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Tassinari vs Uber: due mondi che si scontrano

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L’obiettivo principale dei tassisti è stato il Nazareno. I lavoratori hanno individuato il Pd come diretto responsabile della loro condizione. “Buffoni”, “Papponi”, “Ladri”, “Cosa ci interessa della scissione del Pd?”. Questi gli slogan principali. Dopo le cariche della polizia davanti la sede del Partito Democratico in pieno centro di Roma ci sono stati alcuni feriti. Le forze dell’ordine però hanno preferito non calcare la mano, non certo per una gestione di favore nei confronti dei tassinari, ma perchè la situazione era una bomba ad orologeria. In piazza, ieri, c’erano tra le 5.000 e le 10.000 persone incazzate, sparse per il centro e senza nessun preavviso.

Nel pomeriggio, dopo essere stata ricevuta la delegazione composta da lavoratori e sindacati, tutti i manifestanti si sono concentrati in Piazza di Porta Pia. Saranno stati all’incirca 4.000 persone. La dinamica dei cori era molto da stadio. Cori secchi, decisi e tutti con le mani in aria ad inneggiare contro le istituzioni. Sicuramente la tendenza politica di questa compagine non era e non è di sinistra. E’ di destra, notoriamente, ma la composizione era eterogeneea e variegata. Giovani ragazzi che da poco hanno comprato la licenza, padri e figli entrambi in piazza, anziani che continuano a lavorare nonostante l’età, poche ma presenti,  le donne tassinare con striscioni per maggiore sicurezza sul lavoro e lavoratori provenienti anche da Napoli e Milano. Contraddizioni a bizzeffe come si ritrovano ultimamente in molte delle manifestazioni di piazza. C’era chi chiedeva alla polizia di lottare insieme, c’era chi si accordava con il gestore di piazza, c’era chi inneggiava alla patria, c’era chi cantava l’inno d’Italia. Pratiche che assolutamente non ci appartengono, ma che confondono. Diverso infatti è il ruolo dei gruppi organizzati fascisti che si sono inseriti nella protesta, approfittando dei legami con parte della composizione di piazza. Hanno provato a rappresentare una protesta e a renderla propria. Questo però non basta per dire che la protesta era fascista o che tutti gli uomini e le donne in piazza appoggiavano i gruppi che si sono inseriti. Nelle strade di Roma c’era tanta rabbia antistituzionale, tanta rabbia contro le leggi che favoriscono imperterrite le multinazionali e la liberalizzazione dei servizi pubblici. Tanta gente che ha come riferimento la destra, ma che durante le ultime elezioni ha votato il Movimento 5 stelle.

I tassinari e gli ambulanti presenti in piazza appartengono a delle lobbies da sempre. Corporazioni chiuse, soprattuto le ultime, le prime poco di meno. Ossevando la piazza, ci accorgiamo anche che il mondo dei tassisti ha subito un ricambio generazionale importante. Questo non vuol dire che non ci sia continuità con il vecchio mondo, ma allo stesso tempo sono vari i bisogni e i desideri che si sono mossi all’interno delle piazze di ieri. C’era paura, tanta paura di essere fregati, di veder svendere il proprio lavoro e i propri sacrifici. C’era paura di impoverimento. Per quanto negativamente intesa, la lobby dei tassinari ha protetto fino ad ora una categoria dallo sciacallaggio della lobby straniera. Gli uomini e le donne in piazza provavano a difendersi dall’aggressione di un capitalismo senza territori che aggredisce a colpi di direttive europee, riforme lacrime e sangue, liberalizzazioni e privatizzazioni e che cerca di accaparrarsi ogni possibile anfratto. Nella giungla della metropoli e non solo, ci sono sempre stati dei sistemi “informali” per sopravvivere e contrastare le aggressioni dello Stato e del capitalismo, e questi non sempre si basavano e si basano sui rapporti di forza dati dalla lotta. Questi sistemi sono talmente dentro al tessuto della città che ne rappresentano l’essenza. Spesso sono diventati altro, malaffare, vere e proprie organizzazioni interne al sistema istituzionale. La legge del più furbo, del più ammanicato, del più esperto è sempre esistita. La compagine di destra all’interno del mondo dei tassinari come quella degli autisti dell’Atac si è inserita grazie allo scambio voti/licenze, voti/posti di lavoro guidata dal sindaco Alemanno. Non è certo una novità. Inoltre, sarebbe un errore escludere da questo ragionamento tutto quel mondo che vive e sopravvive gestendo le emergenze: dall’accoglienza per i migranti ai rifiuti. Un mondo che è emerso, nonostante noto ai più, nell’inchiesta della magistratura “Mafia Capitale”. Da destra a sinistra, per conservarsi si è disposti a tutto e la base che li muove non è un principio comunitario o di lotta universale: è la legge del più forte. Un modello all’interno del quale le multinazionali stanno strette, ma questo è il capitalismo all’italiana a cui si tenta di sostituire quello di Uber, della Apple, di Sturbucks e di Amazon. Ma attenzione, il modello Roma dei grandi eventi, degli appalti, delle concessioni è ormai un modello italiano al 100%, non pensiamo di certo sia un modello “meridionale” o della “Roma ladrona”. Expo ne è un esempio.

