Sciopero, il giorno dopo…
Del tutto tramontata l’ipotesi stravagante che i giovani dei centri sociali siano persone reali, che appartengono alle varie soggettività dell’opposizione sociale, che siano precari o lavoratori sfruttati e sottopagati, studenti o aspiranti tali. Soggettività che, a prescindere dalle sigle sindacali, a Palermo come nel resto del Paese, hanno fatto loro la giornata di sciopero generale, puntando alla trasformazione dello stesso in sciopero sociale contro la manovra, contro il governo e contro la crisi. Un’ipotesi quest’ultima per cui se un cordone ombelicale c’è, è il cordone che lega il mondo dell’antagonismo con i luoghi in cui l’antagonismo si genera, col mondo quindi del lavoro, con quello della scuola e dell’università e con le varie emergenze sociali che attraversano le metropoli.
Se questo è un campo d’indagine in cui comunque persiste il dibattito è ormai caduto ogni dubbio su quali siano i cordoni ombelicali che sostengono Cisl e Uil. Sindacati sempre più gialli e sempre più asserviti alle logiche di Confindustria e mercati, di governo e borsa. Un legame che spiega perché i lavoratori applaudano quando le bandiere delle due sigle confederali filogovernative vengono bruciate.
Esaurite le polemiche d’accademia ciò che è accaduto ieri è che il 6 settembre è stato il giorno in cui dire al mondo che siamo a un passo dal default, dalla bancarotta definitiva. A tutto ciò risponde un clima generale di disaffezione alle forme classiche di rappresentanza sindacale; crisi della rappresentanza che è resa palese dalla voglia di insubordinazione diffusa che fuoriesce dagli schemi riconosciuti della liturgia dello sciopero generale, che, pur mantenendo ancora la sua valenza simbolica, è ormai del tutto compatibile con la normalità del funzionamento della macchina produttiva. In Sicilia, dove il tasso di disoccupazione è il più alto del Paese e dove i lavoratori, i precari ed i disoccupati sono, di conseguenza, maggiormente ricattabili dal modello fabbrica Italia ora esteso, dal governo, all’intero mondo del lavoro, si subiranno, come è paventabile, da subito le vessazioni della manovra. Diventa urgente, allora, la necessità di percorrere nuove forme di mobilitazione più vive e incisive capaci realmente di paralizzare il sistema.
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