Proteste a Manhattan
L’iniziativa è rimbalzata sul sito di 99 Pickets, “sedimento di occupy”, nato nell’autunno 2012. E’ una tra le tante che questa “organizzazione” (una via di mezzo tra un gruppo, un coordinamento ed una rete di solidarietà). Dà voce a svariate mobilitazioni sparse per tutta la metropoli: contro i licenziamenti (l’ultimo è quello di un leader chicano nei mercati di East Brooklyn), per vertenze sui posti di lavoro (sono tutt’ora attivi in quelle dei fast food workers, tra le altre), per l’organizzazione di manifestazioni (lunedì ci sarà la prima assemblea per preparare il 1 maggio).
Tra alcuni turisti incuriositi, passanti che prendono i volantini e mostrano sorrisi, altri indifferenti e alcuni sguardi platealmente ostili, un grosso camion passa strombazzando il clacson salutato con un applauso dagli attivisti. Una piccola banda riscalda l’ambiente, e si iniziano a levare alcuni slogan: “No contract no peace”, “Lies and tricks will not survive, workers standing side by side”. Dai due piccoli megafoni presenti si alternano interventi di sindacalisti consumati, di giovani insegnanti, e alcune brevi frasi da lavoratori che paiono essere alla loro prima esperienza di lotta. Si aggiungono anche altre persone che portano palloncini gonfiati ad elio, anch’essi a forma di maiale, con sopra adesivi con frasi che richiedono reddito, dignità, un equo contratto.
Dopo un po’, giunti a superare la cinquantina di persone, il gruppo si sposta. Il corteo sfila sui marciapiedi di Broadway scortato da poliziotti in motorino. Si alternano musica e altri slogan ritmati: “What do we want? Fair contract! Cause education is under attack”, “What do we want? Contract! When do we want? Now!”, “Work disgusting union busting!”. Ci si ferma dopo alcuni isolati, di fronte a The Scholastic Store, una catena di libri per bambini. L’edificio è immenso, e questa è una delle motivazioni più forti per la vertenza che anche qui è in corso: è stato infatti acquisito di recente, con un esborso di 25 milioni di dollari, mentre i suoi scholastic magazine workers (gli scrittori dei libri) sono fortemente sottopagati. Anche qui ad attendere i manifestanti staziona, attorno ad un banchetto con alcune persone, un gigantesco maiale analogo a quello precedente. Particolare questa forma di segnalazione permanente (le installazioni rimangono alcuni giorni) dei datori di lavoro “sfruttatori”. Ed interessante come figure lavorative differenti come i lavoratori di queste due situazioni trovino una forma di convergenza. Ma anche delegazioni di altri contesti, e dopo poco si uniscono anche alcune persone con cartelli firmati Uce of Fit (United Collage Employees of Fachion Institute of Technology).
Si alternano nuovamente musica, discorsi dai megafoni e altri cori: “Scholastic workers are under attack, than what do we do? Stand on, fight back!”. Si nota l’importanza che ha il canto. Gli slogan infatti sono per lo più cantati col sottofondo e al ritmo della musica, creando un coinvolgimento collettivo. Adesso il presidio è formato da circa un’ottantina di persone, e la composizione è assolutamente peculiare. Ci sono alcuni giovani con stile pink (che tuttavia sono vestiti con colori verdi) che suonano; giovani insegnanti; lavoratori con un ampio spettro di età, chi in giacca e cravatta chi vestito in maniera più trasandata; un gruppo di sindacalisti con felpe rosse che vengono da una sede di Brooklyn di un sindacato di cablevision workers: bianchi e neri, tutti con una corporatura veramente enorme; alcuni vecchi sindacalisti e alcune giovani attiviste; anziane signore (una con una pelliccia finta, altre con uno stile più artistico)…
Nell’alternarsi degli interventi che parlano di conquistare la dignità ed il rispetto, si coglie come questo bizzarro amalgama che unisce differenti organizzazioni ed esperienze di settori lavorativi variegati sia il vero punto di forza e di interesse di questa forma di lotta. L’iniziativa si conclude con un ripetuto “We’ll be back!”.
Le differenze dal contesto italiano sono chiaramente stratosferiche sotto tutti i punti di vista, sarebbe dunque probabilmente distorcente e mistificante proporre paragoni o esprimere valutazioni sulle singole organizzazioni in campo e sui metodi di lotta in poche righe. Inoltre molti dei soggetti coinvolti paiono essere politicamente alle prime armi, mentre alcuni dei sindacalisti paiono appoggiare la cosa in maniera “interessata”. Ad ogni modo la sensazione che si ricava partecipando a momenti come questi è che, più che essere alle forme residuali di un’esperienza come quella di Occupy, si stiano in realtà formando gli embrioni di un qualcosa a venire.
Link utili:
. I 99 Pickets: http://99pickets.org/
. I Cablevision workers: http://www.thecablevision99.org/
. La sede sindacale di Brooklyn: http://cwa1109.org/
. Un articolo uscito sulla vicenda: http://www.capitalnewyork.com/article/media/2014/02/8540556/kaplan-international-teachers-seek-first-contract
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