Torino: terza giornata conclusiva di resistenza agli fratti
Questo tipo di approccio degli ufficiali giudiziari non è nuovo a Torino: nei mesi scorsi, una serie di resistenze allo sfratto ha ottenuto rinvii come quello di Alì. Questo tipo di gestione degli sfratti in città sembra sia diventata la norma. Se non si intende intervenire con la forza pubblica per effettuare lo sfratto, la questura preferisce, in concerto con il proprietario, evitare qualsiasi confronto pubblico fra l’ufficiale giudiziario e il picchetto resistente. Questo succede perché molto probabilmente oltre al periodo estivo, le istituzioni locali temono che la pratica di resistenza allo sfratto diventi strumento comune per ogni tipo di occasione di sfratto in città mettendo in seria difficoltà la controparte. La questura, quindi, evitando che l’ufficiale giudiziario si presenti, cerca di dare meno visibilità possibile alle giornate di resistenza e si augura che il fenomeno di opposizione agli sfratti non si continui a generalizzare fra le famiglie in difficoltà abitativa.
Con la giornata di oggi, dicevamo, chiudiamo con le resistenze agli sfratti in occasione dell’estate (in agosto, infatti, gli sfratti subiscono uno stop temporaneo in vista della chiusura degli uffici preposti) rimandando l’ulteriore impegno con le famiglie resistenti a settembre. Il dato che ci sembra debba essere valorizzato, oltre hai risultati ottenuti nelle tre giornate di resistenza, è la maggior partecipazione delle famiglie che si aggiungono a quelle che già praticano la resistenza agli sfratti. Questo non solo perché permette di allargare un fronte di contrapposizione reale con le controparti in gioco – proprietà e questura – ma anche e sopratutto perché permette di attivare attori sociali che fra migranti e italiani cominciano a formare un corpo unico di lotta per la casa, disarticolando i discorsi di becero populismo che Lega, Casapound e altri partiti reazionari come Fratelli d’Italia, invece, vorrebbero alimentare fra loro scatenando la cosiddetta guerra fra poveri.
Oggi le fasce impoverite dalla crisi iniziano pian piano a considerarsi una cosa sola e la lotta per la casa diventa strumento di aggregazione sociale e di forza reale per bisogni comuni. Continuare in questa direzione significa anche ostacolare le politiche xenofobe e razziste di una destra reazionaria e fascista.
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