Nel momento in cui il meccanismo delle coorporazioni più o meno interne alle amministrazioni non funziona più i tassinari hanno deciso di scendere in piazza per non soccombere.  Non possiamo parlare esclusivamente di fascismo perchè i tassinari lottano per mantenere i propri “privilegi” corporativi, senza considerare il fatto che questa è l’essenza su cui sino ad ora si è basata la città di Roma. In particolare, non valutiamo in profondità chi c’è all’interno delle compagini che sono scese in piazza. In Atac, tra i tassinari, in Ama, nei sistemi di accoglienza dei migranti, nelle cooperative, in Roma Tpl abbiamo imparato che ci stanno i “capoccia” (fascisti o meno dipende, il sistema è trasversale) che gestiscono gli appalti, i rapporti con la politica, gli scambi elettorali, ma c’è anche una massa di gente che, prima e dopo la crisi, ha scelto di campare tramite questi canali, di accedervi tramite scambi clientelari organizzati. E martedì era in piazza. Ricordiamo benissimo un autista della Roma Tpl, palesemente orientato a destra, che ci disse durante uno sciopero, consapevole di come funziona il “sistema” di cui ha fatto parte integrante: “noi non dobbiamo andare in prefettura o al comune, non dobbiamo parlare con i politici. E’ sempre funzionato così. Non dobbiamo fare un ennesimo scambio con la politica per gli stipendi arretrati. Tutto a vantaggio dell’azienda, che non aspetta altro che i finanziamenti dallo Stato per se stessa. Dobbiamo costringere l’azienda a pagarci”. La Roma Tpl ha l’appalto del trasporto pubblico urbano notturno e periferico da circa 15 anni.  La protesta di martedì ci ha mostrato che questo meccanismo è saltato, anche se solo in maniera circoscritta a quella giornata.

Il pubblico si è quindi identificato per molto tempo con il mondo di mezzo, difenderlo è una chimera. Si può difendere il pubblico degli appalti, delle concessioni, lo stato delle mazzette? Il Movimento 5 stelle prova a risanare la macchina statale partendo esclusivamente però da un moto anticasta.  Il sindaco Raggi infatti, dal canto suo, in questo contensto ha giocato la sua carta migliore dimostrando a tutta la città che abbandona volentieri il mito della “legalità” quando vuole. Quando c’è da colpire duro il Pd va bene qualsiasi cosa, anche il blocco
dell’intero centro di Roma. Nascondersi dietro la carta della legalità quando gli conviene e quando no sbarazzarsene ci dà elementi in più per aspettare al varco un’amministrazione che vuole  governare “meglio” a parole, secondo quali principi non è chiaro, sono estemporanei e adattati mano mano e dall’alto senza nessuna consultazione vera con la base votante o con la cittadinanza in generale. L’elemento dell’opposizione al Partito Democratico è quello che rimane interessante, ma evidentemente non basta . Quando si tratta di scontrarsi con la vecchia compagine democratica si inserisce su un piano di riforma della macchina statale, quando si tratta di diritti o di uguaglianza, dalla casa ai traporti pubblici fino al risanamento dell’edilizia scolastica, il M5s fa orecchie da mercante.

Infine, la mobilitazione dei tassinari si è conclusa con una promessa del Ministero dei trasporti di un’apertura di un tavolo di discussione  con i sindacati, per l’emanazione di un decreto ministeriale che superi l’emendamento Lanzillotta. L’emendamento di fatto non verrà toccato. Il decreto sarà redatto entro un mese. Questo vuol dire che il tavolo ha  considerato solo le richieste dei tassinari. Gli ambulanti restano  fuori. Nonostante si siano uniti alla protesta, i tassinari non ne hanno  tenuto conto, sono tornati  ai loro posti. Dopo una settimana di sciopero il servizio è ripartiro. La partita rimane, dunque, aperta da  tutti i punti di vista.

 

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