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Roma 1/2 nov incontro di Abitare nella crisi

La santificazione della precarietà come forma della vita è praticamente in corso di realizzazione. La distruzione del welfare, la cancellazione dell’edilizia popolare, la riforma del mercato del lavoro, la riduzione dei diritti a privilegi, il rafforzamento del controllo sociale e delle misure coercitive contro le diverse forme del conflitto, il restringimento degli spazi partecipativi nell’utilizzo del suolo e dei beni comuni sono tutte componenti di un presente drammaticamente negativo.

L’attenzione che il governo ha manifestato nell’uso dei linguaggi non va sottovalutata. E le misure che accompagnano i decreti che vengono convertiti in legge a colpi di fiducia parlamentare hanno l’evidente funzione di ricalibrare azioni ed assetto economico sapendo che provocherà disagi sociali seri. Per questo Matteo Renzi si rivolge sempre alla gente direttamente, senza delegare a nessun corpo intermedio la mediazione e rappresentandosi come il rottamatore di privilegi e lobby. Il ruolo del Pd si conforma dentro questa strategia e diventa partito della nazione, con echi storici inquietanti.

La nostra esperienza sociale si colloca dentro un quadro di questa natura, assumendo un ruolo di cui abbiamo spesso parlato, nella declinazione del diritto all’abitare nella crisi, che mai come oggi appare nella sua nitidezza. Il lavoro svolto nei territori in rete ha esattamente la funzione di anticorpo al virus renziano e nello stesso tempo abbozza forme di contropotere o nuova sovranità sociale come la si voglia chiamare. Non è una faccenda estetica, perché realmente il nostro agire genera conflitto, resistenze e turbativa del modello di sviluppo che ci vogliono imporre. Basta vedere i processi repressivi che stanno accumulandosi su di noi.

Dentro questa sperimentazione effervescente che ha fatto uscire la lotta per il diritto alla casa dall’angusto ambito in cui si trovava e attraverso le differenti pratiche di riappropriazione ha sollevato con forza la questione reddito contro rendita, gli strumenti di riorganizzazione economica sul lavoro e sulle infrastrutture che vanno prendendo forma raccontano meglio di ogni altro esempio la validità del conflitto che abbiamo determinato. Abbiamo chiesto autorevomente una sola grande opera: casa e reddito per tutti, le risposte si sono viste e le stiamo pagando pesantemente. Il paese solvibile va in un’altra direzione, opposta e contraria alla nostra. Non solo non siamo sulla stessa barca, ma ci stanno anche colpendo con i remi.

Nei territori e nelle periferie ci siamo e possiamo fare la differenza. Non dobbiamo farci derubare di parole come lo stop al consumo di suolo, rigenerazione urbana, uso del costruito, valorizzazione del patrimonio pubblico, diritti uguali per tutti, ma dobbiamo declinarle dentro le rotture che quotidianamente produciamo. Le generazioni che stanno sperimentando sulla propria pelle precarietà e cemento, grandi eventi e grandi opere, devastazione e saccheggio del proprio presente, stanno accumulando saperi e rabbia, indipendenza e coraggio, complicità e solidarietà a partire dalla forza rigeneratrice meticcia della lotta per il diritto all’abitare nelle occupazioni, negli spazi sociali, nella produzione culturale autonoma e libera, che afferma il diritto al reddito in forma diretta e indiretta con pratiche di riappropriazione diffuse, di autoriduzione e contrattazione sociale permanente.

Dopo la settimana di mobilitazione di ottobre e le iniziative diffuse di questi giorni, dove abbiamo sperimentato intrecci stimolanti sul piano del conflitto metropolitano, è emerso chiaramente quanto importanti sono le nostre esperienze contro il governo Renzi e i suoi provvedimenti, contro le scelte economiche dettate dalla Bce e dalla necessità di perpetuare un modello di sviluppo criminale e in crisi, alimentando anche una pericolosa retorica securitaria e razzista. Proviamo a capire insieme come proseguire incontrandoci a Roma a un anno dalla manifestazione del 19 ottobre e dalle giornate di conflitto che ne sono seguite. Giornate straordinarie come quella del 31 ottobre, quando abbiamo aperto lo scontro con il governo e il ministro Lupi sul cosidetto “Piano casa” in discussione alla conferenza stato-regioni ponendo con forza il tema dell’utilizzo delle risorse, tornando in piazza il 20 novembre in occasione del vertice italo-francese sul Tav. Questione quella dell’utilizzo delle risorse più che mai attuale, a pochi mesi da Expo 2015 e con provvedimenti come il Jobs Act, la legge di stabilità e lo Sblocca Italia, contro il quale è stata lanciata la mobilitazione a Bagnoli il prossimo 7 novembre.

Con questà consapevolezza sappiamo di dover affrontare i prossimi mesi e come al solito confidiamo nelle differenze disponibili al confronto. Approfondire le caratteristiche che il nostro lavoro territoriale deve assumere, in rete, per dare maggiore forza a ciò che già ognuno fa nelle proprie realtà può consentirci di organizzarci meglio e di difenderci con maggior forza quando siamo aggrediti. Il tema della libertà di movimento, della legittimità delle pratiche di lotta considerate illegali e colpite con misure coercitive pesanti, non può più essere disgiunto dai percorsi comuni o vissuto localmente.

Ci vediamo sabato 1 novembre alle ore 9 a viale delle Province 198 per avviare il confronto che proseguirà domenica 2 alle ore 10 al Porto Fluviale.

Sabato pomeriggio parteciperemo tutt@ alla manifestazione a sostegno della resistenza di Kobanê, che partirà alle ore 15.30 da piazza dell’Esquilino.

Movimenti per il diritto all’abitare

tratto da Abitare nella Crisi

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