Pisa, resistenza agli sfratti, contro i profitti dei padroni
La vicenda è identica al dramma che ormai in troppi vivono sulla propria pelle: da una parte Alfonso e sua moglie, con una figlia piccola; entrambi hanno perso il lavoro, non potendo più pagare un affitto troppo alto per un monolocale nel quartiere di Cisanello, quartiere in cui oggi si concentrano la rendita privata e gli sfratti. Una famiglia che ha bussato ad ogni porta, si è recata dall’assistente sociale, ha provato ad accedere a bandi e fondi per evitare lo sfratto. Dall’altra parte un padrone famelico e vigliacco, proprietario di decine di appartamenti, che può permettersi di vivere di rendita, senza lavorare, senza soffrire, senza nemmeno immaginare cosa può voler dire vivere con la paura di perdere il tetto sulla testa.
Stamattina vi erano tutti i presupposti per un rapido rinvio dello sfratto: i servizi sociali avevano assicurato al padrone di casa un indennizzo economico ed entro il prossimo mese la famiglia avrebbe partecipato al bando regionale per coprire una buona parte della morosità arretrata.
Tuttavia l’avvocato della proprietà si è presentato stamattina con l’intenzione di far eseguire lo sfratto, e con un’enorme arroganza ha rifiutato qualsiasi dialogo e tentativo di mediazione, rispondendo alle proposte con insulti e disprezzo.
La disparità della situazione è stata evidente quando l’ufficiale giudiziario, anziché svolgere il suo ruolo di mediazione tra le parti, si è prestato ad assecondare tutti i capricci della proprietà, chiamando la forza pubblica, minacciando denunce e insultando le tante persone presenti in solidarietà alla famiglia sotto sfratto. Questa è una situazione tipica: più i proprietari sono ricchi e potenti, più gli ufficiali giudiziari si inchinano obbedienti, alla faccia di qualsiasi presunta equità della legge.
Ma se da una parte vi è la forza e la prepotenza di chi, grazie al denaro, piega la legalità ai suoi interessi, l’unico modo per avere giustizia è costruire una forza equivalente basata sulla solidarietà; è quello che hanno provato a fare le oltre cinquanta persone che stamattina hanno presidiato il portone di Alfonso, per impedire lo sfratto, armati solo dei loro corpi e della loro volontà. Carabinieri e polizia, giunti sul posto, non hanno potuto far altro che constatare l’impossibilità di eseguire e spingere perché venisse notificato il rinvio e riaperta la trattativa.
E così il presuntuoso avvocato ha dovuto ingoiare il rospo, accettare il rinvio ed allontanarsi fra i fischi e le urla di esultanza del picchetto anti-sfratto. Picchetto che, subito dopo, si è recato all’ufficio casa per rimettere sul piatto la necessità di misure strutturali contro gli sfratti.
Per domani è prevista una riunione della commissione territoriale sfratti, con Comune e Prefetto, in cui sarà discussa la possibilità della sospensione della forza pubblica agli sfratti. Senza questa sospensione, infatti, qualsiasi bando non è altro che un regalo ai proprietari che possono intascare soldi pubblici e contemporaneamente portare avanti la procedura per rientrare in possesso dell’immobile.
La commissione di domani sarà un appuntamento importante in cui non mancherà la presenza della famiglia di Alfonso e di tante altre famiglie nella stessa situazione. La sospensione degli sfratti è un’esigenza non più rimandabile, se questa richiesta non sarà esaudita le istituzioni si dovranno prendere le loro responsabilità.
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