capacità di mettere in crisi la controparte aziendale, invertendo rapidamente i rapporti di forza. Tutto ciò richiama l’estrema fragilità di settori dove la valorizzazione delle merci passa per la rapidità della circolazione di queste. Sui blocchi si è costruita una forma della soggettività indisponibile a subire condizioni ulteriormente svantaggiose. In questo senso la lotta ha conseguito una prima vittoria in quanto esperienza collettiva. Gli interessati al passaggio ad Ape Service, e quelli rimasti in G.B., sono indisponibili a subire ritmi logoranti e hanno consapevolezza di disporre di nuovi diritti e garanzie perché hanno avuto dimostrazione che è collettivamente possibile difenderli e farli valere. Questa nuova forza si sviluppa nella cura di relazioni collettive e conflittuali aventi fini propri e antagonisti a quelli dell’azienda: “approntare dieci macchine in un’ora invece di quattro è interesse dell’azienda e non mio”. Tutto ciò mettendosi in gioco nelle assemblee, dormendo nelle tende del presidio, dai blocchi, dagli scioperi, prendendo parola al megafono, contraddicendo il padrone nei tavoli di trattativa. Questa dinamica è stata innescata dalla componente più precaria e la crescita soggettiva ha riguardato soprattutto i più giovani.
Il patrimonio della lotta: nuove connessioni e una prospettiva di parziale innovazione sul conflitto
La partecipazione ai momenti di blocco anche di tanti abitanti dei quartieri in lotta della città ha indicato importanti possibilità. Si sono intraviste connessioni basate non semplicemente sul solidarismo delle lotte ma sulla maturazione di una forza collettiva e di parte che si propone, in ottica ricompositiva, di risalire reti sociali contigue. Le lotte nei quartieri popolari della città aprono a uno spaccato di soggettività di classe frammentato in più contesti di sfruttamento, ma c’è un’omogeneità che si riproduce dal quartiere ai bar dell’aeroporto, alle pulizie dell’ospedale o dell’università, al facchinaggio a Ikea o a Bartolini. Non a caso le figure maggiormente combattive all’inizio della vertenza, in grado di spingere gli altri, avevano già sviluppato un proprio protagonismo conflittuale grazie ad altri contesti di mobilitazione proprio sul terreno delle lotte di quartiere. Si tratta inoltre delle figure più precarie e che ora rilanciano sul tema della contrattualizzazione del rapporto di lavoro. Questo genere di lotta presenta un duplice aspetto: da un lato innova l’organizzazione della macchina produttiva definendo nuove figure giuridiche e contrattuali sulle quali espandere nuove fette di mercato, dall’altro lato omogeneizza la forza lavoro ponendo le condizioni per ricomporre su istanze di conflitto comuni soggettività ora distanti e frammentate da molteplici forme di ricatto. Ma questo è affare delle lotte che verranno…
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Pisa verso lo sciopero del 14N, 12 novembre 2014
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